Pisa

L’OMELIA DEL CARDINALE BAGNASCO: «IL BEATO TONIOLO: UN CATTOLICO MISTICO ED ATTIVO»

«Cari Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, Autorità, Cari Fratelli e Sorelle nel Signore

È una vera grazia ritrovarci attorno all’altare per ingraziare Dio per il dono del beato Giuseppe Toniolo. Pisa fu la sua seconda città: qui visse per quarantasei anni, fino alla morte nel 1918. Mentre ringraziamo il Signore che arricchisce di santità la Chiesa, e di riflesso il mondo, rivolgiamo il nostro pensiero affettuoso e grato al Santo Padre Benedetto XVI che ce lo ha donato come esempio di santità vissuta nella vita laicale. Saluto e ringrazio il Pastore di questa veneranda Chiesa, S.E. Mons. Giovanni Paolo Benotto, per il fraterno invito che mi permette di condividere tanta gioia.  A titolo particolare, gioisce l’Azione Cattolica di cui il nuovo Beato fu presidente. Nei nostri cuori risuonano vive le parole del Santo Padre Benedetto XVI: “fu sposo e padre di sette figli, professore universitario ed educatore dei giovani, economista e sociologo, appassionato servitore della comunione nella Chiesa. Attuò gli insegnamenti dell’Enciclica Rerum novarum del Papa Leone XIII; promosse l’Azione Cattolica, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, le Settimane Sociali dei cattolici italiani e un Istituto di diritto internazionale della pace. Il suo messaggio è di grande attualità, specialmente in questo tempo: il Beato Toniolo indica la via del primato della persona umana e della solidarietà” (Regina coeli, 29.4.2012).

1.          Gli anni nei quali visse – dal 1845 al 1918 – segnarono un’epoca carica di eventi storici e culturali, di grandi cambiamenti per l’Italia e per la Chiesa. Il Toniolo partecipò attivamente a questa fase dove bisognava discernere il mutamento e individuare il futuro. Così pose la sua intelligenza, i talenti di natura e di grazia, il suo lavoro, a servizio di quell’ ora che la Provvidenza gli aveva assegnato. E lo fece con lucida consapevolezza delle trasformazioni e delle tensioni che si incrociavano, e non di rado si scontravano, negli animi e nei programmi. Il Toniolo non si ritirò mai nonostante l’iniziale richiamo ad una vita di consacrazione, che capirà presto non essere la sua strada ma – semmai – la messa a fuoco del suo modo d’ essere nel mondo. E così sarà: a ragione possiamo dire che il Toniolo fu un contemplativo nel mondo, un cattolico mistico e attivo. Mistico in virtù di uno sguardo soprannaturale sulle vicende umane, e attivo perché  sapeva di non potersi chiamar fuori dalla mischia, ma di doverci stare con lo sguardo attento a Cristo e alla Chiesa; non per portarvi polemica ma per conciliare, e  proporre con coraggio il primato dell’ uomo, la visione di una società intessuta dei valori universali del cristianesimo. Della necessità della Chiesa per il bene della società intera era pienamente convinto, e l’affermava coraggiosamente ovunque, in privato e in pubblico. Non era, la sua, una concezione confessionale delle cose, ma rispondeva alla verità delle cose stesse: in Gesù tutto si salva e si compie di ciò che è buono, nobile e grande. Per questo non pativa di complessi di inferiorità neppure quando, in ambito accademico, fu isolato dalla mentalità laicista che, in nome della libertà, già allora discriminava senza ritegno. E neppure era un cattolico timido o pauroso del giudizio altrui, di essere ritenuto poco aggiornato: egli parlava in forza della sua fede convinta e vissuta, e in forza delle sue competenze scientifiche. La sua attualità emerge oggi in modo particolare nel campo dell’economia e non solo: la necessità dell’etica nelle leggi dell’economia, infatti – vera bestemmia per la mentalità positivista del tempo che mirava a scardinare i principi del cattolicesimo – è oggi riconosciuta e invocata da tutti.   Anche per questo, cari Amici, riconosciamo nel Toniolo un’ attualità sorprendente, ma dobbiamo conoscerlo, studiarlo con attenzione, personalmente e insieme, come raccomandava l’allora Mons. Giovanni Battista Montini ai suoi universitari.

2.          Il Vangelo odierno ci offre una chiave di lettura, meglio dire il segreto della vita cristiana e dell’impegno culturale e sociale del nuovo Beato. Grazie all’immagine della vite e dei tralci, Gesù giunge alla conclusione: “senza di me non potete far nulla”. La sorgente del Toniolo sta qui, in questo “nulla”: il  nulla di sé, infatti, fa spazio al tutto di Dio e diventa così la forza del discepolo. Ma quanto è difficile fare spazio a Dio, alla forza della grazia, dovendo riconoscere il nulla delle nostre povertà e delle nostre forze! Per meglio comprendere, possiamo pensare alla moltiplicazione dei pani e dei pesci: Gesù compie il miracolo e sfama un’immensa folla, ma chiede il poco o nulla che i discepoli hanno. Si vuole servire di quel poco non perché ne abbia bisogno, ma perché associa l’uomo alla sua opera di salvezza per la moltitudine. E questo è grazia! Il Toniolo ne era consapevole e ne fece regola di vita. Il senso della sua pochezza lo spingeva ad aprire l’anima al Signore, diventava invocazione, e così riceveva luce e forza dall’Alto: “Confesso, mio Dio, prostrato davanti a voi,  che siete colui che è, mentre io sono colui che non è, d’essere propriamente nulla”. Forse queste dichiarazioni suonano un po’ lontane rispetto all’ orgoglio e alla vanità del nostro tempo, al narcisismo ovunque diffuso. Ma sono così benefiche! Non ci schiacciano, ma ci conducono alla verità di noi stessi: un nulla e una pochezza che, avvinghiati alla Vite della misericordia e della grazia, diventano capaci di intrepida testimonianza, di ardente amore e di grata obbedienza alla Chiesa. Diventiamo liberi di essere ciò che siamo e di dire ciò che crediamo ovunque e sempre. In tutto questo il Toniolo fu un campione, e la Chiesa oggi lo indica alla nostra attenzione scevra da precomprensioni. Non si può vivere strisciando lungo i muri del mondo; è un dovere camminare diritti, a testa alta, senza arroganza certo ma con l’umile consapevolezza di avere ricevuto un dono immenso – la fede – e di dover servire gli uomini nella verità e nell’amore. Nel grembo del Vangelo, infatti, letto sulle ginocchia della Chiesa come amava dire Sant’Agostino, troviamo anche quel patrimonio di umanesimo universale a cui il mondo intero anela ma che, anche oggi, pericolosamente spesso smarrisce.            Proprio perché si riconosceva un modesto tralcio, il Toniolo stava abbarbicato alla vite con la stretta della preghiera e dell’Eucaristia: “Voglio farmi santo” annotava nel suo diario spirituale, e lo diceva con candore fino a scrivere: “noi credenti sentiamo, nel fondo dell’anima, che chi definitivamente recherà a salvamento la società presente, non sarà un diplomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi”. La preghiera e l’Eucaristia lo portavano a penetrare sempre di più nel cuore della santità cristiana, dentro al denominatore comune che attraversa ogni vocazione e stato di vita: fare la volontà di Dio: “Fate il mio cuore simile al vostro, affinché in grazia dell’umiltà sincera, profonda, costante… io meriti la grazia preziosa di conoscere e adempiere la vostra adorabile volontà, di correre lietamente nella via dei vostri comandamenti, in una parola di amarvi”.               Cari Amici, la sua figura s’ incrocia provvidenzialmente con il decennio che la Chiesa in Italia ha dedicato all’educazione: egli, educatore di giovani, preghi per noi, e noi tutti guardiamo anche a lui per ispirare propositi e azioni , facendo nostra la sua decisione: diventare santi, uniti come i tralci alla vite che è Cristo nel grembo materno della Chiesa. Egli ci testimonia come nessuna situazione, nessuna epoca è incompatibile con la santità. Basta restare stretti  a Gesù a qualunque costo, ed essere figli affettuosi e fedeli alla sua Chiesa».                                                                                                  Angelo Card. Bagnasco                                                                                       Arcivescovo Metropolita di Genova                                                                               Presidente della Conferenza Episcopale Italiana LA LEZIONE DEL NONNO BEATOMolti pronipoti del professor Giuseppe Toniolo domenica in Cattedrale alla celebrazione di ringraziamento per la beatificazione di Graziella Teta«Giuseppe Toniolo! Chi era costui?». Il parafrasato interrogativo di manzoniana memoria se lo saranno posto non pochi fedeli di ogni dove che domenica mattina 29 aprile dell’anno Domini 2012, guardando la diretta televisiva su Rai 1 dalla basilica papale di San Paolo fuori le mura, hanno scoperto che «costui» era un nuovo beato. Se poi gli spettatori sono rimasti a guardare la trasmissione tv fin oltre le ore 12, hanno scoperto qualcosa in più di lui grazie al Pontefice Benedetto XVI, in collegamento da piazza San Pietro, che ne ha ricordato la figura erga omnes. Così gli spettatori hanno saputo che la Chiesa ha elevato agli onori degli altari un laico, marito, padre, studioso, professore universitario. Un uomo normale, ma «santo» per fede e opere, protagonista del cattolicesimo italiano tra Ottocento e Novecento.Da quella domenica, dunque, complice il potente mezzo televisivo, il nome del nuovo beato è ormai noto ai fedeli più «fedeli» degli eventi ecclesiastici. Ma ciò certo non garantisce che essi sappiano «davvero» chi era Giuseppe Toniolo (la versione online dell’Enciclomedia Treccani, già aggiornata, lo definisce: beato, economista e sociologo italiano). Comunque, il fiorire di articoli sui giornali, servizi televisivi e iniziative editoriali, che ha preceduto e seguito la beatificazione, offre modo a tutti di approfondirne la conoscenza.I pisani sono più fortunati: seconda patria di Giuseppe Toniolo, la città della torre pendente è disseminata di testimonianze del beato che qui ha vissuto e operato per quasi 40 anni. C’è la fondazione Opera Giuseppe Toniolo che da decenni ne promuove studi e conoscenza, e che ha pure restituito a Pisa la casa di famiglia del beato, diventata museo dove apprendere chi era, come viveva e che cosa faceva. A lui sono intitolati, per esempio, la piazzetta sui cui si affaccia la domus, il pensionato studentesco («vicino di casa» del seminario arcivescovile), l’auditorium in piazza dell’Arcivescovado. Targhe, busti ed effigi sono disseminate anche tra il chiostro della facoltà di giurisprudenza dell’Università dove insegnava e la chiesa di San Martino in Kinzica dove pregava. Vie e scuole, in provincia di Pisa, sono intitolate al sociologo ed economista cattolico.Eppure, nonostante tutto questo, qualcuno – che pure è accorso a gremire la cattedrale di Pisa, domenica 6 maggio, per partecipare alla solenne celebrazione di ringraziamento in onore del beato «pisano» Giuseppe Toniolo – ha avuto il candore di rispondere al cronista: «No, prima di oggi non sapevo chi fosse». Il cronista non è riuscito a celare una nota di perplessità, colta dall’interlocutore che allora, mentre stava in fila con tanti altri, in attesa di sfiorare il reliquiario posto accanto all’altare, rileggeva con vago senso di colpa il profilo che compariva all’inizio del libretto liturgico (forse temendo ulteriori interrogazioni), e sfogliava pure il bel pieghevole a colori ricco di immagini, realizzato dall’arcidiocesi di Pisa in occasione della beatificazione, e reso disponibile in cattedrale. Insomma, dal 6 maggio, anche quei (pochi) inconsapevoli fedeli ora sanno «chi era costui». Ed ora tutti hanno un nuovo beato da pregare e a cui rivolgersi per un’intercessione, un testimone di una fede profonda vissuta in ogni ambito della vita, uno studioso che ha lasciato dense opere cui ispirarsi nelle temperie economiche attuali, uno sposo e padre esemplare, niente affatto «ottocentesco» nella cura amorevole di consorte e figlioli.I suoi eredi hanno ricevuto in dote, trasmessa per tradizione di famiglia, da generazione a generazione, la conoscenza della figura e delle opere dell’avo oggi beato. Lo conferma uno dei pronipoti, Gianni Toniolo, raggiunto al telefono alla vigilia della celebrazione pisana. È colui che ne ha raccolto il testimone, proseguendo sulla strada dell’antenato: infatti, Gianni Toniolo è un noto studioso, professore universitario di economia, storia e politica economica, ha insegnato tra Italia e Stati Uniti. Abita a Roma, dove è docente di storia economica alla Luiss; co-direttore della Rivista di Storia Economica fondata da Luigi Einaudi, collabora con il quotidiano economico Il Sole 24 Ore. Due suoi cugini erano presenti, tra gli altri parenti, alla celebrazione nella cattedrale di Pisa: Antonio (professore universitario di microbiologia a Varese) e Guido (nato a Pisa, dove ha vissuto e dove si è laureato, da tempo vive a Milano, di professione informatico). Sono figli di Silvia Majorana, 93 anni, «decana» della famiglia Toniolo, vedova di Giuseppe (omonimo e nipote del beato, figlio di Antonio che era il primogenito dell’antenato), radiologo, già presidente dell’Opera del Duomo a Pisa. Qui ha vissuto per molti anni la signora Silvia prima di ritirarsi a Milano, dopo la scomparsa del marito. Al telefono, confida al cronista: «Per l’età avanzata non mi è stato possibile partecipare alle celebrazioni pisane. Per me è già stata un’emozione molto forte andare a Roma per la beatificazione. La notte prima non ho chiuso occhio. Una bellissima cerimonia: sia per la grande partecipazione dei fedeli, sia per la vicinanza dei parenti, alcuni dei quali non vedevo da tempo. Conservo un ricordo perenne di quella grande riunione di famiglia (eravamo una cinquantina)». Poi saluta perché, e lo dice con tono di apprezzamento, vuole continuare leggere le cronache della beatificazione romana pubblicate su Toscana Oggi/Vita Nova (che riceve «con piacere» ogni settimana al domicilio milanese).Un altro parente, Paolo Cella, 87 anni di Milano (sua madre era la sorella di una delle figlie del beato) era presente domenica scorsa in Duomo a Pisa. Commenta a fine celebrazione: «Oltre all’aspetto religioso, mi ha colpito la perfetta regia e l’organizzazione dell’evento. Per me è stata più bella la cerimonia pisana». Sarà perché a Pisa è ancora legato: «Qui ho vissuto, mi sono laureato, poi ho studiato e lavorato negli Stati Uniti». Già presidente di una multinazionale americana, Paolo Cella torna volentieri nella nostra città: «Qui ho ancora casa – aggiunge – ogni tanto vengo a controllare che non ci piova dentro». Della cura della casa-museo del suo avo invece non deve preoccuparsi: ci pensa la fondazione Opera Giuseppe Toniolo. TANTE IDEE PER VALORIZZARE LA DOMUS TONIOLOAndrea Maestrelli, da un anno e mezzo presidente della fondazione Opera Giuseppe Toniolo di Pisa (di cui è direttore don Enrico Giovacchini), ha partecipato sia alla beatificazione di Giuseppe Toniolo del 29 aprile nella basilica romana di San Paolo fuori le mura, sia alla solenne liturgia di ringraziamento di domenica scorsa nella cattedrale di Pisa. «Ho vissuto, in entrambi i casi, grandi emozioni – commenta. Mi ha colpito la grande partecipazione dei fedeli. Sono eventi che offrono nuovo slancio a chi, come me ed altri, sono impegnati nel valorizzare la figura e l’opera del nuovo beato». Progetti futuri? «Abbiamo allo studio diverse iniziative. Vogliamo approfondire il tema della centralità dell’uomo nella società, al di sopra degli interessi nazionali e particolari. E quello del lavoro, nel quale si esprime la dignità e la realizzazione dell’uomo, oggi troppo spesso svilito e oggetto di speculazioni».Novità anche per la Domus Toniolo. «A giorni – spiega ancora Maestrelli – apporremo una targa all’esterno della casa-museo e, nell’atrio, alcuni pannelli permanenti che illustrano biografia e opere del beato. Vogliamo che quella casa sia un luogo accessibile a tutti, in particolare alle scuole. Stabiliremo presto gli orari di apertura, di concerto con la cooperativa Impegno e Futuro (che fa capo alla Pastorale sociale e del lavoro della diocesi) per la gestione delle visite. Recuperare e diffondere la conoscenza del pensiero e delle opere del beato Toniolo, è essenziale per rilanciare i temi forti dell’economia e dell’approccio al lavoro».Anche domenica scorsa, sin dalle otto del mattino, la casa-museo Toniolo era aperta al pubblico: don Giovacchini ha accolto, tra gli altri, un gruppo di studenti dell’Università Cattolica, guidandolo nella visita agli ambienti che testimoniano la vita «santa e operosa» del beato con la sua famiglia. E una quarantina di pellegrini di Pieve di Soligo, accompagnati dal loro parroco don Giuseppe Nadal e dal viceparroco don Luca Martorel. Visite guidate per le scuoleLa curia arcivescovile di Pisa e la fondazione Opera Giuseppe Toniolo invitano gli insegnanti delle scuole di Pisa e provincia a far conoscere ai propri alunni la figura di Giuseppe Toniolo, partecipando ai percorsi didattico-religiosi sulla figura del Beato. La cooperativa Impegno e Futuro ha messo a punto un programma di tre visite guidate (gratuite, fino ad esaurimento posti); la prima si è svolta lo scorso 9 maggio, le prossime sono in programma lunedì 28 maggio e martedì 19 giugno (per entrambe l’orario è: 9,30-12,30). Il percorso prevede quattro tappe: all’auditorium «Giuseppe Toniolo» in piazza dell’Arcivescovado, primo approccio con la figura del beato pisano. Da qui si proseguirà verso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa (dove insegnò Economia politica). Terza tappa alla chiesa di San Martino in Kinzica (frequentata da Toniolo), dove lo scorso sabato è stato inaugurato il nuovo busto del beato. Infine, visita alla casa dove ha vissuto con la sua famiglia, diventata museo: offre uno spaccato della vita privata quotidiana del Beato, rivelata attraverso foto, diari, arredi e oggetti personali.Per partecipare alle prossime due visite guidate gratuite gli insegnanti devono contattare la cooperativa Impegno e Futuro: telefono: 050-894088; e-mail: info@impegnoefuturo.it. Agli stessi recapiti possono rivolgersi per prenotare il «Percorso Toniolo» in orari e giorni diversi (con un piccolo contribuito di 4 euro ad alunno).Graziella Teta IL PREZIOSO SERVIZIO DEI VOLONTARILa solenne celebrazione di domenica scorsa in cattedrale ha richiesto un impegno «speciale» dal punto di vista organizzativo. A supportare lo staff dell’Opera primaziale pisana, c’era un gruppo di volontari che ha offerto un servizio utilissimo: accogliendo fedeli, autorità e ospiti e accompagnamento ai posti assegnati,  distribuendo i libretti liturgici e, a fine celebrazione, diffondendo il settimanale Toscana Oggi/Vita Nova (gradito omaggio dell’Opa ai partecipanti).Spiega il coordinatore Luigi Begliomini: «Il team è nato a Pisa nel 2007 in occasione degli eventi legati al centenario della fondazione delle “Settimane Sociali”. Allora il gruppo contava un centinaio di volontari. Trascorsa quell’importante iniziativa, negli anni il gruppo non si è mai disperso e, pur ridotto, si è consolidato. Oggi conta una “forza” stabile di una ventina di persone, di ogni età, dai 20 ai 65 anni. Si tratta di studenti, lavoratori, pensionati che prestano servizio, in totale gratuità, in occasione dei più importanti eventi diocesani». Discrezione e cortesia contraddistinguono i volontari, che non amano la ribalta: la loro attività è tanto utile quanto riservata. Ma infine hanno acconsentito alla foto di gruppo e alla meritata citazione, che valgono un «grazie» per il loro impegno. Ecco dunque alcuni di loro immortalati davanti all’effige del beato Giuseppe Toniolo, mentre altri erano ancora impegnati a «dirigere il traffico» dei fedeli in uscita dal Duomo al termine della celebrazione.Tra coloro che hanno prestato servizio domenica scorsa c’erano: Pietro Alfaruoli, Ivan Ascari, Luigi Begliomini, Danilo Corti, Maria Benedetta Curi, Andrea Ferrato, Sauro Gaddi, Roberto Gasperini, Carla Ghelardi, Elio Mainardi, Francesco Mearelli, Filippo Montana, Claudio Novi, Paolo Rametta, Francesca Spizzirri e Antonino Urso.G.T