Lucca

BARTOLETTI: La linea? Fiducia nei tempi nuovi e nella Chiesa

Mons. Enrico Bartoletti (1916-1976) fu uno dei vescovi toscani che partecipò al Concilio Vaticano II. Era giunto da Firenze a Lucca nel settembre del 1958 nominato ausiliare dell’arcivescovo Antonio Torrini. Insieme parteciparono alla prima sessione conciliare che si aprì l’11 ottobre 1962. L’ausiliare, nel suo Diario, racconta la partenza da Lucca e l’apertura dell’assise conciliare. La vivezza della sua descrizione rende partecipe il lettore di quell’evento anche a distanza di sessant’anni.

Descrive così la vigilia di quel giorno:«Mercoledì 10 ottobre 1962. Si parte da Lucca in auto alle 7,30 [arcivescovo e ausiliare]. Portiamo con noi il carico delle nostre responsabilità; le preghiere e la voce dell’intera archidiocesi. In tre manifestazioni – domenica, in S. Martino; martedì coi sacerdoti; in S. Agostino con le suore – l’animo dei sacerdoti e dei fedeli si è rivelato pronto e aperto al grande avvenimento della Chiesa intera. I sacerdoti hanno manifestato anche i loro voti: che la Chiesa sia Madre e non burocrate; che il Vescovo sia padre e pastore; che la Parrocchia riabbia il suo posto vitale; che i sacerdoti siano meglio distribuiti e utilizzati; che la liturgia diventi la vita ecclesiale di tutto il popolo. Erano presenti quasi tutti! Anche i più anziani: e tutti con un animo pieno di speranza e di fiducia. Ho cercato di rispondere; e ho affidato a loro, a nome dell’Arcivescovo, l’intera diocesi. Alle Suore, numerosissime e devote, ho ricordato che il Concilio è un fatto di Chiesa, di tutta la Chiesa, per tutta la Chiesa. Perciò richiede orazione e vita spirituale, essendo un atto di contemplazione e di grazia; richiede un corale esame di coscienza; una grande disponibilità alla voce dello Spirito Santo». Confortati da questi incontri Torrini e Bartoletti partirono la mattina presto, arrivarono alle 13 a Roma; nel pomeriggio si recarono alla segreteria del Concilio: «È un brulichio di vescovi. Un lieto fervore di vigilia». Già in queste osservazioni si coglie il sentire profondo di Bartoletti. Il Concilio è atto di tutta la Chiesa, di tutto il popolo di Dio; è disponibilità all’azione dello Spirito che domanda apertura contemplante del cuore e capacità di intravedere nuovi sentieri per l’annuncio del Vangelo nell’oggi. È consapevole di partecipare ad un evento unico e irrepetibile. L’entusiasmo del giovane ausiliare di Lucca (aveva 46 anni) si coglie nella sua descrizione della giornata di apertura: «Giovedì, 11 ottobre 1962. Maternità di Maria. Solenne apertura del Concilio. Alle 8,30, dai Musei vaticani, Sala dei Lapidi, comincia la sfilata dei vescovi. Entriamo in S. Pietro: ecco la Chiesa! Veramente questa è un’epifania del Mistero Ecclesiale. Tutto si svolge, davvero, come una grande liturgia. Il Mistero della Chiesa è operante, nel suo massimo di visibilità. Non vi è davvero nulla né di troppo esteriore o profano. I tempi moderni hanno fatto piazza pulita di tutto il barocchismo profano di cui si compiaceva il passato. È già un buon segno. La preghiera, ‘Eccoci, Signore, riuniti nel tuo nome’, sottolinea il senso religioso della nostra adunanza e ricorda ad ognuno il peso della propria responsabilità e della propria debolezza. La professione di fede fatta dal Papa da solo, dinanzi a tutta la Chiesa, è una cosa stupenda! È la fede il nostro vero vincolo: ed è nella fede che tutti serviamo la Santa Chiesa di Dio». Manifesta una entusiastica devozione e accoglienza per Giovanni XXIII: «Il Papa – che dono di Dio per la sua Santa Chiesa! – ha parlato con semplicità e chiarezza. Il suo ottimismo, la sua fiducia nei tempi nuovi, la sua fede nella Chiesa appaiono cosa tanto radicata nel suo animo, che ben difficilmente potranno essere soverchiati dalle voci del Concilio. Quella è la linea. O bene o male, verrà fuori sicuramente». Nel descrivere, poi, la fiaccolata della sera, scrive: «Bellissime le parole del Papa alla folla riunita in Piazza S. Pietro alla sera per la fiaccolata. ‘Paternità e fraternità sono ugualmente dono di Dio’. Quest’uomo parla alla gente come fossero davvero figli e fratelli, raccolti in casa sua. Qualunque siano i lavori e le conclusioni future, il Concilio ha già dato i suoi frutti. Ha imposto alla considerazione degli uomini il mistero della Chiesa nella sua vera luce. Circolano tante idee e corrono tanti interrogativi, che non possono non rompere l’indifferentismo e il laicismo generale. Dio sa parlare, quando vuole, agli uomini che l’attendono e lo cercano».

Bartoletti, durante le sessioni conciliari, ha raccolto in diverse Agende delle semplici osservazioni, quasi «appunti di viaggio» di un vescovo nella quotidiana vita dell’assemblea conciliare. Non hanno la pretesa di raccontare giudizi e convinzioni profonde. Qua e là compare un avverbio, un aggettivo, una esclamazione, che lasciano intravedere impressioni e pareri, ma niente più. Bartoletti vuole soprattutto ascoltare, comprendere, capire posizioni e dibattiti, che talvolta drammaticamente hanno attraversato l’aula. Per sua stessa confessione, ha vissuto il Concilio più da discepolo, che da protagonista. Una esperienza che ha lasciato in lui tracce profonde, ha saputo cogliere le istanze e le novità emerse dal Vaticano II. Istanze che cercherà di traghettare prima in Diocesi di Lucca e poi, come Segretario generale della Cei, nelle Chiese d’Italia