Pisa

IL VERBO SI È FATTO CARNE

Seguendo le cronache di questi ultimi giorni sembra che la “crisi” di cui si è tanto parlato per mesi e mesi sia ormai un ricordo lontano: ora si parla solo di acquisti, di regali, di viaggi e di vacanze. Per tanta gente infatti, Natale non sarebbe Natale senza questa ritualità laica così bene proposta dai mezzi di comunicazione sociale, mentre gli aspetti religiosi e soprannaturali del mistero del Figlio di Dio che si fa uomo ed entra nella storia del mondo, finiscono per diventare una specie di appendice svuotata di significato. In altre parole, Gesù rischia di diventare il grande assente da un “natale” che sembra non riguardarlo più.In effetti sono tanti i segnali che ci dicono quanto la presenza di Cristo e del suo Vangelo nella cultura e nella vita sociale e politica del nostro tempo venga considerata sempre più marginale e insignificante. Una insignificanza che non riguarda soltanto la presenza o meno dei Crocefissi nelle scuole, ma soprattutto il riferimento a quei valori di fondo senza i quali non esiste né dignità della persona umana, né bene comune possibile nella società degli uomini. Valori che spesso vengono etichettati come “cristiani” e quindi “di parte”, mentre si esalta il valore assoluto della libertà individuale, dell’autodeterminazione e della “neutralità” di fronte ad ogni valore che in qualche modo possa apparire legato alle radici cristiane della nostra civiltà occidentale.Di fatto non ci si accorge che si sta progressivamente eliminando quella base comune che unica può permettere intese e vera collaborazione tra pensieri e stili di vita diversi e che è la partecipazione di tutti, nessuno escluso, alla stessa umanità, a quella “natura” umana che porta in se stessa, in maniera indelebile, le note caratteristiche che permettono di riconoscerci tutti partecipi della stessa dignità che è connaturale all’essere umano e che società, istituzioni e leggi sono tenuti a riconoscere, pena i più impensabili arbitrii e le più pesanti penalizzazioni per i singoli, per le famiglie e per la società intera. Infatti, in questo senso, è estremamente riduttivo, se non addirittura ridicolo, parlare di valori “laici” contrapposti ai valori “religiosi”; esistono invece valori “umani”, legati intimamente alla persona umana – valori creaturali, si direbbe in linguaggio cristiano – sui quali si innestano poi i valori tipicamente cristiani che provengono dalla rivelazione evangelica e che la Chiesa da sempre custodisce e propone al mondo.  Una custodia e una proposta di valori soprannaturali evangelici che dunque non è mai slegata dalla custodia e della proposta dei valori umani quali il rispetto della vita sia al suo sorgere che al suo tramonto; della dignità inalienabile di ogni persona qualunque sia la sua lingua, la nazionalità, la cultura, la razza o la religione; della famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna; della necessità di cercare sempre il bene comune senza indulgere all’idolatria dell’individualismo libertario e dei diritti individuali totalmente sganciati da quelle relazioni interpersonali e sociali che sono alla base di una autentica vita comune. Una idolatria che anche negli statuti e nei regolamenti dei nostri Enti locali vuol condurre a forme surrettizie ed ambigue di comportamento, ammantate di pseudo legalità, su temi come ad esempio quello del “fine vita” tramite l’istituzione del registro per la raccolta dei testamenti biologici o le dichiarazioni di volontà anticipata per i trattamenti sanitari.“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”(Gv 1,14): questo è il Natale cristiano. Il Figlio di Dio, assumendo la nostra umanità e diventando uomo come noi in tutto, eccetto il peccato, ci mostra che l’uomo è la via di Dio; la strada attraverso la quale Dio è entrato nella nostra storia e nelle nostre vicende e,  grazie all’umanità di Gesù Salvatore, è ancora la strada per la quale l’uomo può giungere al Padre che è nei cieli. Si tratta di una strada vivente, delicata, da rispettare con grande attenzione perché ciò che ne va di mezzo è insieme l’uomo e Dio; Dio e l’uomo e quella alleanza d’amore che è stata inaugurata con il grande mistero dell’Incarnazione del Verbo e che, soprattutto ai credenti in Cristo, che credono pure nel valore incommensurabile di ogni persona umana, si propone come via sulla quale si può tendere a costruire una società più giusta e più vera e a dare consistenza e visibilità ad una autentica civiltà dell’amore.Il mio augurio è che questa strada che passa dalla stalla di Betlemme e che attraversa il cuore di ogni uomo e di ogni donna della terra possa essere percorsa insieme da ogni uomo di buona volontà, senza cercare quelle scorciatoie riduttive che proprio quando sembrano dare risposta ai problemi emergenti senza rispettare la natura della persona umana, finiscono invece per creare nuove difficoltà e squilibri ancor più gravi, perché strade prive del sigillo dell’amore vero.Se una crisi c’è, e veramente grave, è infatti la crisi dell’amore in una cultura che in ogni cosa esalta l’individualismo fino al più gretto egoismo. Il vero pericolo che incombe sulle persone e sulla società è quello di un gelo infinito che tutto paralizza e distrugge; il gelo della mancanza d’amore. Un amore che non siamo noi a creare, ma che bensì ci è stato donato e che dobbiamo accogliere, custodire, trasmettere e diffondere intorno a noi. Cristo è l’Amore che vuol incendiare il cuore e la vita di ognuno. Che in questo Natale ciascuno possa ripetere con l’apostolo Giovanni: “Abbiamo veduto e creduto all’amore che Dio ha per noi”(1Gv 4,16), facendocene testimoni ed annunciatori a chiunque incontriamo sul nostro cammino quotidiano.     + Giovanni Paolo Benotto, arcivescovo