Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Arezzo diventa la città del dialogo

Merito delle «Piazze di maggio», l’evento nazionale sulla cittadinanza voluto dalla Conferenza Episcopale Italiana in preparazione al Convegno ecclesiale di Verona. Tre sono stati i momenti dedicati all’ecumenismo che hanno segnato la settimana aretina: il dialogo fra il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, e Amos Luzzatto, ex presidente dell’Unione delle comunità ebraiche; la tavola rotonda fra i rappresentanti della Chiesa cattolica, ortodossa, anglicana e luterana in Vescovado; la veglia ecumenica in duomo.

A Camaldoli

Se dipendesse da loro il dialogo ebraico-cristiano lo farebbero in famiglia. Il cardinal Kasper e Amos Luzzatto (nella foto a destra) erano fianco a fianco nella Sala del Landino a Camaldoli, davanti a oltre 100 persone. Per una mattina si sono raccontati i segreti dell’unità tra due confessioni religiose. Primo capitolo la purificazione della memoria. «Che è ben diverso da chi vuole dimenticare», ha detto Luzzatto. Una riconciliazione della quale è stata tracciata anche una ricetta. «La tenterai al massimo tre volte: perché se andrai oltre costringerai il tuo prossimo a peccare a sua volta e quindi a ne sarai responsabile». Il peccato dell’altro mi ricade addosso. Il Cardinale ha aperto, quindi, un’altra pagina: quella della giustizia. «Viviamo in un mondo ingiusto: due terzi del mondo non hanno niente e vivono in condizioni di indigenza. Pace non è solo silenzio delle armi ma anche costruire le condizioni per la giustizia. E insieme possiamo lavorare per la giustizia e la pace nel mondo». «E smettiamo – ha ripetuto Luzzatto – di parlare di Terzo Mondo: è un termine orribile. Le religioni devono affrontarlo insieme». Come la crisi della famiglia. «E’ il nucleo sorgente della società – ha detto Kasper – ed è il luogo della felicità».

L’incontro

«Non ci sarà pace fra le nazioni se non ci sarà pace fra le religioni». Lo ha detto il cardinale Kasper al termine di uno degli eventi di punta delle «Piazze di Maggio», il «dialogo tra le Chiese per una speranza comune». Un incontro interconfessionale che ha riunito intorno allo stesso tavoli i portavoce delle varie confessioni giunti da tutta Europa. «C’è bisogno di un confronto franco», ha spiegato monsignor Gualtiero Bassetti nel suo saluto. E l’invito è stato accolto in pieno. «A Kiev è ormai una costante il dialogo fra cattolici e ortodossi», ha spiegato Konstantin Sigov. E anche in Libano si sperimentano prove di incontro. «Serve l’ecumenismo del quotidiano – ha afferma il Vescovo di Achaia, Athanasios – E noi lo tocchiamo con mano attraverso i matrimoni misti o la collaborazione fra i ministri dei culti». «Occorre vedersi – ha detto il Vescovo Tihon della Chiesa Ortodossa Bulgara – Dobbiamo capire che non siamo pericolosi, ma tutti cristiani». E il confronto parte dal basso. «Per dialogare c’è bisogno di una cooperazione informale», ha spiegato il rettore del Centro Studi Biblici di Mosca, Alexeij Bodrov. E «c’è un’unica cittadinanza: quella cristiana», hanno ripetuto John Flack, rappresentante dell’Arcivescovo anglicano di Canterbury nella Santa Sede, e il Vescovo luterano di Svezia, Nordin. Lo ha sottolineato anche Kasper. «Il dialogo non è solo scientifico ma è condivisione di fede e vita». Ed è anche impegno per la pace. «I cristiani – ha affermato il Cardinale – sono chiamati ad essere operatori di pace, ma non potranno esserlo se sono divisi».

La preghiera

E la preghiera ha segnato il momento più alto dell’incontro. Una veglia ospitata nella cattedrale di Arezzo a cui hanno partecipato i rappresentanti delle diverse Chiese. «Dopo secoli di separazioni e lacerazioni – ha detto il cardinale Kasper – abbiamo iniziato a percorrere la via che ci avvicina gli uni agli altri: la via della riconciliazione». Il Cardinale ha guardato al passato. «Sulle nostre spalle grava il perso della differenza. Sono state costruite città antagoniste che hanno prodotto sofferenze e lutti». Adesso è tempo di cambiare. «Finalmente è stata riscoperta la fraternità. Ma è ancora lunga la strada verso l’unità». Ed ecco anche il senso delle giornate ecumeniche delle «Piazze di maggio». «La testimonianza di mutuo rispetto che parte da Arezzo si deve propagare alla città multietnica e multiculturale». Città dove, ha detto Kasper,. «tutti si sentano amati e accettati e possano vivere senza paura».

L’abbraccio fra i bambini di Beslan e le scuole di San Giovanni Valdarno

L’abbraccio tra i bambini di San Giovanni Valdarno e i bambini di Beslan. Un incontro di sorrisi, mani che applaudono, canti, domande e risposte. Giovedì 11 maggio, nelle «Piazze di maggio», San Giovanni Valdarno ha aperto le mura della città al gruppo di undici bambini proveniente dalla cittadina dell’Ossezia teatro, nel 2004, del tragico assedio alla scuola da parte di alcuni terroristi. E per l’occasione la città ha mostrato il suo volto migliore, quello di quasi quattrocento bambini delle scuole elementari e medie «Santissima Annunziata» delle Suore Agostiniane, degli istituti comprensivi «Masaccio» e «Marconi» e dell’Oratorio «Don Bosco». Una giornata iniziata con una spiegazione delle origini e delle caratteristiche della città guidata da ciceroni speciali: i bambini di quinta elementare di Oltrarno. Il momento centrale nella Pieve. Accolti da un coro di piccole voci, i bambini di Beslan si sono lasciati tempestare di domande dai ragazzi delle scuole del paese: quali sport vi piacciono, quali giochi conoscete, che cos’è per voi la guerra? E così i piccoli russi hanno raccontato che non hanno molto amato il gusto delle cozze e dell’olio di oliva, che durante l’intervallo a scuola corrono e passeggiano, che organizzano spesso rappresentazioni teatrali di vario genere. E che dunque molte cose li accomunano ai ragazzi sangiovannesi: il paesaggio dell’Ossezia è collinare come quello toscano e le materie che si studiano a scuola coincidono. «I bambini sono rimasti profondamente segnati dalla strage – racconta Ludmilla, interprete russa -: tutti si trovavano nella scuola al momento dell’assedio, così come le accompagnatrici, donne che hanno perso nella tragedia figli o nipoti. Non parlano volentieri di quello che è loro accaduto».Linda Gambassi

Gli studenti conquistati dalla clausura

Una piccola cappella. Sul lato del presbiterio una grata coperta da pannelli pieghevoli. Sulle panche alcuni depliant invitano a partecipare agli appuntamenti di preghiera delle Suore Carmelitane Scalze. Monastero di Santa Teresa Margherita di Arezzo: dentro quella cappella si apre la piazza della clausura. Due classi del Liceo psico-pedagogico «Colonna» di Arezzo raggiungono a piedi il Monastero per vedere aprirsi quei pannelli in legno; lo fanno anche alcuni sacerdoti, un gruppo parrocchiale. Dietro i rombi della grata si svelano le sorelle: tredici suore, cinque hanno il volto di ragazze appena ventenni. E subito parte il contatto: domande e risposte, racconti di esperienze personali, dubbi e certezze. Come fate ad avere tanta devozione?, chiede una liceale. «Devozione? – risponde la Madre, Suor Angela, 47 anni, due occhi penetranti, un riconoscibile carisma comunicativo – Noi non abbiamo scelto la clausura per devozione, ma per amore. E l’amore nasce dall’incontro con una persona, il Signore». Difficile, però, spiegare a un gruppo di sedicenni perché rinchiudersi in un luogo, lontano dal mondo. Rispondono con un esempio alcune sorelle, che non esitano a raccontare le loro precedenti esperienze da fidanzate (una, con un portiere di calcio): «Quando una persona è innamorata, non fa di tutto per stare più spesso e più a lungo con l’amato? Non rinuncia volentieri ad incontrare gli amici o ad una visita ai parenti pur di trascorrere tempo con l’amato? E queste rinunce sono sacrifici che non pesano, perché sono fatti per amore. Così facciamo noi: rinunciamo ad alcune cose per passare tutto il nostro tempo con Lui». «Non crediate – dice Suor Angela riprendendo il tema delle “Piazze di maggio” – che siamo delle recluse. Questa grata non ci divide da voi, ma ci consente di non distrarci dalla nostra vocazione: quella di amare Lui». Dopo più di due ore di conversazione, i giovani del liceo, nonostante l’ora di scuola fosse già finita da un pezzo, sono voluti restare fino alla fine, conquistati dalle suore.L.G.