Pisa

Il Natale degli «invisibili»

di Andrea Bernardini

Una coperta, un giubbotto di panno, un paio di scarpe e niente calzini. Sandro (nome di fantasia) non ha ancora trent’anni. E soprattutto non ha una casa in cui abitare. «Vive» a Pisanova, dorme sulle panchine o tra un platano e l’altro. Inavvicinabile. Come Paolo, un abitué del centro storico di Pisa: anche in pieno inverno è stato visto a torso nudo pulirsi alle fontane pubbliche di piazza dei Cavalieri e dintorni. In questi giorni, però, la corrente d’aria siberiana, pare averlo segnato. Era in «ipotermia», l’intervento degli operatori – che lo hanno portato in ospedale – gli ha salvato la vita.Alla vigilia di Natale – come sempre, del resto – gli operatori di strada cercano di «avvicinare» gente come Sandro, Paolo o decine di altre persone. Li chiamano senza fissa dimora , perché una dimora in cui vivere non ce l’hanno. Spesso hanno «rotto» con la famiglia di origine o con quella che faticosamente si erano costruiti. Hanno problemi di tipo psichiatrico. Vivono nell’isolamento. Uomini invisibili ai più.Sono un centinaio quelli assistiti ordinariamente dalla Caritas, dagli operatori di «Simbolo» e «Cerchio» impegnati nel progetto «Homeless» della Società della salute, dai volontari delle associazioni «Amici di strada», «La Ronda della carità» e dai giovani della comunità di Sant’Egidio. Come Fabio (altro nome di fantasia), proveniente dal veneto, 50 anni. È padre di due figlie, una di 20 e l’altra di 22 anni, che non vede più da chissà quanto tempo. «Perse il lavoro – ricorda Marco Arzilli, responsabile del Centro di ascolto della Caritas – e poco dopo fu allontanato anche dalla famiglia». Beveva, non lo sopportavano più. Iniziò a girovagare per l’Italia e a mendicare: ma la gran parte dei soldi che riceveva per pietà, li spendeva negli alcolici. Cominciò ad «appoggiarsi» alla mense dei poveri – laddove presenti – ai dormitori, alle stazioni ferroviarie. Due anni fa arrivò anche a Pisa. I volontari e gli operatori di strada faticarono non poco per riuscire a instaurare con lui un minimo di dialogo. Quello stile di vita, di lì a poco, l’avrebbe portato a morte certa. Un sussulto, un’ispirazione, un incontro, chissà, l’ha salvato. «Finalmente ha accettato il contatto. L’abbiamo aiutato, siamo riusciti a farlo crescere in consapevolezza ed autostima». Fabio non beve più da sei mesi, svolge piccoli lavori, si alimenta regolarmente e si relaziona con gli operatori e con i suoi «pari» in maniera assolutamente positiva. Quando ne ha la possibilità dorme negli asili notturni: a Pisa ve n’è uno in via Conte Fazio e vi ruotano ogni settimana 27 senza fissa dimora;  quando non può, si preoccupa di cercarne altri e chiede aiuto nella ricerca. «Ha ancora tanta strada da fare per tornare ad una vita normale, ma tanta ne ha già percorsa». Un esempio su tutti: dopo anni ed anni ha ricontattato la sua famiglia di origine, anche se solo telefonicamente.Un Natale di speranza anche per lui.Fabio sarà probabilmente uno degli utenti di una delle tre mense dei poveri (quelle del Cottolengo, di San Francesco al mattino e la serale della parrocchia di Santo Stefano) che nel giorno di Natale lavoreranno a pieno regime. Forniscono un centinaio di pasti al giorno: a italiani e stranieri che un pasto caldo non se lo possono permettere.Tutti questi ed anche altri sono invece invitati, il giorno di Santo Stefano, ad un pranzo nella Residenza sanitaria assistita (Rsa)«Umberto Viale», a Pisa in via Garibaldi 198. L’iniziativa è della cooperativa sociale Paim – che gestisce la Rsa «Viale» – e della Caritas diocesana. Il menù è stato predisposto da Dussmann Service.