In questi giorni che mi separano dal 29 giugno, giorno della mia ordinazione sacerdotale, sono tante le emozioni che mi coinvolgonostupore, perché è un dono che supera ogni mio pensiero, e come Maria non mi resta che accoglierlo umilmente, dicendogli solo grazie;trepidazione, perché come ogni cosa grande, ti senti limitato e fragile, ma sicuro che la Sua grazia mi accompagnerà giorno dopo giorno;grande gioia interiore, perché lo Spirito Santo che mi è stato donato con i sacramenti dell’iniziazione cristiana e con l’imposizione delle mani del vescovo il giorno dell’ordinazione diaconale, esso mi fa dire con il salmo: «Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza, e invocherò il nome del Signore».Non posso, in questi giorni, non ricordare quando per la prima volta, attraverso una cartolina inviatami dal mio parroco dalla Terra Santa il Signore ha voluto illuminare la mia mente e il mio cuore, con una semplice frase: «Guarda in alto c’è uno spirito che chiama». Sì, il Signore si è servito di quelle parole, affinché io cominciassi a comprendere che quel Gesù che visse sulla terra duemila anni fa e chiamò i primi discepoli sul lago di Galilea per farli pescatori di uomini, oggi attraverso il suo Spirito, non si stanca di chiamare uomini e donne a donare la propria vita per l’annuncio del regno. Non mi chiede di essere perfetto, ma di amare senza misura.Il Signore, con l’ordinazione sacerdotale, mi configurerà a Lui, buon pastore, che guida il suo gregge e ama le sue pecore, e se ne perde una lascia le novantanove per ricercare quella smarrita. Mi configurerà nella sua offerta al Padre nel sacrificio eucaristico, permettendomi di ripetere quelle medesime sue parole pronunciate nell’ultima cena nel cenacolo: «Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi»; «Prendete: questo è il mio sangue versato per voi in remissione dei peccati». Queste parole dovranno avere nella mia vita di presbitero un peso molto forte, non solo perché il pane e il vino diventeranno il suo corpo e il suo sangue, ma in quanto sarò chiamato a diventare, sul suo esempio, pane spezzato per i fratelli. Mi configurerà a Lui, che dona il suo perdono a tutti coloro che si accosteranno al sacramento della riconciliazione, sacramento della gioia; il mio compito di sacerdote sarà di fare incontrare tutti con Lui, sorgente di bontà e di amore.Se un giorno mi sentii dire «Seguimi!», in questo momento una sola frase sento sussurrare dentro di me: è quella triplice domanda che Gesù fece a Pietro prima di confermarlo e inviarlo ad essere pescatore di uomini: «Gianluca mi ami tu più di costoro?». Non mi voglio rattristare se il Signore continuasse a ripetermi questa domanda proprio in questo momento così importante della mia vita, perché sono convinto che sarà l’amore che avrò per Lui a segnare il mio ministero di presbitero. Ecco che allora con slancio, cosciente che il Suo Amore è più grande del mio, gli dico: Signore tu sai tutto, tu sai che ti amo cosi come sono.Infine voglio dare un messaggio ai giovani della nostra diocesi: Guardate in alto perché c’è anche per voi uno spirito che chiama, non abbiate paura di interrogarvi davanti al Signore, di fare quello che Lui vi dirà, e sarà come aver trovato la perla preziosa per cui vale la pena donare la propria vita.don Gianluca Pellini