Firenze
Betori, la Messa per l’Epifania: riscoprire ciò che è essenziale. La Chiesa ritrovi lo slancio missionario
La pandemia, ha affermato l’arcivescovo di Firenze, “portando le nostre vite fino ai risvolti più critici, ha frantumato molte delle nostre presunte certezze e ci ha ricondotti alla nostra condizione di uomini in ricerca”.
“Riconoscere il valore che la vita racchiude in sé – ha proseguito – indirizza a riscoprire il volto del Creatore, allontanando da noi le chimere dell’uomo artefice di sé stesso o, peggio ancora, apprendista stregone, tentato di mutare la propria natura, secondo i miti del transumanesimo e del postumanesimo, pericolose aspirazioni per un’umanità incapace perfino di governare i suoi rapporti con la natura, al punto da dover subire gli sconfinamenti dei virus”.
Secondo Betori, “c’è anche da riscoprire il volto del Dio che è amore, mettendo fine ai disegni di potere che oppongono gli uni agli altri popoli, ceti sociali, le stesse relazioni familiari. L’antagonismo come strumento di soluzione delle differenze e dei conflitti ha mostrato tutti i suoi limiti nel momento in cui in questi giorni abbiamo potuto sperimentare che solo l’intesa senza barriere e la cura rivolta fino agli ultimi sono le strade per non restare tutti sterminati, per non dover accettare un minaccia che continuerà a incombere su di noi partendo da chi abbiamo escluso dalla condivisione”.
Betori ha parlato anche di slancio missionario, che “ha bisogno di essere oggi rinnovato con convinzione nelle nostre comunità, e per la nostra Chiesa fiorentina prendono il volto del Cammino sinodale a cui ci siamo impegnati rispondendo al mandato affidatoci da Papa Francesco nel discorso pronunciato cinque anni fa in questa cattedrale”. Occorre prendere maggiore consapevolezza, ha concluso, “che non solo nei paesi lontani, ma anche tra noi è il tempo di una rinnovata missione, verso coloro che non hanno mai conosciuto Cristo, perché giunti tra noi da nazioni e culture lontane, perché figli di una società che ha cancellato i segni della fede dalla sua cultura e non ne ha trasmesso la conoscenza nella catena delle generazioni, perché reduci da vicende di vita che ne hanno offuscato i riferimenti ultimi inducendo a ripiegarsi su sé stessi, senza speranza. Occorre suscitare interrogativi che aprano le menti e i cuori alla proclamazione dell’annuncio. Occorre rendere più trasparenti ed efficaci i modi con cui la novità del Vangelo viene testimoniata nel mondo nelle forme del servizio della carità ma anche in quello della cultura. Il Vangelo va mostrato come vita in pienezza”.