Il Vescovo di Adria-Rovigo, monsignor Lucio Soravito, membro della Commissione episcopale per la dottrina della fede, sollecita una trasformazione profonda negli itinerari per “fare i cristiani”. Partendo dal battesimo dei bambini.Eccellenza, perché secondo lei il battesimo dei fanciulli è un pacco-dono che molti non aprono?«Se i genitori non permettono al figlio di scoprire di essere amato da Dio e se non lo aiutano ad amare come Cristo, il figlio non valorizzerà mai quel potenziale di bene che aspetta soltanto un annuncio e un atto di amore per venire alla luce. Il compito che hanno i genitori ma che ha anche tutta la comunità ecclesiale è quello di aiutare il bambino a far emergere che lui è tempio dello Spirito».Come porsi di fronte a coloro che chiedono il battesimo per i figli ma sono coppie conviventi o madri single?«Occorre un atteggiamento di accoglienza. Sono convinto che ciò che chiedono i genitori, anche se non ne sono totalmente consapevoli, è un grande dono per il figlio. Per questo si può cogliere questa occasione per aiutare chi fa la domanda a riscoprire la vita nuova che viene da Cristo. E il battesimo può diventare un momento con cui passare dalla domanda di un sacramento alla domanda di incontro con Cristo».Poi ci sono adulti e giovani che chiedono il battesimo.«Oggi la parrocchia non può ridursi ad accogliere soltanto coloro che vengono spontaneamente in chiesa ma deve portare il Vangelo ai tanti che per vari motivi non hanno avuto l’occasione di conoscere la comunità dei credenti. C’è bisogno di accogliere i lontani, di far arrivare a tutti la proposta cristiana. Se si vuole, è necessario passare dalla pastorale delle campane alla pastorale dei campanelli. Non serve più una chiamata generica ma un annuncio che giunga alla maggioranza dei fedeli, che sono l’80% e che non mette piede in parrocchia. Questo significa avere parrocchie da volto missionario».Quali itinerari proporre? Il catecumenato?«Il percorso va modulato a seconda delle persone, adeguandolo alle loro esigenze. Lo stile e i criteri pastorali ci vengono suggeriti dal catecumenato, ma i riti, i tempi e le modalità vanno pensate persona per persona. Ci vuole un cammino di fede che sia personalizzato».E la parrocchia ha un ruolo centrale.«La parrocchia è sempre stata definita il grembo materno che educa e fa rinascere alla vita cristiana. E’ importante che non sia considerata una sorta di supermarket dove si prendono i prodotti religiosi, peggio ancora si acquistano, ma va vista come una comunità fatta di credenti che vivono la fede in modo gioioso e contagioso e accettano di farsi compagni di viaggio degli uomini del nostro tempo: non soltanto di chi frequenta la Messa ma anche di chi non vi partecipa. Va risvegliata la responsabilità nel cuore dei credenti: se Dio è padre di tutti, tutti hanno il diritto di saperlo. E noi che lo sappiamo, abbiamo il dovere di annunciarlo».Giacomo Gambassi