Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?. La domanda che un giovane pose a Gesù e che il vangelo ora proclamato ha fatto di nuovo risuonare nella festa di San Ranieri fu proprio l’interrogativo che guidò il giovane Ranieri nella ricerca per dare senso alla sua vita e che lo portò alla decisione di lasciare tutto, amici, ricchezze, posizione sociale, patria per dedicarsi alla preghiera e alla penitenza in terra di Palestina alla sequela di Gesù. Una decisione radicale, piena, senza compromessi, che sull’onda della spiritualità medioevale, non lasciava spazi alternativi alla ricerca della più completa identificazione con Cristo, proprio nella terra che aveva visto Gesù come pellegrino di amore nell’annuncio del lieto messaggio della salvezza.Non si giunge mai a decisioni così forti e trasformanti se non attraverso un serio itinerario di fede in cui l’incontro con Gesù è diretto, profondo e totale, tanto da essere capace di trasformare l’esistenza, donandole nuova struttura interiore, vitalità inedita e un volto ed una immagine completamente nuovi. In una parola, si tratta di quella esperienza dell’amore vero che fa nuove tutte le cose e che dalla vita di chi fa questa esperienza si rifrange con luce e bellezza indicibili sull’esistenza di quanti hanno la grazia di poter incontrare questi straordinari amici di Dio.Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi . Nessuno può dare di sé e delle proprie cose se non a misura del proprio amore; nessuno può donare più di quanto ama; perché è l’amore la misura vera della capacità di donazione, così come è sempre l’amore la misura scossa e traboccante dell’esperienza piena della fede. Non si può credere se non si ama; e non si può amare in pienezza se non si crede che l’Amore ci è venuto incontro per primo; che l’Amore ci ha amati e che possiamo amare solo perché in noi è stato riversato il dono grande dell’Amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi, ci ha ripetuto l’apostolo Giovanni: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il Figlio suo come vittima di espiazione per i nostri peccati. Davvero, tutto è dono: dono d’amore che sgorga dal cuore stesso di Dio e che in Cristo ci è stato manifestato fino al segno supremo sul legno della croce e che è stato effuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ha posto su di noi il suo sigillo di carità. Dono da riconoscere; ma, soprattutto, dono da accogliere e da far fruttificare in opere di amore per Dio e per il prossimo; per Dio verso il prossimo e per il prossimo in nome e per amore di Dio.Infatti le opere di carità che siamo chiamati a compiere sono intimamente e indissolubilmente legate al mistero dell’amore che viene da Dio; il sostentamento al povero, l’attenzione allo sguardo dei bisognosi, l’accoglienza della supplica dell’indigente, per un discepolo di Cristo non sono mai solo espressione di umana filantropia, bensì segno di una attenzione fraterna che cerca di tradurre nella concretezza della vita di ogni giorno quella pienezza d’amore che viene dall’alto e che è stata riconosciuta e accolta come dono di Dio e che permette al Signore di dimorare in noi e a noi di dimorare in Lui nella quotidianità della vita di tutti i giorni.In effetti, l’itinerario della vita cristiana, che si snoda nei rapporti interpersonali e comunitari, nella cultura e nell’economia, nell’impegno sociale e politico, nella cura del bene comune, nel servizio ai fratelli, nella passione per la pace e per la crescita delle relazioni fra popoli, culture e religioni diverse; che si spende nella educazione dei giovani e per la loro formazione integrale è sempre guidato da un filo conduttore soprannaturale per il quale niente è estraneo alla grazia di Dio; nulla è impermeabile all’amore; bensì tutto è occasione di salvezza, tempo di grazia, ambito in cui Dio, grazie alla testimonianza di vita di chi crede in lui e all’annuncio della parola che salva, diventa garanzia indistruttibile di bene, di amore e di pace per tutti.Non fa quindi meraviglia che Ranieri, ritornato nella sua Pisa, diventasse, come lo fu, operatore di pace tra le fazioni che turbavano la vita della città, consigliere spirituale di quanti a lui si rivolgevano per avere indicazioni di vita, tessitore di rapporti fraterni sia nell’ambito ecclesiale che civile e politico: vero uomo delle beatitudini evangeliche e costruttore della civiltà dell’amore.Se tutto ciò fu Ranieri nella Pisa del medioevo, deve poterlo essere anche nella Pisa degli inizi del terzo millennio cristiano. E lo potrà essere a condizione che Pisa e Ranieri si incontrino di nuovo in quella alleanza di fede e di civiltà che ha fatto straordinariamente grande la nostra città, quando i nostri antichi, proprio all’epoca di San Ranieri, costruirono questo miracolo di arte e di fede che sono la nostra Cattedrale e i monumenti che la circondano e la coronano regalmente.Non è da ora che la cultura occidentale ha consumato un vero e proprio tradimento della propria identità; ha ritenuto che la fede cristiana fosse troppo ingombrante per la libertà dell’uomo e che il riferimento alle radici che l’hanno generata le togliesse respiro e vitalità; per cui tutto ciò che è riferimento cristiano si è cercato e si sta cercando di relegarlo solo all’ambito privato dell’individuo e da esprimersi tutt’al più, quasi per benevola concessione, all’interno delle mura domestiche o del luogo di culto. E se da una parte questa pretesa si è andata facendo sempre più pressante, cercando di limitare in nome della libertà di qualcuno la libertà dei credenti in Cristo, ostacolando la possibilità di esprimere pubblicamente i segni della fede cristiana, dall’altra parte, non di rado, anche nell’ambito ecclesiale, tale condizionamento è stato subito passivamente come se per essere cristiani ed esserlo in ogni espressione della vita personale e comunitaria si dovesse chiedere il permesso a qualcuno.Non meraviglia dunque se l’alleanza vitale tra fede e arte, tra fede e cultura, tra fede e vita del popolo che ha fatto grande e inarrivabile il nostro passato e che riempie ancora il presente di frutti meravigliosi come i monumenti sacri che compongono la nostra Piazza del Duomo, alla fine si è in qualche modo resa più fragile e per certi aspetti estremamente labile anche per quanto riguarda il rapporto tra Pisa e il suo Patrono.Tutto ciò ci interroga come Chiesa pisana: che cosa abbiamo fatto e stiamo facendo per far conoscere San Ranieri alle giovani generazioni? Quale incidenza ha la realtà vivente della santità di Ranieri nella vita della nostra Chiesa? Se un patrono è segno identificativo dell’unità di tutto un popolo, quale ruolo ha San Ranieri nella costruzione dell’unità della nostra diocesi e nella crescita del senso di appartenenza ecclesiale delle nostre comunità parrocchiali all’unica Chiesa particolare che è la Chiesa di Pisa?Ma possiamo continuare con queste domande anche sul versante della vita sociale e civile: San Ranieri è segno identificativo non solo della Chiesa che è in Pisa, ma della stessa città di Pisa: basti pensare alle Regate che oggi si correranno per il palio di San Ranieri e più ancora alla Luminaria che ogni anno, nella Vigilia della festa del Patrono, trasforma in maniera magica i nostri lungarni. Tutto ciò è ormai solo folklore o possiede ancora un legame con il nostro Patrono? E se questo legame esiste ancora, ed io credo che sia un legame incancellabile, come poterlo rendere più evidente?Fra due anni inizierà l’anno 850° dalla morte di San Ranieri: una data che non potrà certamente passare sotto silenzio e che già da ora, prima ancora della programmazione di eventi celebrativi, chiede una seria riflessione circa il senso e il significato di un Patrono nella vita della Chiesa e della società in genere, perché proprio da questa riflessione condivisa a tutti i livelli, possano scaturire itinerari rinnovati di annuncio evangelico e di crescita spirituale per tutti, in modo particolare per il laicato cattolico, non dimenticando che Ranieri è un santo laico.A questo proposito potranno esserci di guida le parole del Prefazio della celebrazione odierna, il quale proclama che in San Ranieri Dio ha suscitato un chiaro modello di vita perché il popolo cristiano, chiamato nel battesimo alla pienezza della carità, incoraggiato dal suo esempio e sostenuto dalla sua protezione, mantenga nella vita la santità che ha ricevuta. La meta è dunque la santità; l’impegno che ci anima e che deve sempre più animarci è vivere la santità come misura alta della vita cristiana di ogni giornoProprio per questo, se Ranieri è modello particolare di santità per ogni battezzato laico, non di meno è esempio e stimolo anche per noi presbiteri e vescovi. Ranieri insegna a tutti e a noi consacrati in maniera ancora più pressante, che Dio è tutto e che il suo primato su ogni persona e su ogni cosa è ricerca essenziale per la vita personale e per il ministero pastorale di chi ha risposto alla vocazione a seguire Gesù con il dono totale della propria vita. Dio non può essere che il primo e al di sopra di tutto: Ranieri ce lo ha insegnato e continua ad insegnarcelo. Un insegnamento e un richiamo che risuona concretamente e gioiosamente quest’oggi anche a motivo del ricordo degli anniversari giubilari delle ordinazioni sacerdotali di alcuni presbiteri della nostra diocesi: 60, 50, 25 anni che dicono il valore del primato di Dio, di Cristo e del suo Vangelo d’amore nella vita e nella missione di chi come Ranieri, non ebbe paura a pronunciare il proprio Eccomi al Signore Gesù che lo chiamava a seguirlo.In tutti questi anni di cammino fedele e generoso, soprattutto nei momenti più difficili e faticosi, sicuramente è risuonata per ciascuno la voce del Signore che invitava a fidarsi di Lui e a rinnovargli la sua disponibilità d’amore; chissà quante volte avete ripetuto il vostro sì, magari con il cuore sanguinante, mentre il Signore vi faceva percepire tutta la ricchezza del suo amore di predilezione. Quest’oggi tutta la nostra Chiesa pisana desidera dire il suo grazie a Dio per voi, per la vostra vita, per il vostro esserci, per il vostro servizio e per bocca mia desidera pure dire il proprio grazie a ciascuno di voi. Che il Signore vi ricompensi con la pienezza della sua grazia e delle sue consolazioni; vi renda sempre più generosi nel dono di voi stessi; vi renda ricchi di santità e d’amore per il bene della nostra Chiesa e di quanti sono affidati alle vostre cure pastorali.Per l’intercessione di San Ranieri il Signore ci confermi tutti nel suo santo servizio e in una sempre più generosa e gioiosa donazione d’amore a Lui e ai fratelli. E con la grazia del Signore, tutti insieme, vescovo, sacerdoti e laici potremo lavorare insieme con gioioso entusiasmo a rendere sempre più bello e amabile il volto splendido della nostra Chiesa pisana . Amen.