Gli esponenti dell’amministrazione comunale di Sansepolcro e della locale sezione Anpi si sono impegnati nel ricostruire la rapida successione di eventi che, in un tardo pomeriggio di marzo del 1944, trasformò una protesta per l’anticipo del coprifuoco in un tumulto che, nella storia del paese, è ricordato come l’insurrezione popolare del 19 marzo. Gli esponenti dell’amministrazione comunale di Sansepolcro e della locale sezione Anpi si sono impegnati nel ricostruire la rapida successione di eventi che, in un tardo pomeriggio di marzo del 1944, trasformò una protesta per l’anticipo del coprifuoco in un tumulto che, nella storia del paese, è ricordato come l’insurrezione popolare del 19 marzo. Prescindendo dai fatti accaduti in quel giorno di festa di 63 anni fa, tali momenti assumono un significato particolare preludendo anche alla tragedia che si sarebbe consumata nelle successive settimane, tanto che la prima vittima civile (Silvio Lancisi) venne colpita proprio quella sera in circostanze mai chiarite.Nelle scorse settimane si è svolta anche una manifestazione raccolta e caratterizzata da una forte partecipazione emotiva, lontana da toni puramente celebrativi e articolata in tre momenti: la collocazione di una corona commemorativa in via XIX marzo, l’esposizione dei nomi delle vittime civili nella chiesa di Sant’Antonio Abate e Sant’Eligio e, infine, le testimonianze e le letture (curate dall’attrice Caterina Casini) all’interno del Palazzo delle Laudi, dove è stata espressa anche l’intenzione di dedicare un asilo ad una bambina di quattro anni deceduta durante la deportazione verso il Nord Italia.Ringraziando don Alberto Gallorini per l’attenzione e la sensibilità dimostrata in questa ennesima occasioneun elenco delle vittime civili (da cui sono esclusi i militari o chi aderì alla lotta armata) è stato affisso a lato della porta d’ingresso della chiesa-sacrario consacrata ai Santi Antonio Abate ed Eligio, in forma provvisoria per correggere le possibili inesattezze od omissioni. Pertanto chiunque è invitato a leggerlo e a fornire quelle indicazioni utili alla futura realizzazione di una lapide. Nella versione provvisoria, stampata su carta, sono state censite anche quelle vittime che, pur abitando altrove, morirono a Sansepolcro o perché qui sfollati, o perché sorpresi nella «terra di nessuno» nel tentativo di superare la linea del fronte, o perché morti presso il vecchio ospedale dopo essere stati gravemente feriti dalle granate e dalle mine.Impressiona il numero totale delle vittime (130), i morti da scoppio di mina o granata (tra cui bambini dilaniati mentre giocavano in un prato, o per essere usciti da casa per fare pipì), le tante massaie o pastaie alla «Buitoni» uccise per essersi spinte in aperta campagna a recuperare qualcosa da mangiare, i vecchi che non vollero lasciare la propria casa, quelli fucilati per esservi tornati ad accudire ai conigli, o prendere fagioli e pomodori, o salvare il bestiame dalle razzie. Uno stillicidio incessante, dalla fine di giugno in poi, che non si esaurì nemmeno con il passaggio del fronte. Assai elevato e superiore a quello raccolto dalle stesse autorità inglesi è il conteggio dei fucilati (almeno 50, di cui alcuni furono prima sottoposti a tortura), dove occorre evidenziare che nessuna delle esecuzioni fu da imputare a rappresaglia.Incrociando rapporti ed altri documenti con i resoconti degli ultimi testimoni, è possibile fornire una visione non parziale da cui emergono anche interessanti profili socio-psicologici, dove risulta difficile capacitarsi di quella che spesso fu una straordinaria elaborazione del lutto. Per eventuali comunicazioni e correzioni è possibile telefonare al 335.15.04.596.