Firenze come Gerusalemme: nei tempi antichi si distribuiva il fuoco della Veglia pasquale acceso con le reliquie della Terra Santa, in ogni casa ardeva la fiamma del Cristo risorto. Oggi, per la precisione dal 2012 in poi, è stato ripristinato l’antico rituale e il fuoco benedetto che dà il via al volo della colombina per lo Scoppio del Carro viene acceso durante la Veglia di Pasqua con le pietre provenienti dal Santo Sepolcro di Gerusalemme, e custodito per tutta la notte in un braciere all’interno di Santa Maria del Fiore. Un ritorno al tradizionale rito reso possibile grazie all’operato del Segretario del Cardinale Giuseppe Betori, don Roberto Gulino che è anche docente di Liturgia, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano e cerimoniere. È in uscita in questi giorni il suo libro «Il rito dello Scoppio del Carro della Chiesa fiorentina nella solennità di Pasqua», pubblicato nella collana dell’Archivio Arcivescovile di Firenze ed edito da Pagnini. Il volume prende spunto dalla tesi di Dottorato di don Roberto, a completamento degli studi di specializzazione in Liturgia. L’occasione pubblica per parlare di questo importante rito fiorentino è stato l’incontro che si è svolto lo scorso sabato a Palagio di Parte Guelfa per il ciclo «Raccontiamo Firenze, incontri sulla storia e le tradizioni fiorentine» a cura del Consiglio di Quartiere 1 del Comune di Firenze al quale ha partecipato anche il direttore del Corteo Storico, Filippo Giovannelli Checcacci. Un legame fortissimo tra Firenze e la fede, che ha il suo culmine proprio nello Scoppio del Carro nel giorno di Pasqua. «Lo Scoppio del Carro è il modo, unico al mondo, dei fiorentini di vivere la Pasqua» ha sottolineato don Roberto Gulino, raccontando le origini di questa tradizione. «Anticamente un carro veniva usato per distribuire il fuoco della notte di Pasqua, tutti i fiorentini ricevevano il fuoco benedetto nelle loro case, un carretto sempre più elaborato, fino ad arrivare alla leggenda di Pazzino de’ Pazzi. Nel XIII secolo esiste un legame forte tra Firenze e Gerusalemme, si distribuisce il fuoco così come veniva fatto in Terra Santa». Un legame storico che è documentato da un Ordinario, un manoscritto del 1230 che descrive come avveniva la celebrazione con il fuoco che giungeva alla Cattedrale, in un primo tempo da Santa Maria Sopra Porta, dove un tempo dovevano essere conservate le tre pietre, le reliquie del Santo Sepolcro con il quale veniva acceso, poi custodite nella Chiesa di San Biagio. Sin dal IV secolo era viva a Gerusalemme la tradizione di portare nelle case il fuoco benedetto che veniva distribuito ai presenti nella Chiesa della Resurrezione, l’«Anastasis», e poi portato in ogni casa con le candele, un rito che si affermò anche a Firenze. Per tanti secoli lo scoppio del carro veniva fatto al mezzogiorno del Sabato Santo così come la Veglia di Pasqua, poi negli anni ’50 venne stabilito l’orario serale per la Veglia. Nel 1955 la Chiesa iniziò a celebrare la Veglia di Pasqua la sera del Sabato Santo, non prima delle ore 20, e nel 1956 lo Scoppio del Carro a Firenze avrà luogo di notte. Poi la decisione di spostare alla mattina della Domenica di Pasqua il tradizionale Scoppio del Carro, perdendo però il legame con il fuoco pasquale. Per tanti decenni, fino al 2011, l’avvio alla colombina è stato dato con il fuoco acceso la mattina stessa, poi nel 2012 e grazie a Don Gulino, il cambiamento del rito. Il Sabato Santo dalla Chiesa dei Santissimi Apostoli, dove oggi sono conservate, le tre reliquie vengono inviate alla Cattedrale: durante la Veglia di Pasqua, le pietre vengono usate, sul sagrato della Cattedrale, per accendere il fuoco con cui viene acceso il cero pasquale. Il fuoco benedetto sarà poi custodito tutta la notte in Cattedrale, nel braciere da cui la mattina di Pasqua, al canto del «Gloria» della celebrazione eucaristica, prenderà il via lo spettacolare scoppio del carro che per i cristiani simboleggia la Resurrezione del Cristo. Non è un caso che sia proprio la colomba dello Spirito Santo a portare la fiamma dall’interno della cattedrale al carro, sistemato davanti al sagrato.«Lo scoppio del carro parla alla nostra fede – sottolinea don Roberto Gulino – dal 2012 la decisione di recuperare il legame tra scoppio del carro e Veglia di Pasqua permette di valorizzare il significato, un modo unico al mondo per celebrare la Pasqua che si svolge a Firenze».Il «Brindellone» tra storia e leggendaTra il 1095 e il 1099 Pazzino de’ Pazzi porterà a Firenze dal Santo Sepolcro tre pietre che saranno custodite nella Chiesa di San Biagio, sotto Palagio di Parte Guelfa. Sarà infatti Goffredo di Buglione, artefice della Prima Crociata a concedere l’emblema dei due delfini dorati e delle croci dorate su fondo azzurro che da quel momento in poi compariranno nelle armi dei Pazzi, famiglia originaria di Fiesole che arriverà a Firenze contribuendo alla ricchezza della città. Altre ipotesi si affacciano su chi avrebbe portato le sacre reliquie dalla Terra Santa: Pazzo di Ranieri, padre di Jacopo che nella Battaglia di Montaperti portò il vessillo di Firenze o forse anche Pazzo il Giovane pronipote di Pazzo il Crociato. La distribuzione del fuoco santo alle famiglie comunque sarà gestita per vari secoli dalla famiglia dei Pazzi. Dopo la congiura, nel 1478, non spetterà più a loro ma passerà all’Arte di Calimala, fino al 1494 in cui verrà recuperata la tradizione. Nel 1859 con la morte dell’ultimo discendente della famiglia, Gaetano Pazzi, l’organizzazione dello Scoppio del Carro passerà al Comune di Firenze e alla Curia. Il «Brindellone» (questo il nome della tradizione fiorentina per il Carro) è in legno, alto 8 metri e 70 per 3,40 m. di larghezza, per tutto l’anno è conservato al n. 48 di Porta al Prato, da qui uscirà carico di fuochi d’artificio e petardi; ancora oggi conserva gli stemmi della famiglia dei Pazzi a suggello dell’antico legame. Per lo Scoppio del Carro vengono messi in azione ben quattro cortei e sono oltre trecento i personaggi coinvolti, in una foto datata 1952 si documenta già la presenza del Corteo Storico che accompagna il Carro. Un tempo lo Scoppio del Carro veniva fatto in altri luoghi fiorentini, ad esempio in Piazza della Repubblica, dove il 10 aprile del 1909 purtroppo lo scoppio colpì la folla e oltre a feriti ci furono anche due morti. L’origine del volo della colombina, che venne istituita la Leone X, risaliva alle pratiche agricole, oggi la colombina è di cartapesta, ma inizialmente veniva usata una colomba vera, imbalsamata, su questa sono montati i due razzi. Il volo interrotto è presagio di sventure e in passato ricordiamo la gelata del 1984 che distrusse tutti gli ulivi nei dintorni di Firenze, l’inverno del 1988, ma più di tutti la tragedia dell’alluvione di Firenze nel 1966.