Pisa

IL NATALE DEI DETENUTI

di Caterina GuidiÈ la mattina del Natale quando, in una città ancora addormentata, bussiamo alla porte del carcere «don Bosco». Il grigio del cielo nuvoloso si confonde con il pallore delle mura. Il clack del portone automatico e il cigolìo dei cancelli; poi un frettoloso «buongiorno» con gli agenti, il disbrigo delle formalità di legge per entrare. Ma appena passata la zona degli uffici ed il cortile, veniamo colpiti da una musica che stride con un ambiente così spoglio: le prove dei canti per la Messa sono appena iniziate. I carcerati, come ormai tradizione da quindici anni, attendono l’arcivescovo per la celebrazione eucaristica. Oggi, lo si percepisce dai tanti volti incontrati, è un giorno speciale. Ce lo ricorda anche Luisa Prodi, volontaria dell’associazione «Controluce» e vicina ai detenuti da 22 anni: «la celebrazione del Natale è un momento particolare sotto vari aspetti; non è solo uno dei giorni in cui l’essere isolati dalla comunità è cosa più difficile da accettare, ma è anche l’unica occasione in cui tutte le sezioni sono riunite assieme». Sì, perché il carcere «don Bosco» ha una sezione penale, una femminile, un polo universitario, una sezione sanitaria, una parte dedicata al reintegro nella società e, infine, una sezione giudiziaria. «Un luogo in cui il detenuto attende il giudizio – continua Luisa Prodi – e la permanenza è particolarmente dura». E nella cappella del carcere, dove si riuniscono persone dalle storie e dalle provenienze più diverse, risuonano le parole dell’arcivescovo, parole semplici ma ricche di significato: «Talvolta sperimentiamo l’abbandono da parte degli uomini, ma Dio, Dio non ci abbandona mai! Viene a noi umilmente, piccolo, come un bambino. Non è un “rimedio” ai nostri mali: è la salvezza – continua monsignor Benotto. Siamo salvi se apriamo il nostro cuore a Qualcuno che è al di sopra di tutti, ma vicino e accanto a ciascuno di noi, e non vuole che nessuno si perda!». E questo conforto, il conforto di un Dio umile e bambino che si affianca al dolore di tutti, viene portato entro le mura della prigione tutto l’anno dai volontari, dalle associazioni, dalla Cappellania del carcere. «In molti operano al don Bosco – osserva suor Cecilia Falconieri, francescana del Verbo Incarnato. Si tratta di volontari ed operatori dotati di grande competenza. Il detenuto ha bisogno di assistenza sotto tanti punti di vista: dalle necessità più elementari al sostegno psicologico e umano. Per non parlare poi del reintegro nella società». Da qualche tempo a occuparsi di quest’ultimo aspetto sono gli assistenti sociali che operano nel progetto «Oltre il muro», promosso dal Comune di Pisa. La speranza di poter ricominciare una vita è tanto più forte nel giorno in cui la Chiesa festeggia la discesa di Dio sulla terra, umile fra gli umili: come ha ricordato il cappellano del carcere, don Roberto Filippini, alla fine della celebrazione, leggendo una preghiera natalizia: «la stella non si è ingannata, fermandosi sopra la casa di gente umile: è nato là il grande futuro».