Livorno

“La nostra missione è ascoltare”

Il nostro sistema penitenziario versa ancora in una situazione drammatica quanto “esplosiva”: circa 65mila detenuti quando le carceri possono ospitarne poco più di 40mila, e molti di loro si trovano rinchiusi perché in attesa di giudizio. E nel territorio livornese la situazione non è certo più rosea. Ma pur in mezzo a tali difficoltà, decine di volontari operano quotidianamente per stare vicino a coloro che vivono queste realtà. «La nostra missione principale è dare ascolto, porgere la nostra attenzione a coloro che vivono l’esperienza detentiva, alle persone che l’hanno vissuta e cercano di reintegrarsi nel tessuto sociale, oppure ai loro familiari, che soffrono a loro volta. Cerchiamo di offrire loro anche aiuto legale, nella ricerca di un lavoro, nei problemi con la casa e nell’ottenimento di documenti.»A parlare è Maurizio Ulacco, sociologo con varie specializzazioni, responsabile della commissione carcere della Caritas diocesana, consigliere volontario nella “commissione carcere” e consigliere regionale dell’AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi). Maurizio inizia a frequentare la Caritas seguendo l’esempio di Wally Seller Sgherri, che già conosceva in quanto sua insegnante di diritto alle scuole superiori, e alla quale è stato dedicato il Centro di ascolto, aperto ogni lunedì pomeriggio nei locali della Caritas diocesana, in via delle Cateratte 13. «Ma le nostre attività si svolgono anche all’interno del carcere de “Le Sughere” – continua – dove ci occupiamo di dare conforto ai detenuti, scambiando due parole con loro, ascoltando i loro problemi personali e quelli esistenti all’interno del carcere stesso, tutta una serie di situazioni che affrontiamo giornalmente insieme agli operatori socio-sanitari e al personale di controllo. E in carcere, è bene precisare, soffrono tutti, anche le guardie, che sono le prime a dover affrontare emergenze di ogni genere. A causa del sovraffollamento assistiamo a situazioni degradanti della dignità umana: come vedere sei detenuti rinchiusi in una cella con un unico bagno alla turca, o disporre di poche docce per un alto numero di utenti. E poi ci sono gli stranieri, che provengono da altre culture, che hanno altri usi e costumi, e che spesso non parlano bene la nostra lingua. Molti di loro arrivano in carcere senza indumenti di ricambio, senza prodotti per lavarsi, a volte senza scarpe: proprio per questo noi della Caritas cerchiamo di fornire ai meno abbienti anche qualche aiuto materiale in questo senso.Dietro ordinanza del giudice, ci occupiamo anche di accompagnare i detenuti durante la libera uscita, assumendoci ogni responsabilità pur di permettere loro di riabbracciare i propri cari, anche se per breve tempo, e di vedere nuovamente il mondo esterno.»Oltre a queste attività, numerosi sono i progetti Caritas attivi o in fase di avviamento per quest’anno: dal corso di primo soccorso, di concerto con la Croce Rossa Italiana, al corso per l’ottenimento dell’Haccp, dai corsi di lettura ai momenti di incontro con le famiglie. L’Unione Europea ha già condannato varie volte l’Italia per la situazione delle carceri, ma ciò non è stato sufficiente. Recentemente solo il Ministro Cancellieri ha proposto una riforma per il reinserimento anticipato di alcuni detenuti tramite l’estensione di misure alternative, di lavori di pubblica utilità e di maggiori misure rieducative.  «Purtroppo non ci rendiamo conto che senza un progetto di recupero, il carcere da sé rappresenta una situazione di peggioramento. Attualmente è una realtà complessa e “abbandonata” dall’attenzione comune e dalle istituzioni. La mancanza d’interesse generale verso il problema è un sintomo d’inadeguatezza culturale e di mancanza di maturità della nostra Nazione». Per ogni informazione sulle attività del Centro Ascolto Carcere si può visitare il sito ufficiale della Caritas diocesana http://www.caritaslivorno.it/