È stata fedele al dono di Dio la comunità benedettina di Rosano che ha ricevuto la grazia dei fatti prodigiosi con i quali, sessant’anni fa, il Sacro Cuore volle manifestarle il suo appello d’amore e di dolore? Questa è la domanda che come si legge nell’ultimo numero del loro bollettino mensile «Beata pacis visio» le Benedettine di Rosano si sono poste nell’avvicinarsi del sessantesimo anniversario del fenomeno della lacrimazione e del sanguinamento della grande statua lignea del Sacro Cuore che oggi si conserva nella chiesa del monastero. Una domanda opportuna e coraggiosa, vorremmo dire anche esemplare, che ben a ragione punta immediatamente all’attualizzazione di quell’evento, non solo riconoscendone la natura soprannaturale, ma leggendovi, com’è giusto che sia, una parola che Dio stesso ha detto a quel monastero e a quella comunità. E, in verità, quella domanda vale per ciascuno di noi, raggiunti, in un modo o nell’altro, dall’unico appello di Cristo, dal dono della sua vita, della sua passione, morte e risurrezione. Quella tra Dio e l’uomo è storia di una comunicazione chiamata a farsi sempre più viva e profonda, nella quale Dio stesso prende l’iniziativa di cercare l’uomo e di commuoverlo nei confronti del proprio amore. Ed è di questa comunicazione incessante che ci parlano tutte le vere esperienze spirituali che hanno segnato il cammino della Chiesa: il grido di Dio che interpella l’uomo, lo provoca, diremmo, a uscire da sé per prendersi cura dell’altro, venire fuori per entrare in relazione viva con la passione d’amore e di salvezza che Dio, in definitiva, è, assoluto desiderio di bene, slancio che sulla croce si è espresso con il grido che tanti santi e sante hanno udito al fondo del loro essere: «Ho sete». Grido a sua volta declinato a più riprese nel corso della storia della santità cristiana. «L’amore non è amato Venite ad amare l’amore» gridava santa Maria Maddalena de’ Pazzi nel suo Carmelo di Firenze. «Ecco il cuore che ha tanto amato gli uomini» riferiva santa Margherita Maria Alacocque dopo le sue visioni del Sacro Cuore a Paray-Le-Monial. «I thirst» ha voluto che sia scritto accanto al Crocifisso in ogni cappella delle Missionarie della Carità la beata Teresa di Calcutta. Di questo grido, tornato a risuonare nell’evento prodigioso del Sacro Cuore di Rosano, il monastero e la nostra diocesi faranno particolare memoria nella prossima solennità del Sacro Cuore di Gesù, venerdì 30 maggio, con la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal nostro Vescovo Luciano, alle 10, nella chiesa dell’abbazia. Un grido che è appello a risvegliare, di fronte al Cuore di Dio il nostro stesso cuore, proprio come il nostro Vescovo ci ha ricordato nella sua lettera in occasione del 150 anni delle apparizioni di Lourdes: l’adesione a Cristo, scrive il nostro Vescovo, «passa in modo eminente attraverso la profonda adesione del cuore: manifestando il suo cuore, infatti, Maria vuole ricordarci che solo ritrovando il Cuore di Cristo, per mezzo del suo Cuore Immacolato, ritroveremo anche il nostro cuore. Il suo Cuore Immacolato vuole aiutarci a compiere questa scoperta urgente: e non è forse questa una caratteristica tipica del nostro tempo, l’urgenza e la missione di ritrovare il cuore?». Potrebbe essere questo il compito da assumere per celebrare nel modo migliore i sessant’anni del Sacro Cuore di Rosano.