Firenze

Padre Franzelli: auguri di pace e gioia dall’Uganda

A metà ottobre, Mons. Giuseppe Franzelli, ci scriveva «finalmente, in questi ultimi mesi, le trattative di pace in corso a Juba in Sudan, hanno aperto uno spiraglio di speranza. Molti hanno quindi lasciato i campi per sfollati e si sono avventurati a tornare verso i loro villaggi di origine. Si sono messi a ricostruire le loro capanne, a disboscare e coltivare i campi, sperando in un buon raccolto che dia loro la possibilità di ricominciare a vivere una vita normale. È su questa gente che invece si è abbattuta la furia di continue piogge torrenziali che hanno allagato capanne, scuole, cappelle, dispensari, spazzato ponti e sommerso strade e campi, danneggiando irreparabilmente ciò che era stato seminato e compromettendo ogni possibilità di raccolto. … Per quanto riguarda la mia diocesi, questa è la situazione di circa 80.000 persone, sparse in 17 delle 19 “sub counties” del distretto di Lira, nella parte nord est del Lango».L’appello del Vescovo di Lira non è caduto nel vuoto e, nella lettera spedita a tutti gli amici a dicembre, lo sottolinea con gioia: «Grazie per la preghiera con cui tantissimi hanno voluto essere vicini a migliaia di fratelli ugandesi». «La vostra generosità – prosegue – ci ha permesso di agire in due momenti e modi diversi: un primo intervento di emergenza, con l’invio e distribuzione di autocarri carichi di fagioli, farina, coperte ed altri generi di prima necessità; ed un secondo intervento tuttora in atto, che mira ad affrontare un’ulteriore prevedibile emergenza nei prossimi mesi. Stiamo infatti comprando e immagazzinando tonnellate di derrate alimentari, da distribuire quando – esauriti gli aiuti di emergenza e le eventuali scorte che alcuni erano riusciti a salvare – molta gente di Aliwang, Aloi ed Alanyi si troverà probabilmente di fronte allo spettro della carestia…»Con questa lettera monsignor Franzelli ci comunica che anche pochi giorni prima una tromba d’aria aveva scoperchiato il tetto di alcuni edifici della ex scuola per Insegnanti di Ngetta, che stanno cercando di trasformare in un Collegio o «Campus» collegato all’Università Cattolica dei Martiri d’Uganda. Due sacerdoti sono rimasti senza tetto: gli zinchi di copertura sono stati scaraventati a decine di metri di distanza. Ci aggiorna sulle trattative di pace che sembrano riprendere proprio in questo periodo e ci invita ad unirci a loro recitando alla fine della messa un «Padre Nostro» per chiedere per l’Uganda e per tutto il mondo il dono della pace, annunziata a Natale. Loro lo fanno in tutte le Chiese della Diocesi da anni.La lettera di Mons. Franzelli ci aiuta a vivere in maniera intensa quella comunione fraterna che è nata grazie al gemellaggio fra le nostre Diocesi. Anche se un po’ in ritardo, vogliamo che vi arrivino comunque i suoi auguri per il Natale che abbiamo appena vissuto: «Natale, quello vero, che auguro anche a tutti voi, è l’annuncio ed il dono di pace, libertà, gioia e pienezza di vita che Dio ci ha donato e continua a regalarci attraverso un bambino – suo figlio – di nome Gesù. È in Lui che non solo il prossimo anno 2008, ma tutta la nostra vita può essere davvero nuova e felice!»

Anna Zucconi

Lettera di Natale vescovo Franzelli (formato .pdf)

Il testo della Lettera

Carissimi,GRAZIE!Prima ancora di farvi gli auguri per Natale, sento di dovervi ringraziare di cuore per la pronta e generosa risposta alla mia richiesta di aiuto per le vittime dell’inondazione che ha colpito alcuni mesi fa parte della diocesi di Lira. A nome della mia gente, a tutti e ciascuno, GRAZIE!Grazie per la preghiera con cui tantissimi hanno voluto essere vicini a migliaia di fratelli ugandesi. Sono sicuro che è innanzitutto per questo che il Signore non ci ha fatto mancare la speranza ed il coraggio di affrontare una situazione davvero pesante. Molti di voi hanno inviato denaro: dai 10 o 20 Euro di chi fa fatica a tirare avanti, alle somme più importanti che rappresentano la solidarietà ed il sacrificio di persone o gruppi che hanno voluto dare una mano a chi ha perso casa o raccolto, e spesso tutti e due.La vostra generosità ci ha permesso di agire in due momenti e modi diversi: un primo intervento di emergenza, con l’invio e distribuzione di autocarri carichi di fagioli, farina, coperte ed altri generi di prima necessità; ed un secondo intervento tuttora in atto, che mira ad affrontare un’ulteriore prevedibile emergenza nei prossimi mesi. Stiamo infatti comprando e immagazzinando tonnellate di derrate alimentari, da distribuire quando ­ esauriti gli aiuti di emergenza e le eventuali scorte che alcuni erano riusciti a salvare ­ molta gente di Aliwang, Aloi ed Alanyi si troverà probabilmente di fronte allo spettro della carestia… Speriamo così, grazie al vostro aiuto, di riuscire a superare questo momento di grande difficoltà. La vostra solidarietà ha permesso e permetterà quindi a migliaia di persone di continuare a vivere e sperare in tempi migliori. A nome loro e mio personale, di nuovo grazie di cuore a tutti ed a ciascuno di voi. Dio, Padre di tutti, vi ricompensi e benedica!Ora però, per essere del tutto franco con voi, devo aggiungere che dieci giorni fa una tromba d’aria ha scoperchiato il tetto di alcuni edifici della ex – Scuola per Insegnanti di Ngetta, che stiamo cercando di trasformare in un Collegio o “Campus” collegato all’università cattolica dei  Martiri d`Uganda. Due sacerdoti sono rimasti senza tetto, gli zinchi di copertura sono stati scaraventati a decine di metri di distanza ed alcuni sono ancora pericolosamente in cima agli alberi, a 15 metri di altezza. I danni ammontano a qualche centinaia di milioni: una “sorpresa” di cui, umanamente parlando, non avevo proprio bisogno! Pregate quindi il Signore che mi aiuti a far fronte anche a quest’ultima prova…AUGURI! Eccomi finalmente al secondo motivo di questa lettera: augurarvi di tutto cuore un Santo Natale ed un Felice Anno Nuovo! Vi sto scrivendo nella notte fra il 22 e il 23 Dicembre. Sono piuttosto stanco e mi perdonerete se, come magari vi aspettereste da un vescovo, non mi sento in grado di lanciarmi in profonde riflessioni sul significato del mistero che celebreremo fra due giorni. Natale qui per me, quest’anno, è qualcosa, anzi Qualcuno che illumina, dà speranza e significato a ciò che mi è dato di vivere ogni giorno. La risposta di Dio al bisogno e alle domande mie e delle persone con cui sono chiamato a vivere. Ma è, al tempo stesso, Qualcuno che non cessa di mettermi in discussione e pormi delle domande per evitare che mi addormenti e prenda tutto per scontato.Natale, quello vero, che auguro anche a tutti voi, è l’annuncio ed il dono di pace, libertà, gioia e pienezza di vita che Dio ci ha donato e continua a regalarci attraverso un bambino ­ suo figlio ­ di nome Gesù. E’ in Lui che non solo il prossimo anno 2008, ma tutta la nostra vita può essere davvero nuova e felice!Permettetemi allora di condividere con voi alcuni fatti e domande.Pace. Il mese scorso, una delegazione dei ribelli del Lord’s Resistance Army (LRA) è venuta a Lira ad incontrare la gente e discutere le modalità per la ripresa delle trattative di pace. Ho passato alcuni giorni con loro. A Barlonyo, dove i ribelli hanno massacrato oltre 380 civili, sono stato davvero “evangelizzato” dai superstiti di quella tragedia i quali, assieme ad altre persone rapite o mutilate dallo LRA, hanno pubblicamente perdonato i responsabili di tutte queste atrocità. Hanno solo chiesto il ritorno dei figli rapiti e tuttora vivi, e soprattutto, la pace. Il problema resta la sincerità e volontà di pace del capo dei ribelli, Kony, che proprio in quei giorni ha ammazzato il suo vice, Otti, favorevole alle trattative col governo. Da anni, in Uganda, alla fine della messa, noi recitiamo ogni giorno un “Padre Nostro” per la pace. Unitevi a noi, chiedendo per l’Uganda e per tutto il mondo il dono della pace, annunziata a Natale.Libertà. In queste ultime settimane sono stato in prigione. In visita pastorale, naturalmente. A Loro, i carcerati scontano la sentenza lavorando in una grande fattoria. Nella prigione centrale di Lira, invece, la maggior parte dei carcerati, alcune centinaia, sono in attesa di giudizio. In vari casi, purtroppo, passano non solo mesi ma addirittura anni prima che il tribunalegiudichi il caso ed emetta la sentenza. Per cui ci sono innocenti privati ingiustamente della loro libertà, famiglia, lavoro e diritti… Uscendo dal carcere, mi ha accompagnato una domanda, che giro anche a voi. Cosa ne faccio della libertà di cui godo e che vivo come naturale e scontata? Accetto o cerco di combattere l’ingiustizia nella mia vita e intorno a me?Gioia. La nascita di un bimbo porta gioia. Quella di Gesù comporta il dono della pienezza di vita per tutti gli uomini, che attraverso di lui diventano in modo unico figli di Dio. Le celebrazioni del Natale rispecchiano questa gioia. Welo kelo yengo, dice un proverbio Lango.L’ospite porta abbondanza. Di fatto in suo onore si prepara qualcosa di buono, e anche quelli di casa, costretti magari dalla povertà a magri pasti, possono  per l’occasione mangiare in abbondanza.Tradizionalmente, in Europa, la gioia del Natale si esprime anche in un abbondante pranzo o cena in famiglia. Questo mi ricorda Betty. L’ho incontrata il mese scorso. Forse ve ne ho già parlato in passato. Papà ucciso dai ribelli, mamma morta di Aids, tre anni fa Betty Akao ha dovuto smettere di andare a scuola e a 14 anni si è trovata a fare da mamma a Dorcas, Lawrence e Denis. Lavora sodo nei campi, cucina e si dà da fare per pagare la scuola alla sorella e ai due fratelli, ma evidentemente non ce la fa. Viene quindi ogni tanto a chiedere aiuto, rendendo conto di come ha speso i soldi ricevuti. L’ultima volta, è venuta con un mese di anticipo. I soldi, secondo i miei calcoli, dovevano bastarle più a lungo. “Come mai? Che cosa è successo?”, le chiedo preoccupato e con una punta di malcelato rimprovero. Abbassa gli occhi, intimorita. “Denis e Lawrence erano sempre malaticci…” Poi si fa coraggio e aggiunge: “Prima mangiavamo solo una volta al giorno, ora mangiamo tre volte!” Lo dice in fretta, come se volesse nascondere una marachella e farsi perdonare di averla fatta grossa, senza … chiedermi il permesso. “Adesso i ragazzi stanno bene.”Resto senza parole. Al diavolo i soldi! Io mangio tre volte al giorno, da sempre… Inquieta per il mio silenzio, la ragazza alza gli occhi, con uno sguardo ed un sorriso timido e disarmante. “Va bene, Betty. Non ti preoccupare. Continuate a mangiare tre volte. I soldi li troveremo.” Si alza raggiante, ringraziando con un sorriso aperto. La gioia di una giovane sorella maggiore chiamata ad essere mamma, che può finalmente dare da mangiare a sufficienza ai suoi tre fratelli.Un bambino. Natale è Lui, il bambino nato per noi. Ieri sono  stato in un centro di riabilitazione, in mezzo a un gruppo di  bambini poliomielitici ed ex-bambini soldato feriti, con mani opiedi fracassati da pallottole o mine. Stamani invece ho pregato e giocato con un gruppo di bambini sieropositivi, nell’ambito dell’associazione COSBEL per malati di Aids. Ciò che ho visto mi ha lasciato il cuore gonfio. Di gioia per i bambini che riprendono o riescono a camminare per la prima volta, per quelli che rispondono bene alla terapia e possono andare a scuola. Di tristezza per quelli che non ce la fanno, per alcuni che molto probabilmente non saranno più con noi a celebrare il prossimo Natale… E’ fin troppo naturale ed umano domandarsi: ma Natale non è per tutti i bambini del mondo? Cosa facciamo perché sia davvero così?Gesù. Il Natale vero è la celebrazione dell’amore di Dio che salva l’umanità con il dono di suo Figlio. Il nome di Gesù infatti significa “Dio salva”. In Lui e per Lui, Dio ci dà vita, ci ama e ci salva, ogni giorno. In fondo, non c’è nome più bello. Io mi chiamo Giuseppe. E’ un nome che mi piace, come spero che ad ognuno di voi piaccia il suo. Ma alcuni giorni fa mi hanno dato anche un altro nome.E’ successo ad Ader, nella zona di Otwal, parrocchia di Aboke. Durante la mia prima visita nella zona, un anno e mezzo fa, la gente viveva ancora nei campi per sfollati, in condizioni disumane. Insieme abbiamo pregato per la pace. Quest’anno, il campo è stato smantellato e la gente è tornata a casa, ricominciando a lavorare per costruirsi un futuro migliore. Riflettendo e connettendo questi due fatti, la rappresentante politica della zona ha pubblicamente annunciato che la popolazione di Otwal mi ha dato un nome locale, segno della mia appartenenza alla gente Lango. “Ti chiamiamo `Okelo’ (colui che porta o ha portato), pien ikelo kuc, perché hai portato la pace!” Mi sono subito affrettato a spiegare che chi porta davvero la pace è solo Dio, attraverso Gesù, ma non vi nascondo che, se da una parte la cosa mi ha fatto piacere, mi ha anche fatto riflettere. Gesù ci ha portato la pace, la possibilità di una vita nuova, la sua gioia. Si è fatto e continua a farsi dono per noi, ogni giorno. Io, Giuseppe “Okelo”, che cosa porto come dono agli altri? E’ una domanda che penso possiamo e dovremmo farci tutti. Quale dono sono, nella vita e per la vita di chi mi è vicino in famiglia, a scuola, sul lavoro, e per chi, anche se lontano, è diventato in Cristo parte dell’unica famiglia dei figli di Dio? A Natale, riceviamo e diamo regali. Accogliendo il dono di Gesù, Dio che salva, preghiamo perché ci sia dato il coraggio e l’amore sufficiente per diventare noi stessi dono gli uni per gli altri. Non solo una volta all’anno, per Natale, ma oggi ed ogni giorno del nuovo anno che il Signore sta per regalarci. Auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo!p. GiuseppeVescovo di Lira, Nord Uganda