Lucca

Sgrò, il «cantautore domestico» si racconta e parla di come nascono le sue canzoni

Trentadue anni, una cascata di riccioli mori, una laurea triennale in filosofia e una magistrale in lettere moderne in tasca; Sgrò si affaccia sul mercato discografico con un album, dal titolo ancora top secret, che uscirà tra pochi giorni. 

Cercando il tuo nome su Google la prima informazione che salta fuori è che hai studiato musica per risolvere i tuoi problemi di comunicazione e hai passato molto tempo isolato in camera, stile hikikomori. È vero?«Non è esattamente così. Io scrivo canzoni da quando ho 13 anni e l’ho detto solo a 26. Neanche i miei amici più cari sapevano questa cosa. Quindi sono rimasto “chiuso in casa” in questo senso, a livello musicale».  È appena uscito il tuo singolo, Stai bene. Parla di depressione. Cosa ti ha spinto a scrivere di un tema così delicato?«La motivazione più forte che mi spinge a scrivere è il non capire qualcosa. Quando uno incontra lo stato depressivo, in sé stesso o in una persona cara, è difficile capire, bisogna non tanto trovare una soluzione ma girarci intorno. Per me scrivere canzoni è circumnavigare quello che vedo, non ho la presunzione di dare risposte, anzi, lo detesto». Come ti definiresti?«Un “cantautore domestico” è il modo giocoso in cui mi ha definito un amico perché avevo appunto “chiuso in casa” la mia musica. Scrivo solo quando ho un’urgenza, scrivo con lo stomaco, con la testa, con il cuore. Mi piace ascoltare le persone. Il mondo parla e io prendo appunti».  Quest’estate, quando non si potevano fare concerti, hai avuto la bella idea, del “Manchi solo Tour”… «Sono partito da Bologna per arrivare a Comacchio, poi dal nord della riviera adriatica fino a Peschici, in Puglia. Ho suonato in strada, prendendomi offese e complimenti, confrontandomi con le persone».  «In differita», il tuo pezzo uscito durante il lockdown, parla di una relazione giunta al capolinea. In «Le piante» dici «innaffio le piante che muoiono sempre», «Maledizione» già il titolo dice tutto. Ma per te sono davvero così impossibili i rapporti umani?«Sono difficili, forse impossibili, ma vanno coltivati. Come dice Ivano Fossati: “La costruzione di un amore non ripaga del dolore”».  Progetti? «Il 19 novembre uscirà finalmente il mio primo disco, prodotto da Andrea Ciacchini. Era pronto da prima del lockdown ma non volevo farlo uscire in un periodo così penoso».  Tornando indietro aspetteresti ancora l’età adulta per iniziare la tua carriera? «Non so che colpa dovevo espiare. È stato davvero un peccato aver cominciato tardi. Mi viene da dire al Francesco diciannovenne: “Perché non hai suonato prima?”. Il disco però ha la voce dei miei vent’anni. Si sente una persona quasi costretta a cantare. Mi sono perdonato, se sono stato zitto un motivo ci sarà stato. Non mi piango addosso, non cerco capri espiatori».