Pisa

«QUEI RAGAZZI SCHIAVI DI INTERNET»

di Caterina Guidi

«Non parlo più di educazione alla legalità. È una scelta precisa: di legalità ne parlano tutti, basta vedere le televisioni, i giornali… ne parlano anche quelli che la calpestano tutti i giorni. Preferisco parlare di educarci alla responsabilità. E la responsabilità non la si predica: va vissuta e testimoniata nei gesti e nei comportamenti». Con queste parole lo scorso martedì – nel cinema teatro Valgraziosa di Calci – don Luigi Ciotti ha aperto l’intervento «Educarci all’incontro con l’altro», promosso dal Centro diocesano missionario. L’appuntamento è il terzo dei «martedì della missione» che hanno già visto il contributo di Nicola Colasuonno sul tema della missionarietà, e quello di Brunetto Salvarani su «Educarci alla mondialità». «C’è una deriva culturale nel nostro Paese; c’è un brutto vento che tira. Un vento di razzismo: tutto quello che sa di diverso genera tanta ostilità, pregiudizi, facili etichette». Ecco la necessità di educarci ad incontrare l’altro, anche il «diverso». La voce chiara di don Luigi Ciotti si fa sentire nella sala affollata: tanti sono in piedi, la gente si accalca anche sull’ingresso. Alterna racconti personali «lontani» – l’infanzia, le difficoltà, il primo avvicinarsi ad un povero in strada – con la cronaca di quel che accade oggi, dopo che si è guadagnato la qualifica di «prete anti-mafia». Nato a Pieve di Cadore nel 1945, pochi anni dopo emigra con la famiglia a Torino. Inizia presto ad occuparsi degli emarginati, in particolar modo dei giovanissimi detenuti del carcere minorile. Nel 1966 fonda il Gruppo Abele, organizzazione di lotta alle dipendenze e supporto a immigrati, persone senza fissa dimora, vittime di sfruttamento. Nel ’72 viene ordinato sacerdote dall’allora arcivescovo di Torino, cardinal Michele Pellegrino, il quale gli affida come prima parrocchia la strada. Nel 1986 diviene il primo presidente della Lila (Lega per la lotta contro l’Aids), e negli anni Novanta – dopo la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – fonda Libera, rete che coordina varie associazioni contro le mafie. «Educarci vuol dire, oggi più che mai, diffondere una cultura che promuova percorsi di vita e che generi voglia di cambiamento – ha sottolineato davanti all’assemblea -. È una sfida culturale: noi dobbiamo sentire forte il bisogno di una cultura che promuova percorsi di vita». E ricorda la necessità di un’educazione «pratica», non fondata sulle parole, che spinga i giovani ad assumersi responsabilità sociali e politiche. Richiama l’attenzione anche sulle nuove dipendenze: «45 anni fa, quando fondai il Gruppo Abele, non avrei mai pensato che oggi, nelle nostre case di accoglienza, avremmo ospitato ragazzi che chiedono di essere disintossicati dal consumare. Non avrei mai pensato – allora – di incontrare ragazzi dipendenti da Internet e conoscere le due nuove “divinità”: anoressia e bulimia». Educare è così – nelle parole di don Ciotti – anche preparare l’altro perché sappia distinguere tra cose e persone, per ricordare che l’essere umano non è un bene di consumo, e non può essere – in alcun modo – sfruttato».