Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Penitenza e silenzio per tornare a scoprire il mistero

E’ un periodo duro la Quaresima, per un cristiano. Non tanto per le piccole penitenze e le pratiche di pietà, consigliate per riconoscere il periodo forte dell’anno liturgico, o per i digiuni – del resto limitati adesso al Mercoledì delle Ceneri e al Venerdì Santo. È duro per il suo significato che nella quotidianità finiamo per non avvertire più. Intanto, perché è un lungo periodo di preparazione («lungo come una Quaresima», si diceva prima) che culmina con la settimana di Passione, l’ora buia inevitabile prima della festa. È un periodo di attesa accompagnato da meditazioni e preghiere, che richiederebbe una risposta profonda, un esercizio spirituale non saltuario per giungere ad una reale purificazione dell’anima. In secondo luogo è duro perché dovremmo imparare la pazienza e il silenzio, a stare faccia a faccia con il Mistero e giungere a comprendere ciò che è essenziale. È un periodo di annullamento, o di attraversamento di una negatività che è quasi un morire a se stessi per partecipare alla Resurrezione.Ma la Quaresima può ridare senso alla vita, se sottratta in maniera spontanea all’accumulo di bisogni e desideri. Per tale motivo, non deve essere solo un tempo da mettere tra parentesi per poi tornare ad essere come prima. Non ci sono passi nell’Antico e Nuovo testamento (il diluvio, il deserto degli Israeliti, Mosè e anche Gesù) e neanche nelle concezioni sull’esistenza (leggi tradizioni e anche miti) da lasciar pensare che periodo simili passino senza lasciare traccia, anzi, ogni passaggio è un cambiamento. È così che avviene la crescita, proprio come nella vita dell’uomo e della natura. Ed è così che la Quaresima-Pasqua, binomio inscindibile, ci regala, o ci dovrebbe regalare occhi nuovi: quelli della mente, se non ce la facciamo con quelli del cuore che a volte è riottoso e ha bisogno di un’educazione che solo lo Spirito può dare. Insomma, la Quaresima e la Pasqua non finiscono: il buio e l’amarezza li portiamo con noi, ma ogni domenica è pasqua.La solennità e il mistero di questo momento di passaggio tra la coda dell’inverno e una piena primavera erano fortemente sentiti anche dalla cultura popolare. Era un periodo estremamente delicato, che conosceva a metà del percorso quasi un rigurgito carnevalesco, quasi per riprendere fiato; la speranza di un clima caldo e rilassante contrastava con gli ultimi crudi freddi, le risorse alimentari, per chi doveva vivere dei prodotti della terra, scarseggiavano ormai e il digiuno era quasi obbligato; la campagna ancora fragile nei suoi primi germogli. Tutto questo era sentito come il travaglio di una nuova nascita, la fatica di un inizio contrastato. Per questo non dobbiamo mai considerare la Quaresima come un’imposizione canonica ed aspettarne faticosamente la fine. Ma ora, nell’attesa, sorridiamo con una significativa strofetta:-Sabato Santo,perché sei stato tanto?Perché non sei venuto?-Perché non ho potuto,ma domenica mattinaavrai un coscio di gallina,un bel cesto d’insalata:la Quaresima è passata!Giuliana Maggini