È uno dei fiumi più importanti della nostra regione. Il Serchio (111 km, dal monte Sillano al mar Ligure) è un corso d’acqua che l’uomo, nei secoli, ha cercato in mille modi di mettere a regime, investendo ingenti risorse (di qui il detto popolare «costare quanto il Serchio ai lucchesi»). Non sempre le opere idrauliche, però, sono riuscite a contenerlo. L’ultimo esempio è sotto gli occhi di tutti: dopo otto anni di relativa calma, per ben cinque volte, nel solo 2009, ha rischiato di esondare. La mattina di Natale ha rotto in tre punti gli argini, mettendo sott’acqua Santa Maria a Colle, Nodica e Migliarino. Ma andiamo con ordine.La prima ondata di piena era stata registrata la notte di mercoledì 23 dicembre: quindici famiglie, che abitavano nelle golene di Vecchiano e delle frazioni di Avane, Nodica e Migliarino, erano state raggiunte da una ordinanza di evacuazione, ma avevano preferito rimanere nelle loro case: la portata dell’acqua era salita a 1100 metri cubi al secondo (contro i 46 registrati in condizioni di normalità), ma l’onda anomala era passata senza far troppi danni. Due giorni più tardi un nuovo allarme: secondo le ultime stime del servizio di Protezione civile dell’amministrazione provinciale di Pisa, una nuova piena si annunciava per l’indomani, e in questo caso il fiume avrebbe avuto una portata di 1.400 metri cubi di acqua al secondo. Il comune provvedeva alla chiusura del ponte di Ripafratta e inviava nuova ordinanza di sgombero alle famiglie che abitano in golena. Il peggio, però, doveva arrivare. Inaspettato. In un tratto rettilineo, si formava intorno alle 8 della mattina di Natale, un fontanello che di lì a qualche ora si sarebbe trasformato in una falla sulla golena di ben 168 metri. Da qui, fino al tardo pomeriggio di domenica 27, usciranno 30milioni di metri cubi di acqua: il Serchio è apparso per ore inarrestabile, capace nel momento di piena di una portata ben superiore alle ultime previsioni ( calcolata intorno ai 2000 metri cubi di acqua al secondo). La prima area alluvionata è stata quella di Malaventre tra Nodica e Migliarino, poi molti campi. L’acqua ha raggiunto l’autostrada A12, che ha fatto da effetto-diga: superatala, è precipitata verso la zona industriale di Migliarino. Gli operatori ritrovatisi nel Centro operativo comunale a palazzo civico a Vecchiano hanno provato ad avvisare i titolari delle aziende. Inutilmente: il giorno di Natale nessuno si trovava a lavoro. Infine, la corsa del Serchio si è conclusa nella zona della bonifica di Vecchiano, contigua al lago di Massaciuccoli. Un disastro. L’ondata di piena ha interessato 894 famiglie. La maggior parte ha avuto danni trascurabili: acqua in giardino o nel cortile di casa; 87 famiglie, però, hanno subìto danni rilevanti, tanto che l’ente locale ha dovuto trovare loro una sistemazione temporanea alternativa. Molte di queste sono ospiti degli hotel Ariston, California e Sterpaia. Nell’area industriale di Migliarino gravitano le sedi legali (in molti casi anche operative) di 152 delle 300 imprese produttive del comune di Vecchiano. Aziende dove lavorano circa duemila dipendenti. Alcune di queste hanno ripreso ad erogare servizi in pochi giorni, altre faticano ancor oggi ad aprire i battenti: l’acqua ed il fango hanno infatti reso inutilizzabili attrezzature e materie prime.32 invece le aziende agricole che lavorano in campo aperto sommerse da fango e detriti.Il sottosegretario Bertolaso ha promesso: in questi giorni il Consiglio dei ministri adotterà un decreto in cui riconoscerà lo stato di emergenza (previsto per il risarcimento di attività industriali, commerciali e artigianali) e di calamità naturale (previsto per il risarcimento delle aziende agricole). Poi Protezione civile, Regione, le Province di Pisa e Lucca ed i comuni interessati dovranno scrivere a più mani una ordinanza dichiarativa, che dovrà contemplare quali dovranno essere gli strumenti previsti dallo Stato per «sostenere» le aziende in crisi e ricostruire le opere civili abbattute. Intanto un pool di periti – di Regione e Provincia – dovrà fare una stima precisa dei danni subiti.Danni che avrebbero potuto essere maggiori se, nel frattempo, non fosse stata ricostruita a tempo di record una nuova barriera sull’argine del Serchio. Pietre e terra, scaricate da cento camion, sono state collocate in tre giorni per «ricostruire» l’argine ferito. Le nuove piene del mattino e del pomeriggio di Capodanno, in questo modo, non hanno fatto ulteriori danni, anche se dalla barriera provvisoria è passata acqua, dispersa comunque nelle zone già alluvionate. Un flusso maggiore avrebbe, invece, ingrossato anche il lago di Massaciuccoli, che si trovava già ad un livello molto alto e che avrebbe potuto esondare verso Massarosa, Torre del Lago e Viareggio. Un Massaciuccoli in difficoltà, in questi giorni, a scaricare naturalmente, attraverso i «suoi» canali, nel mar Ligure, semplicemente perché il mare è ancora più gonfio del lago (superandolo di 37 centimetri di livello). Insomma: un vero rompicapo, cui il Consorzio di bonifica del Versilia-Massaciuccoli ha tentato di porre rimedio utilizzando idrovore mobili, capaci di scaricare forzatamente acqua dalle zone alluvionate al lago di Massaciuccoli e da questo al mar Ligure.Intanto, superata la prima emergenza, Genio militare e tecnici dell’amministrazione provinciale hanno realizzato due piste perpendicolari all’argine: così potranno meglio raggiungerlo e ricostruire in tempi relativamente brevi l’intera golena.