Livorno

Quel fazzoletto…che non si dimentica

Come prima di ogni intervista, mi sono documentata, ho cercato la sua biografia su Internet, segnato esperienze professionali e incarichi passati e mi sono preparata le domande, senza scendere troppo sul personale, avevo pensato.E poi, sul momento, il colloquio con Marco Bertini, Direttore generale della Fondazione Goldoni, prende tutta un’altra piega. Non ricordo neanche come siamo finiti a parlarne, ma scopro subito che nel suo passato c’è una divisa che ha segnato la sua vita: quella azzurra e blu degli scout del Livorno 7. Un ricordo che ancora si porta dietro, non solo per le scalate, per gli zaini sulla schiena, ma per quello che ha lasciato nel suo modo di agire ancora oggi.Dopo gli studi in Fisica, Marco Bertini inizia la sua carriera come Esperto qualificato in radioprotezione. Poi la politica. «Il mio ingresso nella vita politica di Livorno fu la conseguenza di quello che si chiedeva a uno scout: mettersi al servizio degli altri. Nel 1990, contro il parere del mio padre spirituale, il gesuita Giandomenico Maddalena, mi candidai convinto che fosse quello uno strumento per dare risposta ai bisogni della gente, ai loro disagi di qualunque tipo fossero».Fu eletto in Giunta Comunale col PSI e poco dopo nominato Assessore alla cultura.Da lì sono passati gli anni fino al 2004 quando il Teatro Goldoni torna alla sua città e riapre.«A quel punto lasciai il mio lavoro che aveva continuato ad affiancare la politica e mi dedicai completamente al teatro». Anche se i suoi studi erano decisamente di tutt’altro tipo, la narrativa, il cinema e il teatro facevano parte delle sue passioni da sempre.Dal 2011 Marco Bertini è il Direttore generale della Fondazione Goldoni, e la sua giornata inizia molto presto con un’abbondante colazione e finisce molto tardi riempita dalle prove degli spettacoli, di cui è alle volte spettatore, dal lavoro di gestione del teatro in ufficio e dalla ricerca di soluzioni per tutti i problemi che si presentano. «Il Goldoni è come una nave da crociera, con tante persone diverse a bordo e una nuova difficoltà che spesso si presenta all’orizzonte». A guidare la nave con lui uno staff di una ventina di persone «di qualità», dice, che creano tra loro un’aria serena, perchè per far andare avanti i motori, è importante anche curare i rapporti personali e essere consapevoli che serve il gioco di squadra.Quello stesso staff che si vociferava la scorsa estate, avrebbe potuto perdere il lavoro. Oppure no?«A noi è successo come a quella famiglia che conta sullo stipendio a fine mese, e a cui verso il 27, viene comunicato che non saranno più 2000 gli Euro ma 1500. I conti non possono tornare!»I contributi del comune infatti, come già era successo nel 2008, nel 2009 e 2012, sono diminuiti in corso d’opera, con ricadute sull’anno della stagione successiva trasformate in perdite. «Il bilancio della Fondazione è sempre stato in pari, tranne in quei tre anni, che hanno fatto accumulare 680 mila Euro dovuti ai tagli». Ma nessuno aveva mi parlato di “chiusura”.Il Comune poi ha deciso di mantenere l’impegno di un milione e mezzo di Euro anziché un milione e trecento mila del 2013. In più si è addossato un mutuo per restituire liquidità alla Fondazione e ha ceduto l’immobile adiacente al Teatro, che ospita gli uffici, e la Fondazione stessa.«Il Teatro Goldoni, gioca un ruolo importante nell’economia livornese, al contrario di quello che molti pensano». Per ogni stagione vengono registrati tra i 500 e i 700 contratti per le maestranze, quasi sempre scelte nella città. «A questi vanno aggiunti gli introiti dei ristoranti, degli alberghi, per artisti e spettatori che arrivano da fuori città, i negozi da cui ci serviamo per i bisogni “quotidiani” e la pubblicità». Lui lo chiama “Volano economico della città”, anche se non è facile mantenere un teatro come il nostro, che essendo storico ha dei costi di gestione molto alti. «Ogni volta che si apre il sipario, il costo si aggira intorno ai 6000 Euro tra luci, riscaldamento e annessi». Mi viene un dubbio e chiedo…ma in tutto questo caos di bilanci, buchi da coprire, artisti da gestire…cosa le è rimasto di quel fazzolettone scout? «Credo ancora in certe cose, i valori non cambiano, i miei modelli neppure. Madre Teresa, Giovanni XXIII, Papa Francesco, persone che hanno fatto tanto senza annunciarlo. Il segno scout è troppo forte, non si è mai cosa vorremmo nella vita, ma scout lo si è per la vita!»