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TERRA SANTA, TWAL A VESCOVI USA-UE: NON RESTIAMO A GUARDARE MA LAVORIAMO PER UNIRE

(Gerusalemme) Davanti ai “radicali cambiamenti” in atto nella regione mediorientale “i leader religiosi non possono restare immobili ad osservare, ma devono lavorare per costruire ponti ed unire ciò che i muri dividono”. Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, rivolgendosi ai vescovi dell’Holy Land coordination (Hlc), il Coordinamento dei vescovi di Nord America e Ue per la Terra Santa, che oggi a Gerusalemme (fino al 12) hanno aperto ufficialmente i lavori della loro visita pastorale che si tiene ogni anno, dal 1998, in questo periodo dell’anno. “Provocazioni, conflitti, tensioni si verificano ogni giorno – ha affermato il patriarca – la prospettiva di una soluzione politica alla crisi israelo-palestinese appare lontana così come lo sono le due parti in causa. Da parte nostra – ha aggiunto – in una dichiarazione comune i leader delle Chiese cristiane di Terra Santa hanno ribadito la posizione, che è quella del Vaticano, di vedere due Stati per due popoli”. Twal ha poi riferito dell’aumento dei cristiani in Terra Santa nonostante il fenomeno migratorio che li riguarda. Un numero cresciuto per la presenza di lavoratori migranti e di richiedenti asilo di fede cattolica. I numeri sono significativi: “in Israele ci sono almeno 220 mila tra filippini, thai, indiani, cingalesi, latinoamericani ed europei dell’Est e 30mila richiedenti asilo”, in larghissima maggioranza dall’Africa. A questi vanno aggiunti circa un milione di emigrati russi, di questi 315mila sono definiti ufficialmente non-ebrei con un 10% di cristiani”. Verso costoro, ed in particolare alle donne, ha sottolineato il patriarca, la Chiesa di Terra Santa “è impegnata a fornire aiuto spirituale e materiale”. “Preoccupazione” è stata espressa anche per i bambini, figli di migranti: “siamo impegnati affinché mantengano la loro identità cattolica dal momento che sono inseriti nella società israeliana attraverso il sistema scolastico”. Altra urgenza rappresentata dal patriarca ai vescovi dell’Hlc, provenienti dal Canada, Usa, Francia, Spagna, Italia, Gran Bretagna, Paesi Scandinavi e Germania, è stata “la crisi abitativa. La mancanza di case in Terra Santa è la prima causa di emigrazione dei nostri giovani cristiani”. Una risposta a questa crisi di alloggi è il progetto ‘housing’ a Beit Safafa dove 40 nuovi appartamenti verranno consegnati ad altrettante famiglie a marzo. A Gaza, infine, “è stato avviato un analogo programma di restauro e riparazione di abitazioni. 11 nuclei abitativi sono stati già sistemati, altre 65 sono in programma e verranno destinate a famiglie cristiane”. (Sir)