DI ALESSANDRO ANDREINI È all’insegna della duplice mensa della Parola e del Pane che si è celebrata, venerdì scorso 6 luglio, la solennità di san Romolo, patrono della città e diocesi di Fiesole. Il consueto programma ha visto, al mattino, nell’Aula magna del Seminario vescovile, l’assemblea del clero dedicata alla presentazione, da parte del nostro Vescovo Luciano, della sintesi conclusiva dello svolgimento e dei voti del Congresso Eucaristico Diocesano. Un’occasione provvidenziale per ripercorrere le varie tappe celebrative, di preghiera e di riflessione che lo hanno caratterizzato: i motivi di gratitudine che i vari eventi hanno posto all’attenzione della ctò diocesana, così come le difficoltà e le carenze che ancora attendono di essere prese in esame e approfondite. Due i voti che la diocesi esprime all’indomani della conclusione del Congresso: in primo luogo, la consapevolezza della necessità di riscoprire la centralità dell’Eucaristia nella vita cristiana. E questo a livello della fede e della celebrazione, riguardo alla quale il Vescovo, con la sua consueta sensibilità, ha puntualizzato vari aspetti decisivi. Non ultima la carenza di ministranti, manifestatasi proprio nella celebrazione del Congresso eucaristico a loro dedicata. E poi la cura delle letture e dei canti durante la messa domenicale: tutto fortemente finalizzato a fare davvero della domenica il giorno per eccellenza della fede e della comunità. Una particolare sottolineatura, in questa prospettiva, è quella relativa alle vocazioni al sacerdozio, infatti, come si legge nel testo, «senza il sacerdozio apostolico non può esservi nella Chiesa la celebrazione della santa Messa e la presenza del divino Sacramento dell’Eucaristia» (pp. 20-1). Il secondo voto riguarda le implicazioni sociali del mistero eucaristico, l’impegno che il pane spezzato e il sangue versato per noi significano e sollecitano nei credenti: in primo luogo, l’Eucaristia invita tutti con decisione a crescere nell’esperienza della comunione, sia a livello personale che comunitario. «È opportuno si legge nel documento che dall’esperienza positiva del Congresso Eucaristico non sia fatto cadere nel vuoto un rinnovato appello a favorire le dinamiche della comunione anche mediante una partecipazione più convinta alla vita diocesana e alle sue iniziative, da parte dei sacerdoti e dei fedeli laici» (p. 23). Non meno urgente l’appello alla solidarietà e alla carità, che si declina in varie dimensioni tutte essenziali per vivere in modo pieno la nostra fede eucaristica: la dedizione ai poveri, che non mancano anche nel nostro territorio, la cura pastorale dei malati, l’attenzione al vasto e complesso mondo degli immigrati, sempre più diffusi e che chiedono di essere avvicinati sia per necessità materiali che spirituali. All’assemblea è poi seguita la solenne concelebrazione eucaristica in cattedrale, con la partecipazione di un gran numero di sacerdoti della diocesi, nella quale sono stati ricordati anche coloro che, in questo anno, celebrano l’anniversario della loro ordinazione presbiterale: oltre all’anniversario dei 50 anni di ordinazione del nostro Vescovo, celebrato solennemente lo scorso 7 giugno, ricordano il 50° anche monsignor Ademo Boschi e monsignor Giuliano Giusti, mentre monsignor Andrea Lombardi ricorda il 25° di ordinazione. Nella sua omelia, il nostro Vescovo ha dedicato ampio spazio alla presentazione del nuovo ambone in bronzo della cattedrale, realizzato da Paolo Annibali e significativamente benedetto dal Vescovo proprio all’inizio della liturgia della Parola: un’opera di grande efficacia espressiva, ha detto il Vescovo, e che ben si inserisce nel contesto di tutto il complesso della cattedrale. Nel pomeriggio, infine, la seconda celebrazione solenne, presieduta dall’arcivescovo Marco Brogi, e durante la quale il Vicariato del Valdarno Fiorentino ha fatto dono dell’olio con il quale quest’anno verrà accesa la lampada che arde continuamente presso le reliquie di san Romolo.L’ambone di Paolo Annibali La si attendeva da tempo, la realizzazione, nella nostra cattedrale, di un ambone degno della ricchezza artistica dell’edificio, e che potesse svolgere la sua insostituibile funzione nella celebrazione della Messa, luogo dove viene proclamata solennemente la Parola e monumento che continuamente testimonia l’annuncio della risurrezione, quello che nella notte di Pasqua il diacono comunica con il canto dell’«Exultet». E, in effetti, è proprio intorno a queste prospettive che è nata l’idea del maestro marchigiano Paolo Annibali, cui è stata affidata la realizzazione del nuovo ambone in bronzo. Il sepolcro vuoto sul quale è come abbandonato il sudario del quale il Risorto si è liberato nella sua vittoria sulla morte. E ai piedi del sepolcro, quasi corona di testimoni chiamati a portare la notizia fino ai confini della terra, i quattro evangelisti, ognuno in posizione dinamica, chi assorto, chi in attesa di una luce dalla colomba dello Spirito che si libra al di sopra del sepolcro. Sul retro, infine, un pavone richiama esplcitamente il mistero della vittoria sulla morte, con il riferimento a quel mito dell’Araba Fenice che i padri della Chiesa fin dall’inizio hanno visto come lontana prefigurazione del mistero di Cristo. Un’opera davvero preziosa e prestigiosa, il cui merito va certamente al Maestro Annibali, ma anche a coloro che hanno commissionato e seguito il lavoro, riuscendo in un non scontato inserimento dell’arte contemporanea dentro un contesto artistico molto connotato. E quando il diacono ha collocato l’Evangeliario delle Chiesa d’Italia al suo posto sull’ambone, si è potuto comprendere nel modo migliore il perché di questo luogo elevato e solenne: è là che la Parola siede in trono per ammaestrare tutte le genti e per condurle verso la luce della vita.