Fiesole

Corso per animatori della comunicazione: ora i laboratori

DI ANTONIO DEGL’INNOCENTILa prima parte del corso di animatori della cultura e comunicazione, promosso dalla diocesi di Fiesole, si è conclusa a Loppiano sotto l’attenta guida di padre Marcello Lauritano. Un incontro, l’ultimo, dedicato alla figura dell’animatore, al suo ruolo, a cosa fa e cosa realizza. L’animatore ha inoltre il ruolo, fondamentale e chiave, di spingere gli altri ad interagire con la comunicazione sia per chi la fa sia per chi la riceve. Da qui l’apertura a nuovi tipi di esperienza, il riuscire a trasmettere la fede come un qualcosa di gioioso e non pesante. Nei ruoli che gli competono vi è anche quello di aiutare gli altri ad una maggiore consapevolezza dei media, creando nuovi progetti di comunicazione e sperimentando nuovi percorsi di evangelizzazione. È l’animatore che deve saper lavorare in sinergia con gli altri. Una figura chiave, insomma, quella dell’animatore della comunicazione all’interno delle varie realtà parrocchiali e diocesane. Con le dovute competenze è lui stesso che rivaluta e divulga i media cattolici, insegna la comprensione delle diverse realtà, fa emergere la coscienza della complessità, aiuta a dare spessore culturale all’azione della chiesa agendo all’interno di essa con un programma pastorale. Per poter fare tutto ciò vi è chiaramente bisogno di una strategia di comunicazione. Nel corso dell’incontro è stato possibile conoscere anche nuove piattaforme mediatiche già sperimentate e in continuo aggiornamento. Su questo ha giocato un particolare ruolo di rilievo Internet dove è stato possibile vedere alcune esperienze già convalidate come: www.santiebeati.it, www.sanpaolo.it, www.vatican.va, www.chiesacattolica.it, www.siticattolici.it e www.paolini.it. Ormai pare chiaro il ruolo dell’animatore, ma come usare i mezzi mediatici a nostra disposizione? Per quanto riguarda la carta stampata è chiaro che, come gli altri mezzi, vi è bisogno di un’investimento, di una regolare registrazione in tribunale, di un direttore giornalista iscritto all’albo e di tutte le parti che la burocrazia odierna richiede. Con un’idea che dia stile, un’archivio fotografico e cospicue letture alle spalle è possibile realizzare un’utile mezzo cartaceo di comunicazione. La radio, invece, ha natura, modi e tempi diversi di trasmettere comunicazione. Permette la contemporaneità creando comunità. È possibile associarla ad altre emittenti correlando le notizie con stacchi musicali. Per quanto riguarda la televisione è stato evidenziato il suo potere di fruizione passiva. La tv intrattiene, informa e distrae grazie alla cospicua e veloce trasmissione di immagini. Infine Internet, piattaforma mediatica del nuovo millennio, ha il grande pregio di essere interattiva permettendo in tempo reale veloci spostamenti e contatti diretti. Diverse fra loro ma importanti se usate in sinergia, le varie forme di fare comunicazione, rappresentano senza dubbio una nuova frontiera per i cattolici. La strada è sicuramente avviata ma non per questo dobbiamo fermarci a guardare ciò che già esiste ma dobbiamo impegnarci affinché tutto questo possa funzionare al meglio entrando in maniera viva nelle case di ognuno. È ruolo dell’animatore adoperarsi a tale scopo con il sostegno dei parroci e della comunità che li circonda. Nella conclusione del corso non poteva certo mancare uno spazio dedicato al Beato Giacomo Alberione, spina dorsale della comunicazione cattolica che consigliava «di non parlare solo di religione, ma parlare di tutto in modo cristiano». Proprio il Beato Alberione invitava coloro che lavoravano nella comunicazione «a non fermarci a guardare ciò che abbiamo fatto: consideriamo piuttosto il molto che resta da fare, finché c’è qualcosa da fare, non abbiamo fatto niente». La seconda parte del corso inizierà sabato 8 novembre con i laboratori teorici e pratici di giornalismo ed elaborazione video.LA PRIMA LEZIONE: IL DIRETTORIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALIPer parlare bene del Direttorio delle Comunicazioni Sociali «conviene affrontare tutti quegli argomenti che non sono presenti». Ha esordito così padre Marcello Lauritano, paolino, nel primo incontro del Corso di formazione per animatori della comunicazione e della cultura. Corso che ha aperto i battenti venerdì scorso 26 settembre con circa venticinque iscritti, molti dei quali accorsi anche all’ultimo momento. A introduzione un momento di riflessione da parte di Paolo Bonci, direttore dell’Ufficio delle comunicazioni cociali della diocesi e promotore insieme alla commissione cultura e all’associazione Ascarè. Nel suo breve intervento, Bonci non ha mancato di sottolineare «la novità e la necessità, ormai, di un corso con queste caratteristiche anche nella nostra Diocesi, soprattutto per incrementare la rete di animatori da coinvolgere nelle attività a livello parrocchiale e diocesano». Una necessità che dovrebbe portare sempre a nuova progettualità per coinvolgere anche le istituzioni, a partire dalla scuola, e tutto il mondo laico per responsabilizzarci in maniera definitiva e competente sull’importanza di una vera e propria educazione ai media. L’intervento di padre Lauritano, che ha costituito il cuore della serata, si è insinuato sulla falsariga di questo intento, peraltro ben presente all’interno del «Direttorio sulle Comunicazioni Sociali nella Missione della Chiesa» redatto dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 2004 dal titolo «Comunicazione e Missione». Intervento che si discosta da una lettura canonica e a partire dal testo del Direttorio, ma che ne affronta quella che potremmo definire la genesi. Ovvero tutti quei passaggi fondamentali che sono serviti per arrivare a pubblicare un tale documento. Lo fa per immagini, per rimanere in tema a una comunicazione a trecentosessanta gradi. Così l’immagine di una chiesa ci rimanda alla comunicazione per eccellenza, quella tra Dio e l’uomo, di cui Cristo si è fatto segno vivente. E proprio il significato del segno è di importanza fondamentale e così bistrattato nella comunicazione contemporanea, in tutte le sue forme. Poi l’immagine di una grande città, simbolo di una rete «glocal», che unisce il globale e al locale e che ha ormai superato la sola globalizzazione nell’acquisizione della coscienza, per cui siamo legati ancora fortemente alle dinamiche locali e le conosciamo in tutte le parti del mondo. L’immagine, infine, di una famiglia unita in un divano del salotto di casa propria ma divisa al suo interno, con i genitori e i figli che guardano contemporaneamente in due direzioni diverse. Immagine simbolo di una difficoltà di comunicazione proprio nel rapporto con i media e che sottolinea, però, ancora una volta la mancanza di un’educazione ai media, dove genitori e figli, giovani e vecchi, imparano e lavorano assieme per usare più responsabilmente questi potenti mezzi. Tutti taselli di un quadro molto complesso all’interno del quale nasce l’esigenza, anche da parte della Chiesa, di dare un segnale forte e preciso. Questo il Direttorio, che può risultare nella sua forma – sicuramente non proprio comunicativa ahimé – prolisso o divagante ma che rappresenta un segnale chiaro e inequivocabile di un’acquisizione di responsabilità di cui la nostra comunità credente dovrebbe farsi carico in prima persona. Il secondo incontro del corso, questo venerdì 3 ottobre (ore 19.00), entrerà più nello specifico dei media e il loro uso, grazie al contributo sempre di padre Lauritano e di Andrea Fagioli, giornalista e vicedirettore di Toscana Oggi. Si cercherà di capire meglio, inoltre, il significato del Comunicare: come necessità, come, cosa, il progetto e progettare in rete. L’ultimo incontro del corso ci sarà il 10 ottobre e sarà dedicato all’approfondimento della figura dell’animatore della comunicazione. (Luca Cappelli) IL CORSOIndividuare nuove figure di animatori nell’ambito della comunicazione e della cultura, che affianchino quelle ormai ampiamente riconosciute del catechista, dell’animatore della liturgia e della carità: questo l’obiettivo che si propone il «Corso di formazione per animatori della Comunicazione e della Cultura» promosso dall’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Fiesole. Relatore sarà padre Marcello Lauritano. L’obiettivo è quello di formare nuove figure che si prendano a cuore settori come stampa, televisione, radio, internet, cinema, ecc. affinché la comunità cristiana, in ogni sua articolazione, sia più capace di comunicare. Il laboratorio, che si svolgerà in sei incontri (venerdì 26 settembre, 3 e 10 ottobre e sabato 8, 15 e 22 novembre) nell’auditorium Maria Theotokos a Loppiano (Incisa Valdarno), prevede una parte teorica introduttiva comune sui temi della media education e una parte di attività teorico-pratiche sui media scelti. Al termine del lavoro un momento comune di sintesi. Ai partecipanti verrà rilasciato un diploma dal Med come ente accreditato dal Ministero della Pubblica Istruzione e dall’Ufficio Diocesano. IL PROGRAMMA – Venerdì 26 Settembre 2008 ore 19.00-22.00 Introduzione Preghiera e Saluto del Vescovo Mons. Luciano Giovannetti “Comunicazione e missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della chiesa” – Venerdì 3 Ottobre 2008 Ore 19.00-22.00 “Comunicare. Comunicare come necessità, comunicare cosa, come, il progetto, progettare in rete” “I media e il loro uso. Giornale, radio, televisione, sito internet” P. Marcello Lauritano ssp Contributi di Andrea Fagioli, vice direttore Toscana Oggi, e di Paolo Bonci, responsabile e conduttore della rubrica televisiva Segno7 – Venerdì 10 ottobre 2008 ore 19.00-22.00 “L’animatore. Chi è, cosa fa, cosa realizza, fonti utili” “Il beato don Giacomo Alberione. Pensieri, indicazioni, suggerimenti” P. Marcello lauritano ssp – Sabato 8, 15 e 22 novembre 2008 Ore 10.00-13.00 / 14.30-17.30 Laboratori teorico pratici su uno dei media a scelta tra: 1) giornalismo 2) Elaborazione video 3) Fumetto 4) Fotografia La struttura del laboratorio prevede una parte teorica introduttiva comune sui temi della media education e una parte di attività teorico pratiche sui media scelti. Al termine del lavoro un momento comune di sintesi.

Per informazioni e iscrizioni gli interessati possono rivolgersi all’Ufficio delle Comunicazioni Sociali e della Cultura – Piazza Mino, 1 – 50014 – Fiesole (FI), tel. 055/597143 – 333.6450877.

INTERVISTA A PADRE MARCELLO LAURITANOPadre Laritano, il direttorio delle comunicazioni sociali della Cei indica come obiettivo principale la figura dell’animatore. Pensa che sia ancora attuale questo obiettivo?«Certamente. Avere un animatore nelle diocesi e nelle parrocchie, è reso ancor più urgente dal passar del tempo. Dal 2004 (anno dell’uscita del Direttorio Comunicazione e missione) ad oggi i mezzi di comunicazione hanno fatto progressi enormi e il comunicare nella Chiesa è diventato sempre più una necessità, non come ufficio particolare, bensì come organizzazione complessiva. Si tratta di una mentalità di comunicazione che in larga parte è ancora da formarsi e radicarsi. Si va dall’annuncio del Vangelo, parlato e scritto, alla Liturgia, alle relazioni umane, al modo di far sapere i fatti di Chiesa universale e particolare».Quali caratteristiche, secondo lei, dovrebbe avere oggi la figura dell’animatore?«Animatore della comunicazione e della cultura potrà esserlo soltanto una persona che vuole esserlo, cioè capace e/o disponibile. Un comunicatore professionista, disposto a mettersi al servizio della diocesi o della parrocchia, oppure una persona che ha capacità di base, tempo da dedicare e  si prepara con qualche scuola di formazione a tale servizio. Non è importante essere già professionisti, ma volerlo essere, pur se volontari».Alla luce di questo, come può aiutare e quali vantaggi si possono trarre da un corso come questo?«Un corso di poche ore non potrà certo sostituire corsi di comunicazione che dedicano anni di studio all’argomento. Un corso breve può far venire la voglia di cominciare a far qualcosa con le possibilità concrete che si hanno in diocesi o in parrocchia. All’inizio saranno semplici aiuti alla pastorale dell’evangelizzazione, come diffondere la stampa e i prodotti cattolici, poi si potrà pensare anche ad organizzare incontri culturali, stabilire dei centri di cultura in sale di comunità, fare corsi mirati verso qualche strumento di comunicazione in particolare, celebrare seriamente la giornata o settimana della comunicazione sociale e via di seguito. Il corso è soltanto un piccolo pasto a base di assaggi, non è il pranzo o la cena»».Comunicare come necessità. È quasi un tormentone oggi. Quale è e come si compone questa necessità di comunicare? Esiste davvero e in che modo questa necessità?«Comunicare non è una necessità della nostra società, ma data dalla storia dell’uomo, se dobbiamo credere alla Genesi, o ai graffiti delle caverne. L’uomo è fatto per comunicare e oggi lo si capisce sempre più e sempre meglio avendo maggiori mezzi di espressione, basti pensare al telefonino, alla televisione, a internet. Le maggiori società industriali e commerciali hanno o si sono dotate di un settore comunicativo, le università hanno aperto facoltà di comunicazione, sia per studiare il fenomeno, sia per usare la comunicazione in ogni campo, teorico o pratico».Davvero la chiesa è stata sempre in difetto in questa comunicazione? Perché?«Al contrario. Direi che la Chiesa è stata da sempre la maggiore società di comunicazione, basti pensare agli apostoli, soprattutto a San Paolo, ma prima ancora il maggiore comunicatore è stato Gesù Cristo, capace di comunicarci i misteri divini e soprattutto se stesso nell’Eucaristia. La storia poi ci parla di tutto quanto nella letteratura, nell’arte, nella scienza gli uomini di chiesa ci hanno tramandato, al punto che gli ecclesiastici si identificavano con gli uomini di cultura. Nell’ultimo secolo, purtroppo, mentre c’è stato il rapido sviluppo dei mezzi della comunicazione, la Chiesa è rimasta alla finestra a verificare e criticare, senza impegnarsi direttamente e seriamente nel campo comunicativo, se non in alcuni casi dovuti alla lungimiranza di persone come Pio XI o il beato Don Giacomo Alberione. Ci si è preoccupati più di arginare il male, senza pensare ad annunziare il bene e soprattutto la grande notizia della salvezza in Gesù Cristo».In particolare in questo corso si affronta soprattutto la realtà mediatica. Quali frontiere culturali e di linguaggio intravede nella nostra società per queste forme di comunicazione?«Finora ogni nuovo strumento di comunicazione non ha cancellato i precedenti, ma si è integrato dando nuove possibilità ai comunicatori, dalla viva voce si passa alla scrittura, alla stampa, al cinema, alla radio, alla televisione, al computer, alla rete internazionale. Si tratta di saper utilizzare bene e per il bene tutti questi strumenti che sono possibilità nuove per l’umanità di oggi. Da una parte possiamo accedere alle più remote regioni del mondo, d’altra parte  ci interessa più che mai approfondire la nostra cultura e guardare il mondo dalla nostra città e dal nostro paese per quanto piccolo sia. Il villaggio globale ha portato con sè una nuova e più radicata localizzazione».È davvero un’emergenza educativa quella che ci spinge a trovare nuove forme per poter dare ai giovani e meno giovani gli strumenti necessari a una lettura critica di questi mezzi?«Penso proprio di sì. Già in casa i genitori dovrebbero iniziare i più piccoli a un uso corretto degli strumenti per non esserne vittime. Poi la scuola dovrebbe non solo insegnare a usare passivamente, ma attivamente i mezzi di comunicazione, come si insegna a leggere e a scrivere. E anche la parrocchia dovrebbe fare la sua parte, perchè tutti siamo chiamati ad annunziare il Cristo Gesù morto e risorto che dà speranza ad ogni uomo, con ogni mezzo».