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Ex zuccherificio «Sadam»: ancora ombre sul suo futuro

Adesso si fa sentire la voce di Legambiente che prende posizione sull’annunciata riconversione dello stabilimento che dovrebbe passare dalla produzione di zucchero alla produzione di energia alternativa.«Le agrienergie – si legge in una nota diffusa dall’associazione – potenzialmente sono una grande opportunità per la nostra autonomia energetica, per la nostra agricoltura e soprattutto per mitigare la grave minaccia ambientale di questi anni, ossia i cambiamenti climatici dovuti all’effetto serra. Ma i benefici di questa fonte energetica sono legati a determinate condizioni, senza le quali il suo impiego può rovesciarsi in un danno ambientale e addirittura in un aumento dell’effetto serra e in un danno all’agricoltura e agli ecosistemi». Questo il preambolo serve per dimostrare che le dimensioni e le caratteristiche del progetto di centrale proposto da Eridania Sadam a Castiglion Fiorentino non soddisfano, secondo Legambiente, queste condizioni. E se ne spiegano i motivi.L’impianto proposto ha un fabbisogno annuo di 40mila tonnellate di olio vegetale per la parte liquida e 240mila tonnellate di cippato per la parte solida. Dove trovare queste biomasse? Secondo il progetto, 10mila tonnellate di olio vegetale sarebbero prodotte dall’agricoltura locale; il resto verrebbe importato da fuori, presumibilmente da paesi tropicali. Ed ecco il punto dolente secondo Legambiente: «L’approvvigionamento di materia prima da grande distanza, oltre ad aggravare il bilancio energetico con i trasporti e a non portare alcun beneficio alla nostra agricoltura, rischia di fallire l’obiettivo primario», che è quello di mitigare i fenomeni responsabili dei cambiamenti climatici, ossia le emissioni di gas serra. Senza tener conto che l’importazione massiccia di bio carburanti vegetali ha scatenato la corsa nei paesi tropicali al disboscamento di ampie aree forestali per sviluppare coltivazioni intensive di palma.Anche la scelta di approvvigionamento locale non è senza rischi per l’ambiente: un’ascesa incontrollata della produzione di girasoli (per gli oli vegetali) o l’impianto generalizzato di pioppo a rapida crescita (per biomasse solide) susciterebbe forti perplessità. «Che impatto possono avere sul tradizionale paesaggio rurale della Valdichiana, che rappresenta anche una risorsa turistica di prestigio mondiale, migliaia di ettari di pioppete tagliate a raso ogni due anni per alimentare una caldaia?».La conclusione: «Noi riteniamo – è il ragionamento di Legambiente – che la riconversione energetica dello zuccherificio possa avvenire con un impianto di dimensioni molto più limitate, in gardo di essere alimentato con un prelievo sostenibile di biomassa in un raggio massimo di 40-50 chilometri e con una logica di processo innovativo». In sostanza si può ragionare su reti di impianti a scala territoriale per un’agricoltura a impatto sostenibile. Insomma, ancora non sono dissipate le nubi che si sono addensate sopra la storica industria della vallata.