Pisa

CINQUECENTO PELLEGRINI PISANI A TORINO PER LA VISITA ALLA SACRA SINDONE

di Graziella TetaÈ l’alba del 14 maggio. I nove pullman portano 450 pellegrini provenienti da ogni parte dell’arcidiocesi di Pisa. Dopo una breve sosta per un caffè, a bordo il bel momento di preghiera comunitaria, curata dai sacerdoti e dai diaconi accompagnatori. In vista del capoluogo piemontese, i capigruppo dell’Agenzia Millennium, che organizza questo viaggio con l’Ufficio diocesano pellegrinaggi diretto da monsignor Danilo D’Angiolo, distribuiscono cappellini gialli con stampati il logo dell’agenzia e la scritta «Arcidiocesi di Pisa». Raccomandano di indossarli: servirà come «segno di riconoscimento» tra la gran folla, proveniente da tutta Italia e dall’estero, che ogni giorno converge a Torino per assistere all’ostensione (iniziata il 10 aprile, chiuderà il 23 maggio con oltre due milioni e mezzo di presenze registrate). Venerdì scorso i visitatori al sacro lino erano oltre 5.000 (compresi i nostri, citati nel sito web ufficiale della Sindone: www.sindone.org).I pellegrini pisani, preparati dall’apprezzata conferenza della scorsa settimana del professor Francesco Mallegni, sulla Sindone tra storia e scienza, ripassano il sussidio curato da monsignor D’Angiolo (cenni storici e una lettera di accompagnamento) e il programma dell’intensa giornata. Il cielo torinese è come quello pisano in questo maggio avaro di sole, coperto da nuvoloni grigi che promettono pioggia. ore 9: arrivo a TorinoAlle nove del mattino già si attraversano i viali che fiancheggiano il fiume Po, s’intravede il tempio neoclassico della Gran Madre di Dio a destra, piazza Vittorio a sinistra. I bus parcheggiano nella zona dei Giardini Reali Bassi. I nove gruppi arrivano a ondate: ed è un’allegra macchia di colore giallo quella che si compatta dietro le guide, che sventolano i numeri di riferimento di ogni gruppo. Il percorso a piedi, con destinazione il Duomo, inizia nella Manica Nuova del Palazzo Reale: la fila scorre ordinata, decine di volontari supervisionano l’afflusso insieme con gli alpini addetti al servizio d’ordine. Lungo il percorso, i visitatori ammirano gli oggetti antichi del Museo archeologico torinese, che illustrano lo sviluppo del rapporto nei primi due secoli cristiani fra la cultura greco-romana e l’annuncio evangelico. In sottofondo, sono diffuse musiche dal repertorio prepolifonico e gregoriano, tratte dagli uffici liturgici della Sindone. Lungo il cammino i pellegrini sono accompagnati anche da meravigliose immagini, che raccontano la vicenda storica di Gesù, dalla nascita fino alla passione e risurrezione, provenienti dalla mostra «Gesù. Il corpo, il volto nell’arte» (aperta fino al 1° agosto alle Scuderie Juvarriane, reggia di Venaria Reale). Scorrono i capolavori di Mantegna, Luca della Robbia, Tintoretto, Rubens, Michelangelo e di altri straordinari maestri. Passa monsignor Benotto, a Torino dalla sera precedente per una «storica» visita alla Piccola casa della divina provvidenza del Cottolengo, dove è stato accolto dal padre generale ed ha anche celebrato una Messa per le suore cottolenghine e gli operatori della struttura; monsignor Benotto, accompagnato da don Marco Formica, saluta i pellegrini della sua diocesi. Ci avviciniamo alla meta. Si entra in una sala di «prelettura» dove un filmato in alta definizione su grande schermo «prepara» alla visione della Sindone, illustrando l’insieme dell’immagine e i particolari del telo. La proiezione è avvolta nel silenzio: gli occhi e i cuori sono catturati dall’uomo crocifisso – un corpo dalle proporzioni perfette, lo ha definito il professor Mallegni durante la conferenza preparatoria – ferito da spine, chiodi, colpi di flagello e lancia. Dappertutto: capo e volto, costato e torace, braccia e mani, gambe e piedi, nuca e dorso.Ammutoliti i pellegrini entrano in Duomo, seguendo i percorsi obbligati. Non c’è tempo per ammirare la bellezza di questa splendida cattedrale in stile rinascimentale di fine ‘400: gli occhi sono fissi sul sacro lenzuolo, esposto in posizione sopraelevata, in una apposita teca ad alta protezione, antiproiettile e antisfondamento, circondata da drappi rosso carminio. In DuomoCinque minuti per meditare il mistero dell’immagine impressa nel telo e per elevare una preghiera: in molti recitano quella dell’arcivescovo Poletto, distribuita per l’occasione a tutti i pellegrini e che reca l’immagine del «volto»: «Signore Gesù, mentre in silenziosa preghiera contemplo la santa Sindone il mio cuore si riempie di commozione perché vedo in quel misterioso sacro lino tutti i segni dell’atroce dell’atroce sofferenza da Te vissuta nella tua Passione, così come è narrata dai Vangeli. Il dramma del tuo dolore è reso evidente dal sangue che vedo sul tuo corpo per la corona di spine e i colpi di flagello, per i chiodi nelle mani e nei piedi e per il cuore trafitto dalla lancia del soldato. Quando, insieme con la Vergine Maria, tua e nostra Madre, adoro Te, Gesù, sofferente e immolato, comprendo con maggior chiarezza che tu hai preso su di Te i dolori e le croci di tutta l’umanità. Ogni mia sofferenza, la “passio hominis”, unita alla tua sofferenza, la “Passio Christi”, riceve in dono un valore redentivo per cui mi sento da Te sostenuto, consolato e perdonato. So che con c’è consolazione senza conversione, per cui, mentre col tuo aiuto porto con fiducia le mie croci, ti prometto di iniziare una vita nuova allontanandomi dal peccato, così da poter sperimentare che dalle tue piaghe sono stato guarito». All’uscitaSi esce. Nel vicino palazzo Chiablese è stata allestita la cappella del SS. Sacramento: inginocchiato in adorazione c’è l’arcivescovo Benotto. Siamo nell’area della penitenzieria con sacerdoti a disposizione per raccogliere le confessioni dei fedeli. I gruppi sciamano in piazza Castello per riunirsi alla propria guida. Una pioggia dispettosa bagna il percorso a piedi fino al Santuario della Consolata (un prezioso scrigno barocco del Guarini e dello Juvarra, risalente ai secoli XVII-XVIII, elevato nel 1906 alla dignità di Basilica Pontificia da Papa Pio X, visitata da Papa Giovanni Paolo II nel 1980), dedicata alla patrona della città cui i torinesi sono devoti.Qui alle 12, la concelebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Benotto, con i monsignori Giuliano Catarsi e Danilo D’Angiolo e i sacerdoti Marco Formica, Ettore Baroni, Sergio Orsucci, Vivian Durrant, Antonio Ratti, Francesco Fabrizio, padre Gonzalo Orlan Cubillos Beltran e i diaconi Augusto Borghi e Alvaro Lenzi. Il saluto di mons. D’AngioloAd inizio messa, D’Angiolo rivolge un ringraziamento «per aver oggi potuto fissare gli occhi su quell’icona scritta con il sangue, un telo sepolcrale che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso in tutto corrispondente a quanto i Vangeli dicono di Gesù, ha riempito il nostro cuore di commozione profonda. Ognuno di noi, 450 fedeli in questo pellegrinaggio, ha potuto associare alle sofferenze del Cristo tutte le nostre sofferenze». All’arcivescovo Benotto chiede di «unire sacralmente, in questa celebrazione, al sacrificio mistico di Cristo le sofferenze delle nostre famiglie e della nostra chiesa pisana, in unione con il Santo Padre che qui a Torino ci ha preceduti il 2 maggio. Anche in riferimento a quanto egli ha detto sul terzo segreto di Fatima: le sofferenze per la Chiesa e per il mondo non sono finite». Dobbiamo affidarci alla Madre Maria e pregare soprattutto per i presbiteri in questo anno sacerdotale. Le intenzioni dei pellegrini sono in particolare dedicate «a tutto il presbiterio pisano – ricorda monsignor D’Angiolo – perché sappia unire le proprie forze allo zelo episcopale del suo arcivescovo». L’omelia dell’ArcivescovoCommentando le letture (sull’uomo dei dolori di Isaia e il Vangelo di Marco sulla deposizione), Benotto nell’omelia si riferisce proprio all’immagine dell’uomo dei dolori raffigurato sulla Sindone, «un’immagine che più che da indagare è da contemplare, da cogliere nella sua capacità di evocazione di un avvenimento, che si rivela qui ora con l’eucaristia: il mistero della morte, risurrezione e glorificazione di Cristo Gesù, dono indelebile che Dio ha fatto agli uomini fino a dare suo figlio come vittima d’espiazione dei nostri peccati. Nell’eucaristia è Cristo con noi, non un’immagine, che ci accompagna fino alla fine dei tempi e con la sua Parola. Chi ci sta accanto? Gesù, che non è rimasto nel sepolcro, ma è risorto e rimane con noi: accompagna il cammino del suo popolo, sostiene la sua Chiesa con il dono dello Spirito Santo e dà senso alla vita con il dono della fede. Ecco ciò che contempliamo, al di là dei segni sensibili, di cui pure abbiamo bisogno». E contemplare l’uomo dei dolori rappresentato nella Sindone ci chiama a servirlo, donando amore e carità ai fratelli, per rendere manifesta la presenza di Cristo nel mondo: «Ognuno di noi – ha esortato l’arcivescovo – diventi Sindone vivente e segno visibile di Gesù in questo nostro tempo. Vangelo è Parola scritta, vita da cristiano è Parola vissuta. Chiediamo una fede sempre più profonda e una speranza sempre più grande per offrirla al mondo. Ci sia d’aiuto in questo la Madre di Cristo, della Chiesa e nostra». Prima della benedizione finale monsignor Giovanni Paolo Benotto ringrazia i pellegrini, che davvero rappresentano tutta la nostra diocesi, per la grande partecipazione.Le centinaia di cappellini gialli riprendono la marcia, dividendosi in due gruppi: uno pranza nel refettorio, l’altro in un ristorante. A tavola si fa amicizia: ci sono famiglie con bambini, giovani, coppie, singoli, numerosi gli anziani. Si commentano le intense emozioni vissute, s’intrecciano i ricordi di quanti hanno partecipato a precedenti ostensioni, e ci scappa pure il tempo per qualche risata.Ma la giornata non è finita: i «cappellini gialli» suddivisi in gruppetti di 25, e a ciascuno è assegnata una guida turistica, assaporano in un paio d’ore un assaggio del centro storico di Torino. La visita alla cittàCittà bella e monumentale, con le sue piazze metafisiche che hanno ispirato De Chirico, le bellissime chiese e musei, i suoi numerosi santi «sociali» (Giovanni Bosco e Giuseppe Benedetto Cottolengo, solo per citarne due cui Pisa è legata), le vestigia reali intatte, carica di storia (prima capitale d’Italia, con Parlamento a palazzo Carignano, di fronte all’antico ristorante Del Cambio dove pranzava Cavour; e grandi festeggiamenti si preparano per il marzo 2011 nella ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità). Da palazzo Reale a palazzo Madama, attraversando piazza Castello, spingendosi lungo i portici di via Roma, l’arteria centrale lunga un chilometro, che sbocca alla stazione di Porta Nuova.Con la punta della Mole Antonelliana che s’intravede sullo sfondo, mentre si torna verso i Giardini Reali per ritrovare gli autobus. Si riparte intorno alle 17. Il ritorno a Pisa Durante il viaggio del rientro, una breve sosta in autogrill, un momento di preghiera comune a bordo mentre il sole tramonta, un applauso all’agenzia Millennium per l’ottima organizzazione. Tutti stanchi ma sereni, con la voglia di raccontare l’indomani ad amici e parenti questo bel pellegrinaggio. Al cronista, pellegrino anch’esso, seduto nell’ultima fila del bus numero 7, viene in mente il beato piemontese Sebastiano Valfrè, grande devoto della Santa Sindone, che diceva: «La Sindone è un segno di Gesù paragonabile alla croce, ma con questa particolarità: la croce ha accolto Gesù vivo e ce l’ha restituito morto, la Sindone invece lo ha accolto morto e ce l’ha restituito vivo».