Arezzo - Cortona - Sansepolcro

L’Arezzo in cattedrale, fra fede e scaramanzia

C’è chi tira fuori un pacchetto di caramelle, chi sbadiglia, chi fa piccoli esercizi di ginnastica fra le panche. Ma c’è anche chi si inginocchia in un angolo semi-oscuro della cattedrale, chi abbassa la testa, chi prega in silenzio. L’Arezzo Calcio fra le navate del duomo è questo. Un coacervo di immagini contrastanti lasciate da trenta uomini della prima squadra (fra giocatori, preparatori e accompagnatori) che alla vigilia della partita di esordio del campionato di serie B sono entrati nella penombra della cattedrale e hanno varcato il cancello della cappella della Madonna del Conforto. Un rito che torna a ripetersi dopo qualche anno di interruzione.Non sappiamo se l’affidamento alla Vergine della compagine amaranto sia un segno di fede e devozione mariana o un gesto scaramantico come i tanti che accompagnano le imprese di professionisti o dilettanti dello sport. Il confine è labile, ma non tocca a noi giudicare che cosa ci sia dietro la scelta di apprendere il gagliardetto dell’Arezzo Calcio accanto all’altare che custodisce l’immagine miracolosa venerata dalla città. Certo è che Arezzo non sarebbe tale se non si inginocchiasse almeno una volta l’anno ai piedi della terracotta che il 15 febbraio del 1796 si illuminò liberando la città dal terremoto.Fra le navate del duomo i giocatori si presentano con la tuta d’ordinanza (nella foto tratta dal sito www.arezzonotizie.it). Ad accoglierli il parroco della Cattedrale, monsignor Alvaro Bardelli. Con loro il presidente Piero Mancini e l’allenatore Antonio Conte. «Vi auguro un anno di gioia, pace e soddisfazioni», dice alla squadra monsignor Bardelli dopo aver ricordato la figura di Giacinto Facchetti, il calciatore gentiluomo con un passato da capitano della Nazionale, scomparso da pochi giorni. Poi la benedizione e la firma di tutti gli atleti sul retro del quadro con il simbolo dell’Arezzo che resterà per tutto l’anno nella cattedrale dedicata a San Donato.G.G.