Uno sguardo diverso, uno sguardo attento e vivo, che non ha niente da invidiare alle cosiddette persone “normali”.Chi sono le persone down? Esattamente persone che semplicemente possiedono una quantità di materiale genetico maggiore rispetto a quelle considerate “sane”.A questa spiegazione scientifica però ci si è arrivati passando per innumerevoli pregiudizi e ignoranza, che troppo spesso prendono il posto della ragione e del buon senso.Fino alla metà del ventesimo secolo, infatti, si riteneva che le persone affette dalla sindrome di down, fossero il frutto di malattie come la sifilide, o di persone che facevano abuso di alcool ovvero concepiti da uomini e donne dal comportamento morale inadeguato.Nel 1958 però il prof. Jerome Lejeune, uno dei più grandi scienziati al mondo di cui però non si sente parlare spesso, fornisce una causa organica a questa sindrome, già scoperta a fine diciannovesimo secolo da John Langdon Down, ovvero la presenza di un cromosoma in più nel corredo genetico.Questa spiegazione così rivoluzionaria però non ha avuto troppa risposta nella ricerca; nonostante la sindrome della trisomia 21 sia quella più diffusa nel mondo è stata ed è la meno studiata.In questi ultimi anni, grazie anche allo studio e alla dedizione del prof. Pierluigi Strippoli (responsabile del Laboratorio di Genomica del Dipartimanto di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna) è in atto una ricerca per una terapia che possa migliorare le condizioni di vita delle persone down e piccole scoperte si stanno facendo largo nel mondo scientifico.L’incontro organizzato al Parco del Mulino, dall’Associazione Italiana Persone Down (AIPD), al quale hanno partecipato oltre al prof. Strippoli anche il prof.Francesco Donato Busnelli (Professore emerito di Diritto Civile nella Scuola di studi universitari e di perfezionamento S. Anna di Pisa), il Sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi e il Vescovo monsignor Giusti, aveva come intento quello di dare una nuova speranza alle persone down.L’obiettivo però non è tanto quello di “prevenire” la sindrome attraverso test prenatali col fine ultimo di eliminarla, come spiega il dott. Daniele Tornar, presidente e anima dell’Associazione, quanto quello di migliorare lo stile di vita di chi è affetto da questa malattia, raggiungendo già quegli obiettivi che l’AIPD si prefigge con l’autonomia, l’inserimento nel mondo del lavoro, il sostegno scolastico e tanti altri.Purtroppo tutelare la vita dei più deboli però non è sempre facile: se da una parte la ricerca tenta di fare passi in avanti, spesso la realtà della “giustizia” ci pone davanti a decisioni sconcertanti e particolarmente disarmanti che di certo molte volte lasciano con grandi dubbi e dilemmi.Chi è l’uomo? Forse è la domanda alla quale dovremmo iniziare a rispondere, una domanda fondamentale che troppo spesso non ci facciamo e che porta ad un duro scontro con la civiltà di oggi, come sottolinea monsignor Giusti, dove i valori si stanno smarrendo sempre di più a si sta perdendo di vista l’uomo, l’individuo.La speranza come diceva Jerome Lejeune, è quella di riuscire a trovare una terapia perché “Se trovo come guarire la trisomia 21, allora si aprirà la strada verso la guarigione di tutte le altre malattie di origine genetica”.