La campanella suona al rintocco dell’una nel seminario arcivescovile «Santa Caterina» di Pisa: i seminaristi sciamano verso la cappella per il momento di preghiera comune prima del pranzo. Matteo Orazini e Bryan Dal Canto, 19 anni, due new entry, attorniano il rettore, monsignor Roberto Filippini che reca un antico volume manoscritto, del XIV secolo, un’opera di Sant’Alberto Magno, prelevato dalla biblioteca. I ragazzi ci tengono a vederlo da vicino. Ed ecco tutti i quindici seminaristi, compresi gli altri due nuovi ingressi, Luca Giannessi e Francesco Pierazzini.Don Roberto Filippini non nasconde un pizzico di soddisfazione: «Abbiamo recuperato una parte del pensionato per fare le nuove camere, per accogliere al meglio i nuovi quattro che si affiancano agli altri undici seminaristi. Un dato confortante per la nostra Chiesa: i quindici provengono tutti dalle parrocchie della diocesi, dal barghigiano alla Valdera, a quelle cittadine. Come dire, la nostra terra torna ad essere feconda». Scuote la testa, il rettore, per scacciare il ricordo di quel «brutto anno in cui vi erano solo quattro seminaristi». Riprende Filippini: «Che la vocazione sia un evento di grazia, sostanzialmente misterioso, è certo. Però questa crescita si deve anche alla fervente preghiera di tanti che in questi anni hanno sentito l’urgenza del problema; si deve alla sensibilizzazione operata attraverso la pastorale vocazionale e quella giovanile; e sono frutti che nascono anche dall’apertura del seminario verso i giovani e i gruppi parrocchiali, con iniziative come il Mercoledì in Seminario, dove tutti hanno potuto condividere con noi vespri, celebrazione ed adorazione eucaristica»..Sorride di nuovo il Rettore quando gli torna in mente la «promessa», che aveva il sapore di una scommessa, di don Alessandro Doni, che tempo fa scelse la vita monastica. A Filippini che cercava di dissuaderlo, Doni disse: «Vedrai entreranno in seminario almeno due giovani l’anno». E così è stato.Se dovessimo spiegare ad un profano che cos’è il seminario? «È una struttura formativa: coloro che hanno sentito la chiamata del Signore, qui possono realizzare un discernimento approfondito sulla loro chiamata a servire la Chiesa, nell’ambito del ministero o per altri ruoli nella comunità cristiana. È luogo di preghiera e di crescita della vita interiore, abbinata allo studio per acquisire le conoscenze e le competenze teologiche e pastorali, necessarie per il servizio alla chiesa. Ed è anche vita di comunità, dove modellare carattere e temperamento personali (direi la persona nella sua interezza), in spirito di collaborazione e di servizio per giungere a definire una personalità equilibrata. Infine, è occasione per verificare attraverso il tirocinio pastorale i propri doni e carismi, per orientarsi nelle future scelte di vita».Il percorso dei seminaristi si snoda lungo sei anni, di cui il primo di taglio introduttivo. Formatori sono il rettore e il padre spirituale don Severino Dianich, e ricoprono un ruolo non indifferente i parroci nelle cui comunità i seminaristi svolgono attività ed esperienze pastorali.Negli anni passati, sottolinea il rettore, sembrava che il Seminario avesse fatto il suo tempo: «Dalla crisi invece è emerso che in realtà non se ne può fare a meno; ci siamo resi conto che è un’esperienza indispensabile di confronto per chiarire la volontà di Dio, attraverso la vita e il lavoro comunitari, che esaltano lo spirito di collaborazione, sempre più necessario nelle realtà attuali della chiesa locale, pensando per esempio alle unità pastorali dove la collaborazione, e non l’individualismo, è vera forza, insieme alla capacità di ascolto e di dialogo, tra i parroci stessi e verso i laici». Dianich lo ripete spesso ai seminaristi: il parroco non è un libero professionista. Ecco perché il seminario è fondamentale, non solo come percorso di studio, ma anche come formazione interpersonale, per imparare a rapportarsi con persone diverse, di differenti provenienza e cultura.Il seminario stesso è luogo di «esercizio»: una comunità variegata e complessa – ed è ciò che ne rappresenta anche la sua ricchezza – dove vivono, studiano ed operano giovani e adulti, dai 19 ai 40 anni, che portano esperienze di vita, percorsi culturali e retroterra spirituali diversi, dai movimenti alle parrocchie. Ne sono testimonianza proprio i nuovi quattro seminaristi, i giovanissimi Matteo e Bryan (che offrono in queste pagine un contributo sulle loro esperienze), e gli adulti Luca Giannessi e Francesco Pierazzini. Luca, di Pietrasanta, 40 anni, ex ufficiale di Navigazione della Marina Mercantile, è al secondo anno e, dice, «sto affrontando una nuova navigazione, dopo un cambio totale di rotta della mia vita»; Francesco, 33 anni, di Marina di Pisa, è laureato in Chimica e diplomato alla Scuola di Formazione Teologica. Racconta: «Dopo la laurea ho lavorato come libero professionista per un’azienda di Bologna; provengo dal cammino neocatecumenale, dove è maturata la mia vocazione, in particolare nell’ambito della parrocchia di San Jacopo e Filippo dove opero. Sono al primo anno di seminario ed è presto per parlare del futuro». Ma un’idea ce l’ha: proseguire nel cammino, e, nel contempo, impegnarsi in una comunità parrocchiale.