E’ stata riaperta ieri la chiesa di Sant’Agostino, il complesso di piazza Mameli che deve la sua notorietà alla splendida posizione dell’abside quattrocentesco e al campanile che si affacciano elegantemente nelle mura medievali e formano un invidiabile biglietto da visita per il borgo della Valtiberina.La chiesa e l’annesso convento hanno ospitato per alcuni secoli una comunità religiosa agostiniana; in seguito alla soppressione napoleonica il convento cessò di esistere ospitando, fino alla metà del secolo scorso, una fattoria. La chiesa, anche se di impianto (ben visibile esternamente e sulla facciata) tardo trecentesco, ha profondamente mutato il suo interno principalmente grazie agli interventi del XVII e XVIII secolo. La riapertura voluta dalla comunità parrocchiale guidata da don Marco Salvi è avvenuta per la memoria liturgica di Sant’Agostino, Vescovo e dottore della Chiesa. Il primo atto ufficiale è avvenuto nella chiesa di Badia, prima chiesa di Anghiari e chiesa madre del paese con un intervento introduttivo sul significato della riapertura al culto della chiesa. Poi la processione per i vicoli del centro storico fino alla chiesa di Sant’Agostino, situata nella caratteristica piazza Mameli, denominata «il Borghetto». L’ingresso è stato accompagnato dal suono di tutte le campane di Anghiari che ha preceduto la solenne celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Giacomo Babini, Vescovo emerito di Grosseto. La celebrazione è stata animata dai canti della Schola Cantorum «don Vittorio Bartolomei». Quindi, la dottoressa Paola Refice della Soprintendenza di Arezzo ha tenuto una relazione sugli interventi di restauro illustrando il lungo processo che ha riportato la chiesa al suo più antico fascino.Attorno all’anno mille Anghiari è un piccolo agglomerato murato dominato da Alberigo e Bernardo di Ranieri conti di Galbino e Montorio, ma ben presto diverrà, con il lascito testamentario di Bernardino (1104), feudo dei Frati Camaldolesi. Una testimonianza dello storico Lorenzo Taglieschi cita dei documenti datati 1164, ma di cui non è stata mai trovata nessuna traccia, secondo i quali l’abate del convento di San Bartolomeo avrebbe concesso a Tommaso Becket arcivescovo di Canterbury, che passò da Anghiari, dei terreni al di fuori del castello. Anche se non è veritiero il transito del santo arcivescovo inglese da Anghiari, certo è che il terreno divenne realmente proprietà degli «ospedalieri di S. Antonio Abate» (detti anche del Tau) che sarebbero giunti assieme al Becket, e che in detti terreni costruirono una prima modesta cappella. La chiesa e l’annesso convento già dal 1174 risultava dedicato a S. Antonio abate. Con la ricostruzione delle mura di Anghiari avvenuta nel 1188 queste ingloberanno anche il luogo dove sorgeva la chiesa di Sant’Antonio. L’attuale chiesa di Sant’Agostino, costruita al di sopra della cappella dedicata a S. Antonio abate, sia stata edificata verso la fine del 1200. Comunque sia, riferisce lo storico Salmi: «E’ certo che nel corso del Trecento la chiesa di Sant’Agostino è ricordata da quest’Ordine; fra l’altro nel 1385 in essa si riunì il Consiglio del Comune per accettare, dopo la signoria dei Tarlati, quella di Firenze». Nel 1464 viene ultimato il nuovo campanile, simile a quello della chiesa di badia, ma con dei richiami anche a quello della cattedrale di Sansepolcro. Nel 1473 è conclusa la nuova copertura della chiesa con tetto a capanna su capriate a vista, poggianti su mensole lignee scolpite, a volute. Ciò fu reso possibile grazie ad uno straordinario «balzello» imposto dal Comune di Anghiari nel 1472 per consentire l’ultimazione del tetto.