Fra le mura del carcere di Arezzo gli apostoli sono ragazzi, padri di famiglia, uomini di mezza età con una condanna da scontare e un futuro da costruire. Apostoli dietro le sbarre. Apostoli del Giovedì Santo del vescovo di Arezzo, Gualtiero Bassetti, a cui bagna e bacia i piedi sotto il sole che alle quattro del pomeriggio illumina nel cortile dell’aria. «Ecco il mio cenacolo, ecco la mia cattedrale», dice il vescovo guardando le inferriate, la torretta di guardia e il muro che si impenna verso il cielo. L’altare è un tavolo della mensa sistemato al centro della piazzola. I chierichetti sono quattro detenuti con il camice bianco. Di fronte a loro cento compagni di cella che diventano i protagonisti di una toccante lavanda dei piedi che Bassetti ha compiuto questo pomeriggio nella casa mandamentale di Arezzo e che è stata accompagnata dalla celebrazione della Messa.«Nessuno può togliere ad un uomo la sua dignità, neppure un tribunale afferma Bassetti durante la Messa E nessuno può dirsi innocente. Tutti abbiamo le nostre colpe». Poi due domande che toccano i detenuti: «Chi di noi non ha commesso errori? Chi ha il potere di giudicare l’altro?» E qualcuno si commuove quando Bassetti spiega che la lavanda dei piedi è «è un gesto grande che faccio a voi, qui in carcere, che rappresentate tutte le 300mila persone della diocesi di Arezzo».Le letture sono proclamate dai volontari ma anche da uno dei sostituti procuratori di Arezzo, Ersilia Spena. Poi il vescovo si china sui dodici carcerati che in prima fila si tolgono le scarpe, si fanno versare l’acqua fra le dita e ricevono il bacio di Bassetti sul piede. Si prega in silenzio nel cortile sorvegliato dalla polizia penitenziaria. Si prega per «le nostre famiglie lontane in questi giorni in cui tutti si riuniscono per le feste», sussurra un detenuto quando Bassetti li esorta a fare intenzioni spontanee. E quando il Vescovo inizia a stringere le mani per lo scambio della pace, viene sommerso dai detenuti che lo abbracciano e lo carezzano. Detenuti anche di fede musulmana che hanno partecipato alla celebrazione. E poi c’è Luis, carcerato originario di Santo Domingo, poco più che trent’enne, che riceve la prima comunione dalle mani di Bassetti. Al suo fianco il cappellano del carcere, don Dino Liberatori, e il direttore della struttura, Paolo Basco.Prima della benedizione finale, viene regalato al Vescovo un libro. Nella prima pagina le firme dei carcerati e una dedica: «Al nostro caro vescovo e amico don Gualtiero un pensiero da tutti i detenuti di Arezzo: è dal buio della notte che nasce la luce».L’ufficio stampadella diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro