Pisa

QUANTI POVERI!

di Andrea Bernardini

M ai come nel 2008 così tante persone hanno trovato buone orecchie  nei centri di ascolto della Caritas di Pisa e di Pontasserchio e negli operatori che prestano servizio un po’ in tutta la diocesi. Così, almeno, risulta dal rapporto Caritas sulle povertà, presentato giovedì all’auditorium «Toniolo» a Pisa.Lo scorso anno, infatti, sono stati ascoltati con almeno un colloquio approfondito 1460 persone. «Nel 2007 – osserva Azzurra Valeri che ha lavorato al rapporto  – la rete dei centri di ascolto ne aveva incontrati circa lo stesso numero, ma solo 949 persone avevano parlato a lungo con un operatore: a tutti gli altri avevamo solamente fornito buoni per servizi a bassa soglia (mense, pacchi spesa, docce)». Insomma: «il flusso degli ospiti è rimasto sui livelli molto alti del 2007, ma è cresciuta la capacità dei Centri di ascolto di offrire disponibilità all’ascolto».Persone smarrite» il titolo scelto per il report. Un binomio che richiama alla nostra mente «oggetti smarriti». Ovvero «quei beni che la gente perde perché è distratta o perché ha smesso di averne cura. Sono stati parte della nostra vita – commenta il direttore della Caritas don Emanuele Morelli – ma poi sono finiti nella stanza dei ricordi ed il tempo li ha avvolti con la nebbia dell’oblio. C’erano, magari ci sono ancora, ma adesso chi sa dove sono. Sembra un’impresa impossibile ritrovarli. Quando li pensiamo ascoltiamo in ciascuno di noi una sorta di rimpianto misto al rimorso. La sensazione che avremmo potuto averne una cura diversa. Ecco, nel nostro farci prossimi, come Caritas diocesana, alle persone fragili della nostra società abbiamo la certezza che anche loro, come quegli oggetti, siano state dimenticate, smarrite, perdute… Un’esperienza che per un po’ di tempo almeno ci ha fatto stare male, ma con la quale poi abbiamo fatto la pace. Perché oggi è il tempo nel quale, purtroppo, si fa pace con tutto. E tutto, in questo caso, è davvero troppo». Più stranieri che italiani Il 72% delle persone che sono passati dai Centri di ascolto sono straniere (1055); in aumento il numero degli italiani: sono stati 405 quelli «ascoltati» nel 2008, erano stati 286 l’anno passato. Tra gli stranieri trova conferma la prevalenza dei cittadini di paesi appartenenti all’Europa dell’Est, soprattutto macedoni e romeni, mentre sono in aumento gli «utenti» stranieri provenienti dall’Africa settentrionale (erano l’8,4% nel 2007, sono stati oltre il 13% nel 2008). Uomini e donne alla pariUomini e donne si sono rivolti ai Centri di ascolto in egual misura: 722 gli uomini e 738 le donne. Una curiosità: gli ospiti provenienti dall’Europa orientale sono prevalentemente donne, quelli dell’Africa settentrionale sono più frequentemente uomini. L’identikit dell’ospite Il 75% degli ospiti ha tra i 25 ed i 54 anni. I più sono sposati, anche se sono in aumento le donne che bussano la porta dei Centri di ascolto, dopo aver vissuto il fallimento del vincolo matrimoniale. Molti degli ospiti che si rivolgono ai Centri di ascolto della Caritas manifestano bisogni complessi: non sono semplicemente poveri, ma spesso non hanno nemmeno un lavoro e una casa in cui dormire, hanno una salute precaria o una situazione familiare conflittuale. Al di là «dei numeri e delle cifre sempre più preoccupanti – osserva l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto nella presentazione del rapporto – ciò che emerge ed inquieta non poco è la progressiva crescita della povertà». A fianco degli immigrati e di altre «categorie» a rischio, infatti, hanno bussato alla porta dei Centri di ascolto della Caritas persone e famiglie «per le quali, venendo meno improvvisamente il lavoro, viene meno ogni capacità di sussistenza con un orizzonte di vita sempre più limitato e doloroso». «Davvero – continua l’arcivescovo – nessuno può più sentirsi così al sicuro da non dover temere di ritrovarsi improvvisamente nel bisogno, tanto rapidi quanto imprevisti possono essere i rovesci finanziari legati alla perdita del posto di lavoro o a situazioni di malattia o a crisi matrimoniali e familiari. Di qui nasce la necessità di puntare su stili di vita più sobri ed essenziali che sappiano discernere il necessario dal voluttuario e che sappiano adottare modalità di vita capaci di autentica condivisione e di disponibilità generosa al sostegno reciproco, grazie al quale chi viene a trovari in difficoltà non rischi di trovarsi totalmente abbandonato a se stesso».