Da ministranti a ministri, da chierichetti a sacerdoti al servizio permanente della Parola e dell’Eucarestia. Questo il cammino che stanno percorrendo i due seminaristi che domenica 25 aprile riceveranno il ministero dell’accolitato. Ministero antico della Chiesa, ultima tappa prima del diaconato, permette a chi lo riceve di prendere parte ancor più da vicino alla celebrazione liturgica. L’accolito aiuta il celebrante nella preparazione dell’altare, sovrintende alla liturgia e coordina i ministranti, può distribuire la Comunione durante la Messa e portarla agli ammalati. Un passo in più per i giovani che si preparano a diventare sacerdoti, in un cammino di crescita nella comunione con Cristo e con la Chiesa. «Ogni presbitero – ha ricordato Benedetto XVI nel suo messaggio per la Giornata mondiale per le vocazioni 2010 -, ogni consacrato e consacrata trasmettono la gioia di servire Cristo e invitano tutti i cristiani a rispondere all’universale chiamata alla santità».Così il parroco è il primo educatore, il primo «scopritore» delle vocazioni dei giovani; ed è il primo esempio visibile di consacrazione della propria vita a Gesù. È accaduto proprio così a Salvatore Glorioso – 24 anni – e Francesco Parrini – 28 -, prossimi accoliti, entrambi al quinto anno di studi nel Seminario «Santa Caterina». «Nella scelta definiva di incamminarsi per diventare sacerdoti – raccontano a Toscana Oggi – pesa molto l’esempio degli altri preti, soprattutto quello del proprio parroco. Una volta fatto discernimento sulla propria vocazione, i parroci continuano a accompagnarci, anche dentro le mura del Seminario: ci conoscono, hanno seguito le vicende della nostra vita e le tappe che ci hanno portato fin qui». Provenienti entrambi dalla parrocchia di Santo Stefano extra moenia, hanno prestato a lungo servizio fra i ministranti; e domenica 25, proprio in occasione della festa diocesana per i chierichetti, l’Arcivescovo conferirà loro il ministero dell’accolitato nella chiesa di Santa Maria madre della Chiesa, alle 17. Manca ancora un pezzetto di strada per giungere al presbiterato, e l’entusiasmo per il futuro si intreccia con qualche preoccupazione: oggi il prete è sempre più chiamato ad essere il confidente dei propri parrocchiani, a fronteggiare problemi inattesi e delicati, ad essere una sorta di psicologo «in seconda»: «un po’ di ansia c’è – raccontano -; ci chiediamo spesso: quanto dovremmo farci coivolgere dai problemi dei parrocchiani? saremo all’altezza della situazione? Riusciremo sempre a proporre il Vangelo e ad essere coerenti, a dire le parole giuste al momento giusto, a rispondere a domande su esperienze che – personalmente – non abbiamo mai vissuto? Al tempo stesso c’è la gioia per quel che – pensiamo – riceveremo dal rapporto stretto con la nostra gente». Per allenarsi alla vita sacerdotale c’è la «palestra» delle parrocchie: fin dal primo anno i seminaristi trascorrono il giovedì, il sabato e la domenica in varie comunità della diocesi: «vivono» con il parroco e prestano servizio come catechisti, animatori… Francesco è oggi assegnato alla parrocchia di Calci, dopo le esperienze a Santa Maria madre della Chiesa e ad Asciano. Salvatore è partito da Santo Stefano, per passare poi a Santa Maria madre della Chiesa e a Filettole-Ripafratta; oggi fa avanti e indietro tra Pisa e Pontedera.«La vocazione di un seminarista – spiega don Francesco Bachi, vice-rettore del Seminario e responsabile del Centro diocesano per le vocazioni – passa attraverso molte vie misteriose. Ma la testimonianza degli altri preti è e rimane un punto fondamentale. Ci vuole una maggiore attenzione alla pastorale vocazionale, in ogni parrocchia, dalla più grande alla più piccola». Se il parroco è davvero così importante per le nuove vocazioni e – quindi – per il futuro della Chiesa, davanti alle polemiche degli ultimi tempi si sente ancor più correre un brivido per la schiena: «quello che è accaduto non fa che ribadire un concetto importante: bisogna insistere sulla formazione dei seminaristi e pretendere una preparazione umana sempre più seria. Solo così si potranno prevenire certi orrori».