Parlando della vita della Chiesa, il cardinale Betori ha sottolineato «l’impulso che il Papa intende dare a una conversione comunitaria nella direzione della sinodalità». Lo strumento immediato che viene offerto per questo cammino è l’assemblea del Sinodo dei Vescovi «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», che il Santo Padre ha voluto che comportasse il coinvolgimento di tutto il popolo di Dio. «Sono grato – ha affermato l’arcivescovo – a quanti lo scorso anno si sono impegnati nei momenti di ascolto e di dialogo, promossi in particolare a livello parrocchiale. È una modalità di essere Chiesa che dovrà uscire dall’eccezionalità di un evento per diventare la forma abituale della nostra vita comunitaria e della nostra pastorale».A questo saremo sollecitati dal Cammino sinodale della Chiesa italiana, che continua dopo il primo anno ancora nella fase che è stata chiamata «narrativa». Dal lavoro svolto lo scorso anno, la Conferenza episcopale toscana ha focalizzato alcuni temi su cui concentrare la riflessione, che vengono adesso presentati alle diocesi italiane sotto forma di tre «cantieri»: il cantiere «della strada e del villaggio», quello dell’ospitalità e della casa, quello delle diaconie e della formazione spirituale. «Su questi tre cantieri – ha affermato Betori – abbiamo cominciato a riflettere tra noi, un preludio al cammino che siamo chiamati a instaurare nelle nostre comunità. A questi tre cantieri ogni diocesi è invitata ad aggiungerne uno suo specifico. Nel nostro caso ritengo che non si debba aggiungere un altro ambito a quelli che ci vengono consegnati, quanto piuttosto promuovere un cammino sinodale specifico per il mondo giovanile, che si dedichi a raccoglierne gli interrogativi e le istanze, le fatiche e le risorse».Il Cammino così delineato costituirà anche il percorso ulteriore del Cammino sinodale diocesano aperto nel 2017, senza per ora ulteriori specificazioni: «Quando il Cammino nazionale giungerà alla sua fase propositiva, quella definita come “profetica”, potremo aggiungere determinazioni nostre proprie, avvalendoci anche del lavoro che abbiamo compiuto e si va compiendo nella Visita pastorale, nel Consiglio presbiterale e nel Consiglio pastorale diocesano».La riflessione sulle «diaconie», ha rilevato quindi l’arcivescovo, «incrocia un altro orizzonte pastorale con cui dovremo confrontarci, quello dell’applicazione nella nostra Chiesa delle due Lettere apostoliche di Papa Francesco in forma di “motu proprio” Spiritus Domini (10 gennaio 2021) e Antiquum ministerium (10 maggio 2021), con cui egli ha aperto anche alle donne i ministeri istituiti del lettore e dell’accolito e ha istituito il nuovo ministero laicale del catechista. Due atti importanti al fine di definire il contributo dei laici, uomini e donne, alla vita della comunità, che vanno ovviamente coordinati con la loro vocazione specifica, che, come ha ricordato il Concilio, è “cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen gentium, 31)».Nell’ultima assemblea generale i vescovi italiani hanno approvato una nota che definisce identità e compiti dei «ministeri istituiti», illustrando i criteri per l’ammissione e il percorso formativo necessario per essere istituito e ricevere il «mandato» da parte del Vescovo. «Nella nostra diocesi – ha sottolineato Betori – ci muoveremo secondo tali indicazioni, sulla scia di una nostra tradizione che ha visto in questi anni la promozione dei ministeri di lettore e accolito, come pure del ministero straordinario della Comunione. Si tratta di muoverci ora con saggezza e prudenza, onde evitare il pericolo di promuovere una sorta di clericalizzazione dei laici e di collocare l’esercizio di tali ministeri nella cornice della collaborazione al ministero di presbiteri e diaconi. Criterio fondamentale per la scelta di tali collaboratori sarà l’effettivo esercizio di una funzione di animazione e coordinamento rispettivamente nell’ambito della proclamazione della Parola, del culto e della catechesi. Il tutto confortato da appropriati cammini di preparazione e da matura personalità umana e cristiana. Evitiamo la corsa all’acquisizione dei ministeri e misuriamo tutto sugli effettivi bisogni delle comunità, ricordando che il ministero non è un premio alla persona che lo riceve ma la risposta a un’esigenza della comunità in cui andrà esercitato».Tornando all’orizzonte della Chiesa universale, l’arcivescovo ha ricordato anche che sta iniziando il percorso verso il Giubileo dell’anno 2025. All’incontro dei cardinali del 30 agosto, ha affermato, è stato detto che «secondo un’antica tradizione, nella festa liturgica dell’Ascensione del 2023 il Papa renderà pubblica la Bolla per l’indizione ufficiale del Giubileo. In quel testo saranno necessariamente delineate meglio la tematica e le caratteristiche che il Santo Padre intende esprimere per la celebrazione giubilare». Ai cardinali è stato anche sottolineato come il Giubileo, «nel peculiare momento storico caratterizzato dalle tensioni tipiche del cambiamento culturale in atto, oltre che da gravi situazioni di guerra che pervadono diverse aree geografiche, propone con forza il tema della speranza». Pellegrini di speranza è infatti il tema del prossimo Giubileo: «Ad esso ci prepareremo con un percorso in due tappe, la prima nel 2022-2023, cominciando da questo ottobre, dedicata alla riscoperta dell’insegnamento conciliare; la seconda nel 2023-2024 dedicata alla preghiera. Anche questo invito del Papa – ha concluso l’arcivescovo – non andrà disatteso e potrà servire a maturare le nostre comunità in una forma più conciliare, superando resistenze e deviazioni, e più spirituale, secondo la vera spiritualità cristiana, correggendo efficientismo e devozionismo».