Forse è una coincidenza, ma la missione popolare a Collodi cade non solo nel mese missionario, ma anche all’inizio dell’anno pastorale che sarà dedicato, secondo le linee pastorali dell’arcivescovo, alla riscoperta della dimensione missionaria del cristiano. Che senso ha la missione popolare , oggi, nel tempo in cui la nuova evangelizzazione non può più essere demandata al clero o a qualche ordine religioso specializzato, ma ad ogni cristiano?La missione popolare, molto richiesta e con regolare frequenza celebrata nei tempi passati, ritengo che sia ancora un mezzo estremamente utile per il progresso spirituale del popolo cristiano, proprio per rendere presente nel contesto storico attuale la specificità della nostra fede: L’essere per sua natura missionaria, cioè tendere per se stessa ad essere comunicata ad extra con la testimonianza della vita; ma ciò tanto più è possibile, quanto più i fedeli sono nutriti spiritualmente.E, dunque, la missione è un’opportunità, un’occasione data al popolo, perché sia invitato a dare più spazio nella vita alla presenza di Dio e, come tale, è uno strumento sempre attuale e utile per la catechesi ed il nutrimento della fede.Qual è la specificità del metodo redentorista nello svolgimento della missione al popolo?S. Alfonso (1696-1787) dedicò tutta la sua lunga vita sacerdotale alla predicazione di missioni al popolo e a tale scopo fondò anche la Congregazione del ss Redentore con il medesimo fine delle missioni popolari, secondo le seguenti caratteristiche: innanzitutto la missione è rivolta a tutto il popolo e non ad una categoria particolare; inoltre, s. Alfonso metteva in evidenza la predicazione sull’infinita misericordia di Dio, tanto che anche nello stemma della Congregazione campeggia la scritta: «Copiosa apud eum redemptio» e, questo, affinché il peccatore prendesse fiducia e fosse spinto a ricorrere fiduciosamente al Dio dell’infinita misericordia. Anche gli aspetti più problematici della fede, quali il male, il peccato e l’inferno dovevano servire a far risaltare la bontà di Dio, proteso a liberare l’uomo dalla tremenda possibilità della dannazione eterna, perciò non tanto incutere timore, ma soprattutto suscitare fiducia ed amore a Dio; un’altra caratteristica è il linguaggio: nella predicazione della missione redentorista, il linguaggio non deve essere marcatamente teologico, ma aderente alla capacità dell’uditorio e, di conseguenza, un modo di esprimersi legato al vissuto quotidiano, tale da essere compreso da tutti; non tanto fare sfoggio di erudizione, ma manifestare una vita intessuta di grazia e di santità; infine, educare i sentimenti, perché la vita affettiva dei credenti sia sempre più nutrita e sviluppata dall’amore per Gesù Cristo, affinché l’agire umano non sia sottoposto a un arido moralismo, ma sia espressione di autentico amore a Cristo e ai fratelli.La scelta del linguaggio è determinante per comunicare la fede. S. Alfonso, famoso avvocato napoletano, pur essendo colto, riusciva a istruire i «lazzaroni», i giovani proletari napoletani che vivevano da sfaccendati, in attesa di qualche lavoro occasionale o mendicando. La sua capacità comunicativa si intuisce facilmente dal «Tu scendi dalle stelle», che lui compose. Sentimento e semplicità popolare.S. Alfonso non ha scritto soltanto il «Tu scendi dalle stelle». Per nutrire la fede del popolo, fu estremamente fecondo come scrittore di opuscoli devozionali, che hanno nutrito generazioni di fedeli, laici e sacerdoti; fra le molte opere scritte, facendo riferimento a quelle di devozione popolare, tralasciando i trattati teologici e morali, due libretti erano particolarmente a lui cari: «Le visite al SS.mo Sacramento e a Maria SS.ma» e «Le glorie di Maria»; due opere che tutt’ora vengono pubblicate e che manifestano il tratto caratteristico della pietà di s. Alfonso, il quale auspicava che tutti i seguaci di Gesù fossero, come lui, innamorati dell’Eucaristia e della Madonna.