Massa Carrara - Pontremoli

GIOVANI IN CAMMINO COME SAN FRANCESCO

DI RENATO BRUSCHI

Fidarsi della Provvidenza. Si fa presto a dirlo, ma vivere solo di carità sembra impossibile. Eppure trenta giovani della diocesi, bandana in testa e zaino in spalle, hanno vissuto per quattro giorni come san Francesco.

Organizzata da alcuni religiosi dei Missionari di Maria, con alla testa padre Simone Desideri, hanno percorso decine e decine di chilometri a piedi lungo la Maremma, chiedendo ospitalità. Proprio come i fraticelli di Assisi.

Ed ogni incontro si è trasformato in un’occasione per annunciare il Regno di Dio, con serenità e gioia. Partiti dalle vicinanze di Cortona hanno fatto rotta verso il lago Trasimeno ed hanno concluso il loro viaggio proprio ad Assisi.

«Un’avventura irripetibile, – ha detto Chiara – era come se qualcuno ci conducesse per mano, facendoci sempre incontrare le persone giuste al momento giusto».

«Durante questi giorni abbiamo sperimentato la provvidenza di Dio – ha commentato padre Simone – Lungo il viaggio infatti sono successe cose straordinarie, che hanno quasi dell’incredibile.

Puoi raccontarcene qualcuna…?

Il primo giorno ad esempio dopo un’ora di cammino lungo l’assolata via Ossaia, veniamo presi dallo sconforto e dalla fame. Proprio dove si svolse la famosa battaglia tra Annibale e i Romani ci siamo fermati ed abbiamo pregato. Abbiamo chiesto la forza per non pensare a noi stessi in quel momento ma al Regno di Dio e alla gioia dell’incontro fatto con Lui i giorni precedenti per proclamarlo agli altri… certi che l’operaio ha diritto alla sua mercede. Poi siamo andati a due a due, come gli apostoli, ad annunciare il proprio incontro personale con Gesù senza chiedere direttamente cibo e bevande nelle case. Molti non ci hanno risposto! Ma ci sono stati anche tanti incontri toccanti e alla fine abbiamo anche trovato bibite, frutta, pane, tonno. Addirittura un invito a mangiare in un agriturismo, nel giardino di una casa lì vicino… Insomma alla fine ci siamo ritrovati a celebrare l’Eucarestia in una casa insieme a persone del posto che ci guardavano con occhi abbacinati.

E per dormire, come vi siete organizzati?

La prima cosa è stata di chiedere ospitalità presso qualche parrocchia. E devo dire la generosità è sempre stata grande. Non ci hanno mai rifiutato. Solo una sera, sul lago Trasimeno siamo stati messi alla prova sperimentando la perfetta letizia francescana: un Signore che aveva detto di conoscere un albergatore si è defilato nel nulla, l’albergatore stesso prima ci ha offerto un posto squallido e poi ha fatto finta di non conoscerci..in più è anche cominciato a piovere!

E come ve la siete cavata?

Anche in quell’occasione non è mancata la generosità di Dio. In un paese lì vicino, Tuoro, si teneva una sagra, ma causa della pioggia, avevano avuto molte defezioni. Quindi non solo abbiamo trovato tanto cibo, ma anche alcuni locali della parrocchia provvisti di doccia!

Le persone che avete incontrato lungo il cammino come hanno reagito alle vostre proposte ?

Qualcuno ci ha scambiato per turisti «on the road», altri però hanno capito il senso del nostro viaggio e hanno voluto condividere con noi un pezzetto di questa esperienza. Del resto siamo andati per evangelizzare prima di tutto noi stessi, scoprendo come Dio ha sempre un’attenzione, una delicatezza particolare per coloro che vogliono vivere di Lui.

Avete avuto dei momenti di crisi…, o qualche ripensamento?

Una frase di San Paolo ci ha accompagnato per tutto il viaggio «quando siamo deboli è allora che siamo forti». Ogni volta che ci prendeva lo sconforto o la paura di non farcela, ci siamo messi a pregare, confidando solo nell’aiuto di Dio e tutto allora è diventato come parte di un grande progetto, come una tessera di un mosaico che si andava costruendo davanti ai nostri occhi. La difficoltà era data anche dal fatto che nel bisogno viene fuori il vero carattere di ognuno, i propri egoismi, le proprie abitudini… abbiamo dovuto imparare a condividere anche questi oltre che il cibo!

Qual è stato il momento più bello?

L’ultimo giorno ad Assisi. Lì abbiamo respirato un’aria diversa. Ogni stradina ci parlava di Francesco, della sua povertà, della sconfinata fiducia nell’amore di Dio. Ci siamo inginocchiati davanti alla tomba del Santo sentendoci più vicini a lui. Qualcuno a nome del gruppo ha lasciato la bandana, come ricordo del viaggio. Con una parte dei soldi raccolti durante il cammino abbiamo fatto celebrare tre Messe: una per il gruppo, una per le molte persone che ci hanno chiesto preghiere e una per le nostre famiglie e amici.

Un’esperienza dunque da ripetere?

Senza dubbio. L’esperienze che corroborano lo spirito fanno crescere nella fede e da una fede matura possono derivare grandi progetti. Credo che scoprire la paternità di Dio, la sua tenerezza proprio attraverso un’esperienza di questo genere possa avere delle ricadute positive per la vita della Chiesa locale. Soprattutto in questo tempo di Sinodo.