di Valerio Mauro* Nel giro di una settimana, sorella morte ha visitato due volte la comunità di Pontedera dei Frati Minori Cappuccini. Padre Pergentino Maggini e padre Timoteo Rossi sono stati chiamati alla casa del Padre, lasciando dietro di sé una commozione profonda in coloro che ne avevano conosciuto la testimonianza di vita cappuccina. Padre Pergentino era nato a Livorno nel 1921, ricevendo l’abito francescano nel 1938. L’anno seguente fece la professione religiosa e nel 1945 fu ordinato sacerdote. Pergentino ha trascorso la sua vita religiosa in vari conventi della Toscana, a fianco dei poveri e degli emarginati sociali. Le tappe più lunghe e significative del suo ministero sono state le ultime: prima nella parrocchia della «santissima Trinità» in Livorno, poi nel convento di Pistoia, cappellano del carcere cittadino e dei nomadi della diocesi. Infine, è stato una presenza costante nel convento di Pontedera (dove è stato 26 anni, ndr) sempre disponibile ad ascoltare le confessioni e nel prestare la sua maestria musicale animando le celebrazioni liturgiche. La sua innata arguzia era accompagnata da un sorriso quasi birichino, che nemmeno la lunga malattia è riuscita a smorzare. Ovunque sia stato, padre Pergentino ha mostrato quella «perfetta letizia» che contraddistingue una vocazione francescana. Ha chiuso gli occhi nel convento di Firenze, dove si trovava per rimettersi da un’operazione chirugica. Anche per padre Timoteo, nato ad Arezzo nel 1940, religioso a vent’anni e sacerdote a 28, la vita è stata segnata da una speciale prossimità verso i piccoli del Vangelo, secondo la tradizione cappuccina. Giovane sacerdote, partì per la Tanzania, dove ha trascorso più di dieci anni, servendo nelle stazioni missionarie più povere ed emarginate. Un male insidioso lo colpì nello spirito e costrinse i superiori di allora a richiamarlo in Toscana, dove ha esercitato il suo ministero negli ospedali e nelle piccole parrocchie di campagna. La sua presenza colpiva per un comportamento umile, in una povertà materiale veramente singolare. Il suo animo era capace di esprimersi nella pittura e nella composizione musicale, con risultati che hanno riscosso apprezzamenti ovunque. Alla fine, la malattia, con le sue angosce tipiche, ha avuto il sopravvento del suo spirito, spezzandone l’equilibrio interiore. Al funerale, la chiesetta del convento di Peccioli era colma di persone commosse, che provenivano da tutti i luoghi dove padre Timoteo si era fatto conoscere e apprezzare. Questi due frati sono stati preceduti, nei mesi indietro, da molti altri, che hanno lasciato un segno della presenza di Francesco d’Assisi in mezzo all’umanità; sono molti di meno coloro che li hanno potuto sostituire. Per questo il Capitolo Provinciale dei Cappuccini toscani ha dovuto prendere la decisione di ridurre le presenze nella regione. Anche il convento di san Giusto in Pisa ha subito le conseguenze di una decisione, ormai non più rinviabile. I frati rimarranno a celebrare nella chiesa, in collaborazione con il parroco di san Giusto e san Cosma e Damiano: la loro presenza non potrà essere più stabile come quella di una volta, ma non cesserà del tutto e questo vuole essere un segno di speranza per il futuro.*vicario provinciale dei Frati Minori Cappuccini