Livorno

Lo Spirito di un sabato sera

Due mondi diversi che, pur trovandosi per una volta l’uno accanto all’altro, sembrano non sfiorarsi neppure. Così, mentre davanti a uno storico locale i giovani consumano con il bicchiere in mano il rituale del fine settimana, pochi metri più avanti, nella parrocchia di San Jacopo in Acquaviva, la Chiesa livornese si ritrova per il suo sabato sera diverso, per ringraziare il Signore per il dono dello Spirito disceso sugli Apostoli nel giorno di Pentecoste.Una veglia composta di un’alternanza di canti e letture che, con la  presenza del Vescovo monsignor Simone Giusti e di gran parte dei sacerdoti della Diocesi, ha accompagnato i tantissimi fedeli presenti a seguire il filo conduttore che vede lo Spirito Santo protagonista nella storia della Salvezza dell’uomo. Si parte, per contrasto, dalla storia della Torre di Babele, in cui Dio confonde le lingue degli uomini per punirne la superbia, -lingue che poi lo Spirito riunificherà attraverso il dono fatto agli apostoli; poi, a seguire, la visione maestosa e drammatica descritta dal profeta Ezechiele, la desolata valle piena di ossa che, poco a poco, grazie all’intervento dello Spirito, riprendono la vita e risorgono dalla loro polvere.Il momento più significativo della veglia, tuttavia, è stato senza dubbio la lettura che il Vescovo ha fatto di alcune testimonianze che gli sono state inviate da cristiani, persone comuni,  attraverso le quali traspaiono  la gioia e la serenità donate loro dallo Spirito in momenti particolari e spesso difficili della loro vita. Testimonianze, come ha ricordato monsignor Giusti, che devono farci comprendere come il credente non debba manifestare l’invisibile azione dello Spirito in lui attraverso la continua critica a quello che non va nella società di oggi, come avviene troppo spesso, perché questo fa apparire i cristiani come fastidiosi “bacchettoni”; al contrario, il cristiano deve far  trasparire all’esterno la gioia e la serenità che gli dona lo Spirito, tanto da stupire gli altri e invogliarli a pensare “Perché non posso essere anche io felice e in pace come lui?”.Fra le testimonianze ricordate, particolarmente toccante è stata quella di una persona  che, improvvisamente, nel corso di una visita di controllo, scopre di avere un male incurabile e di avere davanti solo pochi mesi di vita. Nelle lunghe notti insonni trascorse in ospedale, con il fisico ormai distrutto, pieno di drenaggi, comincia a sentire dentro di sé una forza nuova: “Amavo come non avevo mai amato prima, e questo mi riempiva di una felicità nuova e sconosciuta” scrive nella sua lettera. Nel buio della malattia, quando tutto sembra perduto, comincia a sentire lo sguardo di Dio su di sé, capisce che lo ama così come è, e scopre così l’amore del Signore e la gioia profonda dell’anima che questo amore gli dona. Al punto che, contro ogni logica del mondo, egli afferma che ”se mi chiedessero di poter tornare a un mese fa, prima di sapere della malattia, direi di no, perché prima ero solo un corpo vuoto, mentre ora, anche se sono colpito nel fisico, sento che la mia anima è più forte e sana che mai. Non tornerei mai indietro, perché ora ho incontrato l’amore, e sono troppo contento!” Una testimonianza di amore che scandalizzerebbe e farebbe riflettere il mondo, quello che fuori di chiesa, poco più in là, attende seduto al tavolo di un locale l’arrivo del giorno del Signore.