Lucca

Dieci anni con don Italo

  • VESCOVO E LAICATO IL DECENNIO DELLE SFIDE

Dieci anni nella vita di una persona, di una comunità diocesana, di una qualsiasi associazione o organismo ecclesiale, in tempi istantanei come il presente, non sono sicuramente pochi. Dietro tutto questo c’è la consapevolezza che il mondo sta vivendo una fase di passaggio epocale, in cui i cambiamenti sono profondi e inquietanti perché riguardano il modo stesso di pensare l’uomo e il suo destino. Non sempre riusciamo ad essere all’altezza delle sfide che via via emergono o che la società ci impone di affrontare, ma come cristiani e come Chiesa, non possiamo non esserci; cioè non possiamo chiamarci fuori, esonerarci della fatica esistenziale, e questo, credo a Lucca, non è venuto mai meno, tanto meno all’inizio del terzo millennio. I segni della crisi di oggi si manifestano prima di tutto dentro la coscienza. Si percepisce una grande stanchezza interiore nelle persone, – credenti e non, laici e presbiteri – sempre più affaticate da un modello di civiltà che, accrescendo l’incertezza e la precarietà fa emergere la tentazione di cedere, di rassegnarsi, di sopravvivere o di fuggire. I segni della crisi si evidenziano soprattutto nei processi educativi. I giovani crescono in una grande solitudine. La paura di educare si traduce in indifferenza a tutto; la libertà viene tradotta nella neutralità di fronte ai valori; i giovani, a cui il nostro Vescovo ha dedicato un’attenzione e una cura speciale, hanno trovato in lui sicuramente una paternità calda e affettiva.

Viviamo in una società e in un chiesa che ha smesso di darsi obiettivi “alti”, di avere delle “visioni”, di sostenere una “progettualità”. Siamo tutti un po’ protagonisti di una diffusa perdita di valori, che è frutto dell’individualismo. Sarebbero e sono tanti i segni che dicono che stiamo vivendo una fase di declino della nostra civiltà:  quella in corso – ormai è sotto gli occhi di tutti –  è la fine di un mondo religioso, a matrice cristiana, per lo meno in Occidente e in Italia (la parrocchia e  la catechesi lo sanno molto bene); le difficoltà del ministero presbiterale, la vicenda del laicato cattolico in Italia (e dunque anche a Lucca). Da persone di questo tempo (e anche come organismo apostolico quale è la Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali), sicure che il Vangelo è una grande forza per affrontare la crisi di oggi, ci siamo chiesti e ci chiediamo quale sia la parte (o se volete, usando un concetto conciliare, la corresponsabilità) che il laicato può fare e può dare all’esercizio del ministero episcopale. Sinteticamente, credo, tre atteggiamenti: la nostra pensosità continua ad essere il contributo più importante soprattutto nel reinterpretare la vita e le espressioni della cultura di oggi nella luce della fede; questo sguardo pensoso sulla storia ci rende capaci di dare un ulteriore apporto di “competenza umana” per cogliere i segni dei tempi e di annunciarli, perché siamo ostinati cercatori di “segni di speranza”, di “segni della presenza dello Spirito”; infine, l’operosità, ovvero trasformare le difficoltà in opportunità, non nell’individualismo, ma insieme. Associazioni, movimenti, gruppi e comunità (nella misura in cui sapranno rigenerarsi continuamente alla scuola della Parola) hanno sempre costituito dei laboratori di vita ecclesiale. Essi possono essere considerati quelle “minoranze creative” di cui ha parlato Benedetto XVI, per aprire strade nuove che alla lunga possano diventare la strada della maggioranza.

Mario Battaglia, segretario Consulta Diocesana Aggregazioni Laicali

  • I GIOVANI E IL VESCOVO: TRA EVENTI E QUOTIDIANITA’

D el settembre di dieci anni fa ho pochissimi ricordi. La festività di Santa Croce con la processione del 13 settembre ha sempre segnato nel mio immaginario il passaggio dall’estate (la stagione del riposo e dello svago) all’autunno (la stagione dell’impegno e della responsabilità). In quel 13 settembre del 2003 si può dire che quella stagione (dell’impegno e della responsabilità) abbia preso il via con grande slancio per me anche all’interno della vita Diocesana e, più in generale, della vita della Chiesa. Si presentava allora il nostro Arcivescovo Italo Castellani e iniziava con lui un cammino nuovo per la Chiesa di Lucca. Un cammino fatto di esperienze arricchenti per tutti i giovani della nostra Diocesi. Come dimenticare infatti la giornata mondiale della gioventù del 2005 a Colonia (la prima a cui abbia partecipato) che è stata una tappa fondamentale per la mia crescita cristiana e personale, così come lo fu il pellegrinaggio in Terra Santa organizzato dalla Diocesi nel 2008. Il nostro Arcivescovo ha sempre mostrato, in questi dieci anni, attenzione particolare alle tematiche del mondo giovanile ed anche per questo ha deciso di investire con lungimiranza su quelle associazioni laicali che da sempre si sono prese cura della crescita spirituale e culturale dei giovani. E’ da scelte come questa che ha ripreso corpo nel 2010 la FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e che si è deciso di puntare molto sul rilancio dell’Azione Cattolica e del Movimento Studenti realtà che hanno sempre mostrato di mettere al centro il tema chiave dell’educazione. Da questo solco tracciato negli ultimi anni prosegue il percorso della Chiesa di Lucca a fianco dell’Arcivescovo. Un cammino dal quale gli educatori di gruppi di giovani e giovanissimi insieme ai presbiteri responsabili non possono tirarsi indietro per continuare ad investire su una Pastorale Giovanile che sappia promuovere percorsi di crescita umana e spirituale e non solo singoli eventi estemporanei. Si tratta di una scelta che interroga ciascuno di noi nel profondo perché richiede impegno e responsabilità. Le due caratteristiche emerse principalmente in questi dieci anni con il Vescovo Italo sono quelle sulle quali costruire ancora il futuro della nostra Diocesi. Tanti auguri a lui per questo traguardo raggiunto e un ringraziamento speciale per questi anni di servizio per la nostra Chiesa.

Lorenzo Banducci, Vice-Presidente settore giovani di Azione Cattolica

  • ECCO COSA DICONO IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA E IL SINDACO DI LUCCA

“Il suo stile si è ben sposato con il garbo lucchese”

«È con vivo piacere che intendo porgere i più sentiti auguri miei e di tutta l’amministrazione provinciale a Monsignor Italo Castellani in occasione dei dieci anni dalla sua nomina ad Arcivescovo di Lucca, avvenuta, di fatto, in occasione della S.Croce del 2003.

In questi dieci anni, caratterizzati da grandi mutamenti sociali e con una crisi economica i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti, il nostro arcivescovo ha rappresentato e rappresenta un punto di riferimento morale non solo per la comunità diocesana ma anche per la realtà civile del nostro territorio.

Lo ricordo vicino ai familiari delle vittime della strage di Viareggio, nell’Oltreserchio subito dopo l’alluvione, a fianco delle istituzioni in tanti progetti di solidarietà, (dalla fondazione casa ai progetti contro la povertà gestiti dalla Caritas) alla presenza, non di rito, a manifestazioni culturali e sociali.

Il suo stile, asciutto e sobrio, si è subito sposato col «garbo» lucchese, facendo si che nel tempo, per noi lucchesi, don Italo sia diventato «uno di noi».

Allora di nuovo tanti auguri al nostro Arcivescovo perchè possa continuare per molti anni ancora a svolgere il sui sevizio in mezzo a noi, per il bene della nostra comunità. Stefano Baccelli, presidente della Provincia di Lucca

“Vescovo, ma come tale parroco tra i parroci”

Ho conosciuto Monsignor Castellani quando, poco dopo la sua nomina a Lucca, in varie serate volle conoscere i giovani della diocesi e le loro famiglie. In quell’occasione ebbi l’idea di un vescovo che intendeva impostare la propria opera pastorale a partire dalla vita concreta di ogni giorno. Vescovo, ma come tale parroco tra i parroci e con i parroci nella vita vera della Chiesa. E quella impressione si è confermata nel tempo.

Da sindaco ho incontrato più volte l’arcivescovo. Nel reciproco rispetto dei ruoli ho apprezzato la sua continua sollecita offerta di collaborazione al fine, se non di risolvere, almeno di rendere più lievi le difficoltà che oggi molti patiscono, in una crisi economica e sociale che sembra non avere fine. Qualsiasi sguardo verso l’alto – mi ha spiegato Monsignor Italo Castellani – muove dalla consapevole percezione di chi è il tuo prossimo. Alessandro Tambellini, sindaco di Lucca

  • UOMO DI DIALOGO E APERTURA, E’ ENTRATO NEL CUORE DEI FEDELI

Non sarebbe stato facile per nessun arcivescovo prendere il posto di un predecessore amato (e da sempre espressione della storia e del senso religioso del territorio) come Bruno Tommasi. Eppure monsignor Italo Castellani ce l’ha fatta: è entrato in punta di piedi, ha saputo ascoltare, confrontarsi, poi piano piano ha cominciato a esercitare il suo magistero riuscendo a far passare anche decisioni necessarie, ma difficili, imposte dai tempi e per certi versi «rivoluzionarie» sia per la Curia che per i fedeli e la città.

Persona di grande cultura e molto aperto al dialogo, ha dato a tutti la certezza di avere sempre la porta aperta per chi vuol parlare con lui. Al tempo stesso, ha badato a rafforzare i rapporti – non solo istituzionali – con il mondo delle amministrazioni locali, delle categorie e della politica. Grande attenzione ha mostrato anche per la comunicazione e per il mondo dell’informazione e i suoi operatori: il contatto e il rapporto con le fonti della Curia, e della Chiesa in generale, è diventato più semplice e diretto. Personalmente ho rilevato anche un convinto passo avanti nella concezione della trasparenza, non avvertendo mai riservatezza e chiusura nemmeno di fronte a situazioni che possono creare polemiche, proteste o critiche.

Da parte sua l’arcivescovo ha dimostrato di saper affrontare anche queste situazioni, ascoltando e spiegando. Sorprende pensare che sia già a Lucca da dieci anni, ma proprio questa sorpresa dimostra come mons. Castellani abbia saputo inserirsi nel suo ruolo di pastore e nella considerazione dei fedeli.

Marco InnocentiCapo Servizio Il Tirreno Lucca
  • MITE, ATTENTO AI POVERI, HA APERTO LA DIOCESI A NUOVI MODI DI COMUNICARE

Quando mi è stato chiesto di scrivere queste poche righe per il decennale di Monsignor Italo Castellani alla guida della Chiesa lucchese ho subito pensato a come la mia residenza in città coincida praticamente con questo evento. Ed anche che per questo mi sarebbe stato possibile analizzare il suo operato senza l’obbligo (e l’assillo) di fare paragoni con il passato. Già all’inizio del suo mandato l’Arcivescovo si è dimostrato ai fedeli, anzi a tutti i lucchesi, per quello che è: un uomo mite, attento ai poveri e agli ultimi, capace di guardare al futuro restando nell’ambito della tradizione. Lo dimostrano le tante iniziative portate avanti in questi anni, l’attenzione per le attività della Caritas Diocesana, quelle per l’integrazione e per l’unità nel nome della Fede. Lo dimostra, anche, e questo è stato forse il segnale più forte del suo mandato, l’attenzione alla comunicazione. Con lui la Chiesa lucchese è uscita dalle parrocchie per parlare a tutti, alla gente, anche attraverso le nuove tecnologie. Dal restyling del settimanale diocesano, al sito internet, alle apparizioni televisive. Ma anche grazie a Facebook e Twitter, gli strumenti più usati dai più giovani. Così l’uomo mite, il vescovo gentile, il «mio» vescovo, non foss’altro in termini temporali, si è fatto ascoltare ed apprezzare. Così la voce del Pastore raggiunge oggi e raggiungerà nei prossimi anni, che auguriamo al Vescovo lunghi e propizi, anche chi non frequenta assiduamente la Chiesa. Comunicando messaggi a tutta una città nel segno della Fede, della speranza e della solidarietà.

Enrico Pacedirettore Dì Lucca e Lucca in Diretta
  • STA IN MEZZO ALLA GENTE E COMUNICA RACCONTANDO ANCHE SEMPLICI ANEDDOTI

Semplicità e grande capacità di ascolto. Sono queste le doti che monsignor Castellani traspira ad ogni incontro. Davanti e dietro alla telecamera, l’Arcivescovo non assume mai il ruolo di guida della Chiesa di Lucca, ma si veste di umiltà ed è sempre pronto ad ascoltare.Da molti anni, ormai, collaboriamo quasi quotidianamente con lui e se è vero che i sacerdoti oggi devono uscire di più dalle proprie canoniche per stare in mezzo alla gente, possiamo affermare che monsignor Castellani lo fa da sempre. Il suo modo di ascoltare e di non dare consigli, bensì di raccontare altre storie e altri esempi di vita, lo rende un ottimo comunicatore.Sono moltissime le persone (lo sappiamo perché ci scrivono e perché ci fermano per strada) che ogni sabato attendono il messaggio dell’Arcivescovo sulla nostra emittente. Raramente parla in maniera diretta del Vangelo della domenica o dei dogmi della Fede, ma preferisce raccontare episodi e aneddoti che permettono una riflessione autonoma, anche se non si è credenti, sui valori della nostra esistenza e sull’importanza dei gesti quotidiani.Lo ricordiamo presente nei fatti più tragici avvenuti in questi anni nella provincia di Lucca, pronto a spronare le persone sofferenti e ad invitare la comunità a fare qualcosa per non lasciarle sole.Sicuramente in questi dieci anni monsignor Italo Castellani è entrato nel cuore di tutti i lucchesi. Lorenzo Bertoluccicaporedattore NoiTv
  • ABBIAMO IDEE DIVERSE, MA CI RISPETTIAMO

D ieci anni fa, nel lontano, si fa per dire, 2003, monsignor Italo Castellani sbarcò a Lucca per assurgere alla cattedra episcopale tra lo scetticismo di quelli che, come il sottoscritto, pur avendo avuto modo, in gioventù, nella capitale, di frequentare Santa Romana Chiesa, successivamente se ne sono distaccati senza eccessivo rimpianto né, tantomeno, rimorso. Per diversi anni l’attività di questo energetico e instancabile prelato ha affiancato, suo malgrado, la cronaca cittadina seguita da questo umile guitto senza che le due strade, per la ventura dell’arcivescovo, si siano mai incrociate. Poi, un anno fa o giù di lì, smessi i panni del cronista di nera e indossati quelli di direttore responsabile di se stesso, ecco l’idea di una interSvista con monsignore. Attenzione, non una comune, qualsiasi intervista, ma un colloquio dove vige la regola del si chiede quel che si vuole si risponde come si può. L’autore di queste poche righe, a onor del vero, pensava che Italo Castellani si sarebbe trovato in grossa difficoltà e, magari, anche in qualche imbarazzo nell’affrontare un insolito incontro come quello proposto. Invece accadde proprio il contrario. Sicuro, attento, ironico, perfino abile a svicolare quando la via rischiava di diventare troppo stretta, l’arcivescovo riuscì a cavarsela non solo egregiamente, ma anche qualcosa di più. Fece sedere il suo interlocutore alla scrivania dove egli era ed è solito scrivere e leggere e si mise di fronte, simile a un qualsiasi studente prima di essere interrogato.

La grossa e piacevole impressione ricavata da quell’incontro è andata accrescendosi con il trascorrere del tempo anche se, in tutta sincerità, non è mancato qualche screzio dovuto all’intemperanza del sottoscritto e alla missione erga omnes che, ogni vescovo, ha verso il prossimo.

Diversi atteggiamenti, diverse culture, diversi i modi di pensare e di approcciarsi ai problemi. Da un lato la fede, la sua, dall’altro la sua assenza, la mia.

In mezzo, tuttavia, il rispetto reciproco che, va detto, non può e non deve mai venire meno. Quest’uomo che indossa un abito nero, ma solo perché è d’obbligo, in realtà veste i colori dell’arcobaleno tanto è pronto alla battuta, al colloquio, al confronto, alla curiosità. Certo, è un prete – non in senso riduttivo – e non può essere, certamente, un rivoluzionario, ma ce ne fossero di preti come lui. Anche la Chiesa, probabilmente, viaggerebbe più sicura e con maggiori certezze nel mare in tempesta che sta attraversando.

Aldo Grandidirettore Gazzetta di Lucca
  • IRONIA E SEMPLICITA’ LE SUE DOTI, MA CI SONO ANCORA STECCATI DA SUPERARE

«Arturo, reggiti a me. Dimmi, ti fidi? Ti fidi della chiesa?». Dopo averlo aiutato a scendere dall’auto, con questa battuta l’arcivescovo ha offerto il braccio e il sostegno a fratel Arturo Paoli. Ad attenderli, nell’ex Real Collegio, c’erano studenti e associazioni. Il contesto era quello del «Festival del volontariato». Ebbene, questo semplice aneddoto è utile per sintetizzare due aspetti peculiari del nostro vescovo: da una parte c’è l’ironia, che unita alla sua disponibilità all’ascolto ha di fatto ridotto le distanze nelle relazioni; dall’altra c’è la vicinanza al mondo del volontariato, a Lucca radicato più che altrove.

Per molti giornalisti mons. Castellani è più semplicemente Italo. Un arcivescovo cui ci si rivolge dandogli del «tu». Sì, perché la comunicazione è importante – tanto quanto il rispetto – sia nelle relazioni personali sia in quelle esterne. E questo il nostro arcivescovo l’ha capito subito.

Certamente non dev’essere stato facile approdare come ausiliario nella «città bianca» per eccellenza. E forse resistere per dieci anni lo è stato ancor meno. Perché il suo ruolo, qua dove la Dc ha governato a lungo, porta intrinsecamente con sé una quantità enorme di responsabilità. E le questioni irrisolte, molte delle quali sono state ereditate, continuano a pesare sulla quotidianità del clero lucchese.

Impossibile non tenere in considerazione l’evidente crisi delle vocazioni, che ovviamente non riguarda solo Lucca. Cui si aggiunge la fatica – enorme – di avvicinare la vita delle parrocchie a quella della curia (e viceversa). Quella vicinanza che si è creata sul piano personale non sembra possa compiersi anche nella dimensione più ampia della pastorale. I motivi di questa discrepanza non sono riconducibili solo a Castellani. Sarebbe ingiusto. Alla fine di questo decennio – in cui alla crisi sociale ed economica si è aggiunta pure quella della fede – l’augurio che rivolgo all’arcivescovo è di proseguire sulla strada intrapresa pur tenendo presente che è arrivato il momento di superare gli steccati. Nella speranza che vicinanza, fiducia e reciprocità possano ispirare azioni concrete e diffuse.

Gianluca Testadirettore LoSchermo.it
  • HA A CUORE LA CITTA’ DI LUCCA E TUTTO IL TERRITORIO. SI MUOVE CON PACATEZZA E DETERMINAZIONE

Dieci anni. Che sono volati. Perché monsignor Italo Castellani, entrato nella Diocesi in punta di piedi, ha svolto e sta svolgendo il suo ruolo con grande pacatezza, sfoderando al contempo quella grande determinazione che consente di raggiungere, senza clamori, importanti risultati. Dieci anni che hanno coinciso, come è tutt’ora, con la bellissima esperienza che sto vivendo in qualità di caposervizio del giornale La Nazione. Due osservatori privilegiati, i nostri, sul mondo lucchese in tutte le sue sfaccettature: la positività e l’operosità degli abitanti, il forte attaccamento alla chiesa ma anche i risvolti drammatici che purtroppo la cronaca quotidiana ci offre. Ciò che mi ha colpito di più nel nostro Arcivescovo è stato il suo costante dialogo con tutti: si è fatto apprezzare per la capacità di ascoltare e per la sua voglia di stare a contatto con la gente: la sua forza è proprio questa spinta costante al dialogo con i sacerdoti e con il laicato, attraverso un’azione pastorale non verticistica, che ha cercato e cerca di coinvolgere sempre più persone. Si possono citare tanti altri dettagli, non affatto secondari, del Castellani pensiero: l’azzeccata scelta di specifici temi all’apertura di ogni anno pastorale, gli appuntamenti voluti e organizzati con importanti uomini e donne di cultura per riflettere sul significato dell’essere cristiani oggi. Il tutto all’insegna della semplicità dell’approccio. Perché il nostro Arcivescovo ha l’innata dote di affrontare i temi teologici con parole genuine e dirette, alla portata tutti. E nelle sue omelie utilizza un linguaggio accessibile ad ognuno di noi, a chi è più istruito e a chi meno. Un filo conduttore affabile e caparbio al tempo stesso, con la capacità di essere umile tra gli umili. E c’è un aneddoto che voglio raccontarvi, proprio legato a quello che ci siamo detti fin qui. Non molto tempo fa, fuori dai contesti ufficiali e dalle cerimonie, ho avuto l’opportunità di prendere un caffè con lui, addolcito non tanto dallo zucchero ma da una lunga chiacchierata. Ora posso rivelarlo, dei tanti temi che ne erano scaturiti, avrei voluto farne un corsivo domenicale. L’arcivescovo, con grande ardore, mi ha parlato di Lucca e della necessità della sua crescita. Del bisogno forte di una importante proiezione nel futuro, del fatto che questo territorio deve imparare a scommettere di più, a osare maggiormente per tagliare nuovi traguardi. Poi decisi che quelle confidenze potevano rimanere nel cassetto, come una confidenza da custodire gelosamente. Ebbene, quelle sensazioni le ho sempre volute tenere per me, ma oggi, nell’occasione di questa speciale ricorrenza, avevo una voglia matta di condividerla con voi. Ho scoperto con grande piacere, insomma, che mons. Castellani (da attento osservatore quale è) non ha soltanto a cuore la vita spirituale della Diocesi, ma anche la sua crescita complessiva in tutti quei campi che un giorno ci renderanno più moderni e migliori, costellando il nostro cammino di Fede. E non nascondo infine di essermi emozionato quando, nell’omelia dell’ultima Santa Pasqua, ho sentito dalla sua viva voce una frase che non dimenticherò: «Con rinnovata responsabilità condividiamo quel poco o molto senso civico che abbiamo, la “Lucchesità”, che storicamente ci contraddistingue partecipando con rinnovata fiducia alla costruzione del bene comune».

Parole lungimiranti, con le quali mi permetto di formulare a monsignor Castellani il più sincerto auspicio di un Episcopato ancora lungo nella nostra terra.

Remo Santinicaposervizio La Nazione Lucca