Firenze

Monsignor Livi: lettera ai parrocchiani per i settant’anni di sacerdozio

Cari parrocchiani e cari amici,Vorrei con voi ringraziare il Signore per questa mia lunga vita e soprattutto ringraziarlo per avermi donato settanta anni di sacerdozio.Ho ancora davanti ai miei occhi quelle venerate mani del Cardinale Elia Dalla Costa che si posavano sul mio capo il 18 Luglio 1937. Vedo le lacrime di commozione dei miei genitori e di mia sorella che assistevano alla ordinazione. Rivivo la gioia dei miei compagni di ordinazione che ora cantano il Te Deum non nella Cappella del Seminario ma in Paradiso. L’ordinazione avveniva in un tempio a me particolarmente caro, perché nel “Bel San Giovanni” ero stato anche battezzato. Dieci giorni dopo mi giunse una Bolla dove mi si nominava Vicario Economo di s. Giusto a Montalbino e di s. Lorenzo a Montalbino. “Prenderà servizio il 15 Agosto, festa di Maria Vergine Assunta in cielo. Per l’inizio del suo ministero la benedica Iddio” Elia Cardinale Dalla Costa.Così io, cittadino, iniziavo il mio ministero in mezzo ai contadini. Ringrazio Iddio per avere sperimentato la vita dura di quegli uomini e di quelle donne, per averne condiviso i disagi. Come loro, in casa, ero senza acqua e senza luce elettrica. Con loro ho vissuto il passaggio della guerra. Iniziava cosi il mio ministero ricco poi di svariate esperienze. Infatti dopo otto anni vengo catapultato sull’Appennino, sulla linea Gotica, dove per tutto l’inverno era ristagnata la guerra. Io ringrazio Iddio per essere stato un prete sulla montagna. In un paese rovinato dalla guerra, dove tutto c’era da ricostruire. Lassù ho vissuto gli anni ruggenti della vita (31-52). Sono stato presente in ogni attività della parrocchia e del paese. Con i miei confratelli sacerdoti mettemmo su una Scuola Privata Autorizzata. Ringrazio Iddio per essere stato anche prete in montagna.Sul più bello il Cardinale mi nominò Vicario Episcopale per il Clero e l’Azione Pastorale. “Devi venire a Firenze e per abitazione ti darò una parrocchia del Centro di poco conto: San Simone e Giuda”. Mi travolse l’alluvione. Così condivisi i disagi dei fiorentini. Mi fu di grande gioia il ricevere la notte di Natale il Pontefice Paolo VI in s. Croce a nome dei parroci fiorentini. Ma il lavoro in Curia e in Diocesi, e quello di una parrocchia alluvionata si univa male. Allora fui mandato direttore spirituale all’Educandato della S.S. Annunziata al Poggio Imperiale. Approfondii la psicologia femminile, il comportamento della donna, il metro femminile diverso da quello maschile. Tutto è grazia.Venne poi un passaggio che direbbero traumatico. Da un ambiente tutto femminile a un ambiente tutto maschile. “Il Consiglio presbiterale ha indicato all’unanimità il suo nome come Rettore del Seminario”. Il Seminario è il cuore della Diocesi. Senti la responsabilità di presentare al Vescovo i candidati al sacerdozio, devi essere nelle mani dello Spirito Santo per farne il discernimento. E’ un luogo di prestigio, ma soprattutto di responsabilità.Ringrazio Iddio per questa bella esperienza che ti mantiene giovane tra i giovani. Ringrazio Iddio perché i seminaristi di quel tempo, oggi, sono in posti importanti in Diocesi e si fanno onore.E poi eccomi a s. Lorenzo “Ci starà per poco, è vecchio ”  - disse una donna mentre venivo su per chiesa col Cardinale Benelli. Ci sono da 27 anni. Vi chiedo scusa se sono venuto con voi quando i capelli si fanno bianchi, quando le forze fisiche e mentali declinano piano piano.Fare il parroco in un paese è essere pescatore in un lago. Fare il parroco in città è pescare in mare aperto. Tutto è più difficile.Io so di amare il mio ufficio di parroco e ringrazio ancora Dio di avermi scelto a questo ministero.Io so di amare voi che siete “le pecorelle” che Dio mi ha affidato. Non è facile con molte chiese e chiesine trovare in città l’unione desiderata. Poi la parrocchia di s. Lorenzo ha compiuto una grande trasformazione. Era come un borgo, tutti si conoscevano, la gente si parlava dalle finestre; si calava il panierino al lattaio, al giornalaio, allo stagnino, all’arrotino. Ora se muore uno all’ultimo piano quelli del piano terreno non lo sanno. La città è diventata un deserto abitato. Sono venuti molti che vi abitano alcuni anni e poi vanno via. Sono arrivati molti dal di fuori e da lontano. L’accoglienza è una virtù cristiana. Però l’accoglienza è una cosa e l’occupazione un’altra.Abbiamo fatto alcune cose insieme. Il restauro totale della Basilica e della Sacristia Vecchia; il restauro totale della succursale s. Barnaba; il rifacimento completo di una parrocchia di campagna a noi affidata, s. Lorenzo a Colline. Il dono a Taybeh, Terra Santa, di un centro di prodotti tipici locali, e la costruzione completa di una casa di riposo che fa parlare di sé per tutta la Terra Santa.Ma il prete ha sete d’anime. Qui, cari miei, bisogna stringersi, darci una carica per intraprendere una rievangelizzazione. E’ la cosa che mi fa pensieroso, ma che mi sta nel cuore. Vorrei passare gli ultimi anni o mesi della mia vita pregando e annunziando a voi il Vangelo che salva e che risolve tutti i problemi. Vorrei nascessero degli evangelizzatori, degli operatori pastorali che aiutassero questo vecchio prete nei suoi limiti e nella pesantezza dei suoi anni.Sottolineo i versetti del salmo che sono la mia preghiera:“Non mi respingere nel tempo della vecchiaianon abbandonarmi quando declinano le mie forze E ora nella vecchiaia e nella canizieDio non abbandonarmiperché io annunzi la tua potenzaa tutte e le generazioni le tue meraviglie” Sal 70 Angiolo Livi Priore