Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa di Giovanni Papini (1888-1956). Lo scrittore soggiornò per lunghi periodi a Bulciano, una frazione di Pieve Santo Stefano, dove chi scrive ha insegnato per quattro anni, quando lo scrittore ormai non tornava più in quella bella frazione che però viveva direttamente o indirettamente nel suo ricordo. La sua villa alto spicchio vicino alla chiesa, la scuola con l’appartamento per l’insegnante, la bella fontana al centro delle case, erano state volute da lui. Biagio e l’Argenta, i suoi cognati vivevano ancora lassù. Il comune di Pieve Santo Stefano sta organizzando eventi celebrativi per questa ricorrenza. A me piace ricordarlo nel nostro settimanale diocesano, riproponendo la lettura di parti particolarmente significative della sua «Preghiera a Cristo», con la quale lo scrittore chiude l’opera del 1921 «Storia di Cristo».«Abbiamo bisogno di Te, di Te solo, e di nessun altro.Tu solamente che ci ami puoi sentire per noi tutti che soffriamo, la pietà che ciascuno di noi sente per se stesso. Tu solo puoi sentire quanto è grande il bisogno che c’è di Te, in questo mondo, in quest’ora del mondo. Nessun altro, nessuno dei tanti che vivono, nessuno di quelli che dormono nella ruota della gloria può dare a noi bisognosi, riversi nell’atroce penuria, nella miseria più tremenda di tutte, quella dell’anima, il bene che salva. Tutti hanno di te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno assai più di quelli che sanno. L’affamato s’immagina di cercare il pane e ha fame di Te; l’assetato crede di volere l’acqua e ha sete di Te; il malato s’illude di agognare la salute e il suo male è l’assenza di Te. Chi cerca la bellezza del mondo, senza accorgersene, Tu che sei la bellezza intera e perfetta; chi persegue nei pensieri la verità, desidera senza volere, Te che sei l’unica verità degna di essere saputa; e chi s’affanna dietro la pace, cerca Te sola pace dove possono riposare i cuori più inquieti. Essi ti chiamano senza sapere che ti chiamano, e il loro grido è più doloroso del nostro. Noi non gridiamo verso di Te per la vanità di poterti vedere come ti videro Galilei e Giudei, né per la gioia di guardare una volta i tuoi occhi, né per l’orgoglio matto di vincerti con la nostra supplica. Non cerchiamo noi la grande discesa nella gloria dei cieli, né il fulgore della trasfigurazione, né gli squilli degli angeli e tutta la sublime liturgia dell’ultima venuta.C’è tanta umiltà, tu lo sai, nella nostra irrompente tracotanza! Noi vogliamo soltanto Te, la tua persona, il tuo povero corpo trivellato e ferito, con la sua povera camicia di operaio povero; vogliamo vedere quegli occhi che passano le pareti del petto e la carne del cuore, e guariscono quando feriscono con lo sdegno, e fanno sanguinare quando guardano con tenerezza. E vogliamo udire la tua voce che sbigottisce i demoni da quanto è dolce e incanta i bambini da quanto è forte.Tu sai quanto sia grande, proprio in questo tempo, il bisogno del Tuo sguardo e della Tua parola. Tu lo sai bene che un tuo sguardo può stravolgere e mutare le nostre anime, che la tua voce si può trarre dalla sabbia della nostra infinita miseria. Tu sai meglio di noi, tanto più profondamente di noi, che la Tua presenza è urgente e indefferibile in questa età che non ti conosce. Sei venuto, per la prima volta, per salvare; nascesti per salvare; parlasti per salvare; ti facesti crocifiggere per salvare; la tua arte, la tua opera, la tua missione, la tua vita è di salvare. E noi abbiamo oggi, in questi giorni grigi e maligni, in questi anni che sono un condensamento e un accrescimento d’orrore e dolore, abbiamo bisogno senza ritardi, d’essere salvati. Se Tu fossi un Dio geloso che tiene il rancore, un Dio vendicativo, un Dio solamente giusto, allora non daresti ascolto alla nostra preghiera. Perché tutto quello che gli uomini potevan farti di male, anche dopo la tua morte, e più dopo la morte che in vita, gli uomini l’hanno fatto, noi tutti, quello stesso che ti parla insieme agli altri, l’abbiamo fatto. Milioni di Giuda ti hanno baciato dopo averti venduto, e non per trenta denari soli, e neppure una volta sola, legioni di farisei, sciami di Caifa ti hanno sentenziato malfattore, degno di essere inchiodato, e milioni di volte, col pensiero e la volontà, ti hanno crocifisso. Ma tu hai perdonato tutto e sempre. Tu sai, Tu che sei stato in mezzo a noi, qual è il fondo della nostra natura sciagurata. Non siamo che rappezzi e bastardume, foglie instabili e passanti, carnefici di noi medesimi, aborti malvenuti che si sdraiano nel male Ti abbiamo respinto Ti abbiamo condannato a morte Ti aspettiamo e Ti aspetteremo ogni giorno a dispetto della nostra indegnità e d’ogni impossibile».