Pisa

SUORE COTTOLENGHINE NEL MONDO

di Andrea Bernardini

Sarà suor Elda Pezzuto, vicemadre generale delle suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo a ritirare – venerdì pomeriggio a Palazzo Gambacorti dall’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto – il decimo premio «Santa Bona», intitolato alla santa pisana, dal 1962 patrona delle accompagnatrici di viaggio pisane.Il premio suona come riconoscimento ai cento e più anni di servizio prestato dalle suore cottolenghine agli anziani ed ai malati della nostra città: prima in ospedale, poi nella casa di via Mazzini.Sono quasi duemila, nel mondo, le suore cottolenghine. Alla loro guida, dall’8 novembre del 2003, è madre Giovanna Massè, originaria di Cuorgné (Torino), dove è nata il 1 agosto del 1946. È a Torino, nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, dove ha sede la casa generalizia, che l’abbiamo trovata.Suor Giovanna, come nasce la Congregazione?«La storia della congregazione delle suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo ha origine nel gennaio del 1834, con la professione religiosa del primo gruppo di giovani, che spinte da una particolare vocazione e affascinate dall’ideale di vita proposto dal canonico Cottolengo, si sono consacrate totalmente a Dio per il servizio ai fratelli più bisognosi».Com’è strutturata?«Siamo una congregazione religiosa di diritto pontificio, distinta in due famiglie: le suore di vita contemplativa e quelle di vita apostolica. La nostra congregazione è parte costitutiva della Piccola casa della Divina Provvidenza con la congregazione dei fratelli e dei sacerdoti cottolenghini».Quante sono le suore cottolenghine?«Le suore della famiglia di vita apostolica sono 1722, quelle di vita contemplativa sono 129. Le suore sono per la maggior parte italiane, ma sono in aumento quelle provenienti dai luoghi in cui operiamo. La Divina Provvidenza continua a farci dono di nuove vocazioni, anche se, in Italia, in numero ridotto rispetto al passato. Preghiamo, perché il Signore chiami ancora oggi molte giovani al gioioso servizio Suo e dei fratelli più poveri. Una vocazione stupenda e quanto mai preziosa!».Qual è il vostro peculiare carisma?«San Giuseppe Benedetto Cottolengo pose la Divina Provvidenza alla base della sua opera e volle per essa il motto “Caritas Christi urget nos!”. Fedeli al suo carisma, cerchiamo di vivere con fede e con grande fiducia in Dio nella continua ricerca della sua volontà, e testimoniare al mondo l’Amore di Dio Padre buono e provvidente, mediante la lode, la preghiera continua, il servizio di carità ai fratelli che sono nel bisogno, attente alle esigenze dei tempi e prediligendo coloro che sono soli e non hanno nessuno che si prende cura di loro».Di che cosa si occupano, nel mondo, le suore cottolenghine?«In un mondo sempre più marcato da una cultura materialistica, edonistica e da una concezione della libertà senza relazione con la verità e con la norma morale, la Suora cottolenghina impegna sempre più la sua testimonianza di donna consacrata, madre e sorella dei poveri, per la difesa della vita, soprattutto dove si presenta più minacciata. In tutti i Paesi in cui operano, nei vari centri di ascolto, nei dispensari, nei clincs e nelle maternity, il servizio fatto dalle suore per la formazione e la cura delle mamme e dei loro piccoli, per incrementare la campagna di prevenzione e cura contro Hiv-Aids o altre malattie veneree, per incrementare lo sviluppo igienico, sanitario ed educativo, è risultato una risposta positiva alle sfide attuali.L’infanzia disagiata, malnutrita e abusata è un’altra sfida che le sorelle hanno affrontato in modo positivo, in ogni continente, attraverso un’azione educativa ed assistenziale nelle scuole materne, speciali, nei centri riabilitativi diurni e residenziali, nelle comunità per minori. Molte di queste iniziative sono state aiutate da donazioni e sostegno a distanza.Un rinnovato impegno per la vita anima le nostre sorelle a prendersi cura delle persone più fragili nelle case di assistenza, nei centri per malati terminali e negli ospedali. Con l’assistenza infermieristica e pastorale si cerca di accompagnare il malato e i famigliari ad accogliere in modo positivo la sofferenza ed eventualmente a vivere dignitosamente la morte».Le suore cottolenghine della famiglia di vita apostolica sono presenti in 186 realtà in Europa, Africa, Asia, America del nord e America del sud. Quelle di vita contemplativa abitano invece in sei monasteri: 5 in Italia e uno a Tuuru in Kenya. «La Famiglia di vita contemplativa, a fianco della Famiglia di vita apostolica – riprende suor Giovanna Massé – nell’unica Congregazione Suore di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, è animata dalla carità di Cristo, protesa nella fede alla lode della Provvidenza del Padre e aperta nella speranza ai segni dello Spirito. In una vita integralmente dedita alla preghiera e all’adorazione, vive e comunica l’amore di Cristo e mantiene viva la dimensione contemplativa nella congregazione, nella Piccola Casa e nella Chiesa.I poveri, gli esclusi e ogni forma di miseria, hanno rappresentato lungo i decenni il perno di carità su cui sono converse le attenzioni dei cottolenghini e quindi delle Suore. Ai monasteri è affidato il compito di sostenere con la laus perennis, con la preghiera incessante giorno e notte, il sacrificio delle vite offerte a Dio nella cura e nell’assistenza dei fratelli più bisognosi». Suore presenti da più di un secolo anche a Pisa.«Il 13 gennaio 1906 ha inizio a Pisa la nostra presenza presso gli “Spedali Riuniti”. Il nostro servizio si è successivamente esteso ad altre realtà sanitarie ed assistenziali del territorio. Il 31 agosto 1988 le suore lasciano l’Ospedale di Pisa. La Casa “Cottolengo” inizia ufficialmente il 17 gennaio 1923 per accogliere persone sole, povere, disabili ed anziane bisognose di assistenza. Al servizio amoroso delle sorelle nella cura e assistenza delle persone in difficoltà, ha sempre fatto riscontro la benevolenza della cittadinanza, delle istituzioni, dei tanti benefattori che in vari modi hanno sostenuto l’operato delle suore, e dei collaboratori laici del nostro servizio.Esprimo a tutti loro la mia profonda gratitudine con il cottolenghino “Deo gratias!” e auspico che questa cordiale collaborazione continui nel tempo e si approfondisca la partecipazione dei laici al nostro carisma e alla “mission” cottolenghina».