Firenze

Fede e scienza in dialogo nell’anno di Galileo

DI RICCARDO BIGI

Firenze si prepara alle celebrazioni, nel corso del 2009, dell’anno Galileiano in ricordo delle prime scoperte astronomiche fatte da Galileo Galilei, con l’ausilio del cannocchiale da lui inventato, nel 1609. Un appuntamento che prevede molte iniziative: tra queste anche un grande convegno  che sarà organizzato in maggio dall’istituto Stensen e che vedrà riuniti i massimi esperti nel campo, per affrontare la questione (centrale nella vita e nel pensiero di Galileo) del rapporto tra fede e scienza.Un tema sul quale l’arcivescovo Giuseppe Betori ha voluto aprire la riflessione durante la Messa celebrata lunedì scorso in Battistero per l’apertura dell’Anno Accademico dell’Università. Per sottolineare, con chiarezza, che il grande scienziato non può essere interpretato in una chiave di contrapposizione tra scienza e fede, ma che anzi una delle più grandi intuizioni galileiane sta proprio nell’aver compreso che non ci può essere contraddizione tra «il libro della fede» e il «libro della natura», visto che entrambi hanno il medesimo autore.Parlando al mondo accademico fiorentino, Betori ha iniziato la sua omelia sottolineando che «la grandezza e il limite dell’uomo» sta proprio nel fatto che «non gli è dato un sapere assoluto in forza di una evidenza cogente, che ne annullerebbe la libertà e farebbe scomparire ogni separazione tra fede e scienza. Dio e la sua verità non ci si impone per evidenza indiscutibile, ma si avvicina a noi nella incertezza dei segni poveri dell’umanità di Gesù e lascia campo alla ricerca dell’uomo in tutto ciò che concerne la costituzione e le vicende del mondo. In tale prospettiva, fede e scienza non si oppongono tra loro, ma scaturiscono ambedue da una volontà divina che rispetta l’uomo nella sua libertà in ordine alla fede e nella sua ragione in ordine alla conoscenza del mondo». È proprio «in questo spazio di libertà e di ricerca, lasciato sgombro dall’assenza di un segno dal cielo», ha spiegato Betori, che si colloca «l’avventura della fede come pure quella della conoscenza, l’itinerario del sapere e al tempo stesso dell’esperienza religiosa». L’arcivescovo ha quindi richiamato il discorso di Benedetto XVI Santo Padre al Collège des Bernardins a Parigi ricordando, come allora aveva fatto il Papa, che «l’impulso più forte dato alla ripresa delle scienze nel mondo occidentale è maturato nel contesto di quei luoghi della ricerca di Dio che sono stati i monasteri medievali». La letteratura, le scienze umane, ma anche le scienze naturali, sono nate e si sono sviluppate, quindi, «in forte simbiosi con la ricerca del Dio creatore». L’Arcivescovo ha quindi puntato il dito contro «le pretestuose parole di quanti, da una parte e dall’altra, vorrebbero scavare un abisso tra fede e ragione, tra esperienza religiosa e itinerario di conoscenza mediante le scienze! Non è questa come abbiamo visto la posizione autentica della Chiesa, che nella radice della fede trova le motivazioni del rispetto della ragione e delle sue vie».Nessuna contrapposizione, dunque, tra fede e scienza. Ma un cammino che si svolga lungo un solco comune, quello dell’umanesimo, che monsignor Betori ha indicato con queste parole: «La ricerca di un sapere che sia autenticamente umano e umanizzante, e al tempo stesso capace di favorire l’incontro e la convivenza, è oggi un dovere inderogabile degli uomini di studio e delle istituzioni culturali». E ancora: «Sull’alterità dell’uomo rispetto al resto del creato, sul suo connaturale legame con il Creatore si è edificata nei secoli una sapienza umana e cristiana, che nel riconoscere la centralità dell’uomo non lo ha mai opposto al mondo e a Dio, ma lo ha riconosciuto in una dignità personale che lo qualifica in ordine agli itinerari della conoscenza e della libertà». Questi dunque i punti fermi di ogni percorso di ricerca, sia religioso che scientifico: «Rispettare i fondamenti di questo umanesimo – ha sottolineato Betori – è garanzia di futuro per l’umanità e via maestra dell’incontro tra fede e ragione, per quanti vogliono essere coerentemente cultori e dell’una e dell’altra, senza opposizioni e senza confusioni». E proprio questa era, per l’Arcivescovo, «la grande intuizione di Galileo Galilei»: il fatto che non ci può essere contraddizione tra «il libro della fede» e il «libro della natura», visto che entrambi hanno il medesimo autore. Mentre la città si prepara alle celebrazioni dell’Anno Galileiano, Betori quindi ha voluto ricordare le parole dello scienziato toscano: «Procedono di pari dal Verbo divino la Sacra Scrittura e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio». Affermazioni, ha sottolineato, «sufficienti a dimostrare quanto poco vicino a Galileo sia chi vorrebbe opporlo alla fede». È proprio nell’orizzonte indicato dall’inventore della moderna astronomia, ha ricordato Betori, che il Concilio Vaticano II invita a collocare l’esercizio della ricerca umana: «La ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio» (Gaudium et spes). Una frase, come l’Arcivescovo di Firenze ha voluto sottolineare nel suo discorso al mondo universitario fiorentino, che nel testo conciliare precede immediatamente il riconoscimento dell’errore compiuto nei riguardi di Galilei: «A questo punto, ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancano nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro».

L’omelia di mons. Betori nella Messa per l’apertura dell’anno accademico dell’Università di Firenze