Una giovane madre riversa a terra, con la sua bambina accoccolata sul seno. Gli occhi, ancora sbarrati, conservano e tramandano ai posteri tutto l’orrore vissuto. Questa immagine che Vincenzo Gasperetti ha riprodotto nel marmo sigilla oggi il monumento-ossario che ricorda l’uccisione di 560 civili – in maggioranza vecchi, donne e bambini – vittime del massacro che le SS tedesche perpetrarono a Sant’Anna di Stazzema, il 12 agosto del ’44. Solo 16 giorni separano questa ricorrenza dal 26 luglio, giorno dei Santi Gioacchino ed Anna, festa patronale del piccolo borgo sulle Apuane. Gioacchino ed Anna erano i genitori di Maria. Nessun vangelo canonico ne parla, solo i testi apocrifi. Segnati dalla sofferenza per la sterilità, furono ripagati dal miracoloso concepimento di Maria.Oggi Sant’Anna è la protettrice delle donne incinte. Le partorienti la invocano per avere un buon parto, perché il neonato sia sano, perché non manchi loro il latte…preoccupazioni materne naturali. Tante sono state le giovani madri cadute a Sant’Anna; tanti i bambini: oltre cento. Una strage che per molti anni è rimasta quasi completamente confinata fra queste montagne, nei racconti dei vecchi e dei pochi testimoni scampati. Almeno fino al 1994, anno in cui il procuratore Antonino Intelisano, indagando sulle Fosse Ardeatine, ritrovò quasi per caso centinaia e centinaia di fascicoli relativi alle stragi nazi-fasciste. Erano stati archiviati provvisoriamente dalla procura militare da quasi 50 anni. Sulla vicenda di Sant’Anna di Stazzema ci sono ben tre fascicoli: riportano testimonianze, numeri, nomi. «Con l’istruzione del processo negli anni Novanta – racconta Simone Caponera, responsabile del Museo storico della Resistenza di Sant’Anna – la vicenda ha iniziato ad interessare anche i media e ha varcato, così, i confini della Versilia. Hanno cominciato ad occuparsene anche personalità note al grande pubblico, come Luca Zingaretti, Oliviero Toscani o – più di recente – Spike Lee. Nel 2000, poi, tutta la zona è divenuta Parco nazionale della pace». Il museo è aperto tutto l’anno e accoglie scolaresche, gruppi organizzati o singoli visitatori: «le presenze in comitiva hanno toccato nell’ultimo anno quota 6500 – continua Caponera -. Per le scuole ci rivolgiamo ai ragazzi dalla quinta elementare in su. La visita prevede anche la visione di un filmato e – cosa più importante – l’incontro con alcuni superstiti, anche se è sempre più difficile trovarne. Quanto ai ragazzi, quelli di elementari e scuole medie si fanno coinvolgere molto; il discorso cambia con i liceali, che non sempre sono interessati». Ma la fascia d’età che manca quasi completamente fra i visitatori è quella dai 20 ai 30 anni: «è necessario trovare un canale per comunicare anche con loro – spiega Caponera». Dal 21 al 23 aprile, come è ormai tradizione da qualche anno, c’è stato il forum dei giovani: 3 gruppi di circa 300 ragazzi ciascuno, dai 10 ai 19 anni, provenienti da tutta Italia, si sono avvicendati in questi luoghi, per conoscere il territorio, incontrare i testimoni e approfondire un argomento legato alla pace. E sempre il tema della pace fà da guida alle iniziative che il Gruppo Jägerstätter per la non violenza porta avanti in collaborazione con il Comitato per le onoranze ai martiri di Sant’Anna. Racconta a ToscanaOggi Silvia Nannipieri: «dal 1996 abbiamo iniziato a promuovere dei campi di formazione, diretti a giovani, famiglie, educatori, insegnanti, obiettori di coscienza: a quanti insomma hanno a cuore la pace e l’educazione alla non violenza. Inizialmente il campo durava una settimana, si teneva alla fine di agosto, e i partecipanti – una quarantina quelli che si fermavano anche la notte, ma fino a cento le presenze giornaliere – erano ospitati dalle famiglie del paese. Poi ci siamo spostati nella Rocca di Pietrasanta. Oggi la modalità è un po’ cambiata: non più una settimana, ma un week-end di seminari nel mese di settembre». Non sono cambiati però i contenuti: «partiamo da un tema attuale (la guerra in Palestina, Ghandi…) per capire cosa significano oggi pace e nonviolenza. Incontriamo e ascoltiamo i superstiti della strage di Sant’Anna; è significativo che proprio in questo posto si svolga un seminario di questo tipo: in un luogo di violenza ci si educa alla pace». Nel frattempo il comune di Stazzema sta costruendo una struttura che funzioni da ostello e punto di raccolta per questa o altre simili iniziative. Un altro progetto è nato in collaborazione con il gruppo Jaegerstaetter: ogni anno un ente giovanile tedesco porta in Versilia una ventina di ragazzi dalle regioni del Reno, tutti fra i 16 e i 18 anni. Visitano Sant’Anna e fanno piccoli lavori nel Parco della Pace: sistemano i sentieri, la segnaletica, si occupano di manutenzione ordinaria. Per rendersi utili e – soprattutto – per conoscere e ricordare quelle vittime rimaste per troppi decenni nell’ombra.