Firenze

I cento anni del cardinale Benelli, la proposta: Firenze lo ricordi dedicandogli una strada

Firenze potrebbe ricordarlo dedicandogli un luogoDifficile per chi lo avvicinava non restare colpito dalla forza e dal sorriso. Il cardinale Giovanni Benelli, capace di arrabbiarsi se vedeva qualcosa che non andava nella sua Chiesa o nelle strade della città, accoglieva tutti coloro che bussavano alla sua porta. Non erano anni facili e il suo arrivo a Firenze fu letto dai giornali dell’epoca in modo diverso, secondo l’editore di riferimento. Lui l’editore avrebbe saputo farlo: la diocesi, prima in Italia, acquistò anche una frequenza per poter avviare un progetto di televisione, naufragato per la morte improvvisa, arrivata davvero troppo presto. A chi lo ha conosciuto farebbe piacere che Firenze lo ricordasse, gli dedicasse un luogo, una strada, un giardino. Toscana Oggi lancia l’idea in occasione del centenario della sua nascita, confidando che chi può la raccolga. Sarebbe bello che la città completasse anche l’iter, questo già avviato, per ricordare il suo successore, il cardinale Silvano Piovanelli, e magari vicino quello per il cardinale Benelli.D.M.

La biografia: il vescovo che fu «seminatore» infaticabile, silenzioso e modesto

di Antonio LovascioVe lo immaginate un pastore dinamico come il compianto cardinale Giovanni Benelli nella «Chiesa in uscita» di papa Francesco? Nella ricorrenza del centenario della nascita (12 maggio 1921) viene spontaneo questo accostamento, ricordando l’impostazione innovativa della sua visita pastorale, iniziata alla fine del 1979 e poi portata avanti al momento della sua scomparsa a soli 61 anni (26 ottobre 1982) dal suo successore, il cardinale Silvano Piovanelli.L’arcivescovo, arrivato a Firenze nel luglio 1977 dalla Segreteria di Stato (dove era stato uno dei più stretti collaboratori di Paolo VI, il suo Maestro) credo si ritroverebbe pienamente nel magistero di Bergoglio, e con lui sosterrebbe che «anche le nostre comunità sono chiamate a uscire dai vari tipi di “confini” che ci possono essere, per offrire a tutti la parola di salvezza che Gesù è venuto a portare. Si tratta di aprirsi a orizzonti di vita che offrano speranza a quanti stazionano nelle periferie esistenziali e non hanno ancora sperimentato, o hanno smarrito, la forza e la luce dell’incontro con Cristo».A quasi 40 anni dalla morte risulta più facile tracciare la vera dimensione religiosa di uno degli attori più creativi del post-Concilio – spesso discusso e con troppa ironia soprannominato «Sua Efficienza» – come è stato il cardinale Benelli; un vescovo che, nel suo generoso, intenso seppur breve ministero episcopale fiorentino non si è mai stancato di pretendere dai suoi preti e dai laici «unità nella carità».«È stato un uomo che ha servito la Chiesa, senza mai servirsi di essa». Il giudizio di San Giovanni Paolo II ci esorta a continuare a rendere merito a questo vescovo dal cuore d’oro. I preti e i laici che l’hanno conosciuto lo ricordano come un «seminatore» infaticabile, silenzioso e modesto, alimentato da una fede che possiamo definire semplice, robusta e coerente, per usare profili che ricorrevano nelle parole del Papa emerito Joseph Ratzinger, eletto alla porpora cardinalizia proprio insieme al compianto arcivescovo di Firenze. Quella fede da lui definita nell’ultima omelia «una decisione personale», ma anche «una dimensione ecclesiale».Si era presentato in cattedrale dicendo di volersi ispirare al «Buon Pastore, che apre il suo cuore e la sua mente ai fedeli»: aveva acquisito il motto Virtus ex alto (quasi a indicare una rigorosa scelta di vita: la povertà); lo stesso di Elia Dalla Costa. Dalla Costa, don Facibeni e La Pira: i tre «fari» ispiratori dell’azione benelliana; le pietre miliari che tuttora orientano la vita della Chiesa fiorentina e dell’attuale arcivescovo, cardinale Giuseppe Betori.Possiamo dire che il «modello» episcopale di Benelli è ancora attuale. Non solo per l’impronta data alla visita pastorale. Per la «rivitalizzazione» delle vocazioni sacerdotali (affidò il seminario a don Gualtiero Bassetti, ora cardinale e presidente della Cei); per la spinta data alle associazioni giovanili e ai movimenti del laicato cattolico, al mondo del volontariato, per le aperture al dialogo con la società (sui temi del rispetto e della difesa della vita, e non solo) cogliendone la positività delle aspirazioni, ma anche il peso di alcune drammatiche emergenze. Ha rivalutato l’importanza della cultura e delle comunicazioni sociali. Sostenendo «Avvenire» e gettando le basi di quello che, continuando dopo la sua scomparsa il suo progetto, è diventato il settimanale «Toscana Oggi».