Lucca

Due centenari danno consigli su come vivere il 2014

Suor Candida, 106 anni:

seguire la vocazione e amare la vita

Suor Candida, al secolo Bellotti Alma, veronese, da una decina di anni nella comunità delle Suore Ministre degli Infermi di Via Elisa. Batte un pugno sul tavolo, per reagire alla lievissima amnesia ché ha avuto.

Il gesto basterebbe a descrivere la personalità della suora, che il prossimo 20 febbraio compirà 107 anni!

Per farsi un’idea dell’arguzia che esprime ancora da tutti i pori basterebbe riferire che, dopo avere chiesto una benedizione, sentendosi la mano benedicente sulla testa, ha avvertito prontamente: «Attenzione, c’è la spilla che tiene il velo».

Suor Candida entrò nella Congregazione della beata Maria Brun Barbantini nel 1931, racconta:

«Fino a 18/19 anni non ci pensavo; mi piaceva leggere romanzi d’amore e leggevo moltissimo. Un giorno il parroco mi regalò un libro di spiritualità dello Scupoli, “Combattimento spirituale”; ne parlavo con mia sorella, dieci anni più grande di me, la quale mi spinse a confessarmi da un padre camilliano dell’ospedale che era nella mia parrocchia. Il padre diceva che avevo la vocazione a questa vita religiosa, ma io la pensavo diversamente, solo quando mi disse che ne aveva la certezza, provai una grande pace, e in 76 anni di vita religiosa non ho mai avuto un secondo di ripensamento e mi sono sempre preoccupata di avanzare su questa strada. Mi è piaciuta questa strada. Anche in questo momento mi sto emozionando, ripensando alla nascita della mia vocazione».

Come vive da ultracentenaria?

«Fino a due anni fa facevo baldoria» dice sorridendo, con aria birichina «ma ora sento che ogni giorno perdo qualcosa. Leggevo molto, ora devo farlo con gli occhiali e con la lente d’ingrandimento. Vorrei sapere di più, vederci più chiaro in tante questioni, ma mi accontento di quello che mi insegna la Chiesa. A volte si vorrebbe indagare sulla vita oltre la morte, ma è tutta da scoprire; in questa vita ormai è tutto familiare: qui sono nata, qui ho vissuto, quello che verrà, lo attendo con fede. È umano e normale provare attaccamento a questa vita che conosciamo bene».

Suor Candida, lei ha vissuto a lungo, probabilmente, perché ha vissuto con entusiasmo la sua vocazione. Che cosa consiglia ai lettori per il nuovo anno?

«Consiglio a me stessa e a tutti di accettare e ringraziare il Signore per tutto quello che ci succede. Reagire al male e accettare la volontà di Dio che è sempre la cosa migliore, perché da Lui vengono soltanto cose buone e utili per noi, non solo il riso, ma anche il pianto. Ogni giorno uso la corona del Rosario per pregare con questa giaculatoria che io ho inventato: “Ti lodo, ti adoro e ti ringrazio per il tuo amore e la tua misericordia”».

 

 

Fratel Arturo, 101 anni:

coltivare ideali e amicizie

Fratel Arturo Paoli vive dal 2006 a San Martino in Vignale, sulle colline a ovest di Lucca, nella Casa Beato Charles de Foucauld, dove accoglie fraternamente in semplicità e amicizia persone in ricerca e dove continua a lavorare intensamente, scrivendo libri preparando interventi per convegni e incontri. Fratel Arturo, nato nel centro storico il 30 novembre 2012, fu ordinato presbitero nel 1940; partecipò alla resistenza, durante la quale salvò la vita a un giovane ebreo tedesco, Gerstel, oggi uno dei massimi studiosi del Talmud, che gli ha meritato l’alto riconoscimento di «Giusto tra le nazioni». La sua scelta dei poveri gli ha creato sempre non poche difficoltà sia con il potere politico nell’America Latina sia con le gerarchie ecclesiastiche. Nella metà degli anni Cinquanta entra nella congregazione di Charles de Foucauld e, dopo l’esperienza del deserto algerino, inizia a vivere con i minatori sardi di Bindua; in seguito, non sentendosi gradito dal Vaticano, si trasferì in Argentina, dove condivise la vita dei boscaioli e ne difese i diritti.

Qual è l’elisir di lunga vita, dall’alto della tua esperienza?

«Non è dare il primo posto alle cure del corpo, estetiche e sanitarie. Evidentemente, il fisico ha bisogno delle sue attenzioni, ma non deve essere al centro. Coltivare un ideale che ci aiuti a non dare attenzione al corpo come se fosse il centro della nostra esistenza. L’ideale deve essere capace di farci uscire dal nostro io e concentrare l’attenzione sull’ideale o politico o religioso o familiare. Nella vita matrimoniale è importante che la relazione con la sposa o con i figli non sia concentrata unicamente sulla persona fisica, ma sulla cura degli affetti piuttosto attraverso i sentimenti che aiutino la famiglia ad avere degli ideali sociali, che portino il pensiero e gli affetti fuori dagli interessi egoistici».

Che cosa consigli ai lettori per il nuovo anno?

«Consiglierei ai miei connazionali e concittadini di occuparsi del mondo politico nel quale viviamo oggi. Il mondo politico ha come centro il denaro e quindi è fatale che crescano i poveri in numero e nella loro esistenza. Il parlamento attuale dà un pessimo esempio alla generazione giovane per mancanza di ideali patriottici. Non possiamo ritornare al fascismo che ha commesso molti errori, ma ha insegnato certamente alla gioventù a servire un ideale politico e patriottico. Io sono ultracentenario e non ho mai abbracciato l’amore alla patria attraverso il progetto fascista, ma riconosco che l’ideale patriottico è quello che mi ha aiutato a uscire da me stesso. Ho coltivato molto le amicizie e ho cercato di immettere in loro l’energia della fede, che aiuta molto a superare le tentazioni egoistiche e a vivere per gli altri. Chi ha provato a vivere per gli altri, nelle amicizie, sa perfettamente quanta energia ci concede questo altruismo; quanta esperienza ci concede questa forma di vita che diventa parte della nostra natura».