Lucca

Pianista e general manager di una scuola di musica ad Abu Dhabi

Qui oggi è General Manager presso l’International Music Institute, una delle prime scuole di musica fondate ad Abu Dhabi nel 1994 ed è rappresentante dell’Associated Board of the Royal Schools of Music negli Emirati Arabi.

Cosa ti ha spinto a non rimanere in Italia? «A convincermi è stato lo spirito di avventura e la prospettiva di fare nuove esperienze in una regione del mondo che da sempre mi aveva affascinato. Devo dire che gli ultimi quattro anni sono stati abbastanza frenetici. Se da un lato ho avuto la possibilità di confrontarmi con la comunità di espatriati che vivono qui, durante concerti svolti come pianista alla New York University di Abu Dhabi o per Bulgari e Expo a Dubai per esempio, dall’altro lato ho sempre cercato di conoscere la realtà locale dei cittadini degli Emirati Arabi, gli Emiratini».  Come ci sei riuscito?«Ho avuto l’occasione nel 2018 quando sono stato invitato come insegnante di pianoforte presso un’accademia di arte e musica appartenente al Governo locale di Fujairah, fondata e presieduta dallo Sceicco di Fujairah in persona. Proprio durante i miei tre anni qui ho avuto modo di avere un contatto ravvicinato con usi e costumi e ovviamente con la loro musica, insegnando, suonando e creando ponti fra la cultura araba e la nostra».  Qualche ricordo particolare?«La collaborazione avviata con il Conservatorio di Firenze. È sfociata in concerti a Fujairah e  Firenze che hanno visto giovani studenti arabi e italiani fare musica insieme, ma anche concorsi pianistici in Italia. I miei giovani allievi Emiratini hanno ricevuto dei premi per la prima volta nella storia del loro Paese, in una competizione pianistica all’estero».  Com’è stato passare dalla vita italiana a quella negli Emirati?«Sicuramente è uno stile di vita diverso. Gli Emirati Arabi sono un Paese “recente” e, sebbene sia proiettato verso il futuro con infrastrutture e servizi all’avanguardia, forse manca una consapevolezza del proprio passato, cultura e tradizioni che invece c’è in Paesi come l’Italia con una storia millenaria. Ad Abu Dhabi ho occasione di incontrare spesso la comunità di italiani che gravitano attorno al neonato Istituto Italiano di Cultura. Da un punto di vista meno culturale, poi sole e mare tutto l’anno non mi disturbano affatto».  Come si vive la musica classica lì?«Specialmente ad Abu Dhabi e Dubai i concerti sono abbastanza frequenti. Il pubblico è composto soprattutto da espatriati occidentali ma si cominciano a vedere sempre più Emiratini avvicinarsi a strumenti musicali occidentali come il pianoforte ed interessarsi alla musica classica, forse intuendone il valore culturale e qualitativo».  Progetti futuri?«Sviluppare la scuola dove lavoro e contribuire a creare una comunità più compatta di persone interessate alla musica classica e all’arte nella capitale, con progetti educativi dedicati ai giovani studenti e le loro famiglie, sempre con la possibilità di favorire lo scambio culturale con l’Italia. Non escludo di tornare, magari aprendo una mia scuola ma sicuramente continuando a fare ciò che amo: suonare, insegnare e far appassionare alla musica le persone».