Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Vivere il battesimo: «Declinare il sacramento nella realtà quotidiana»

«Tutti sono battezzati, ma pochi sono i cristiani». Nessuno si stupisce quando don Andrea Fontana, direttore dell’ufficio catechistico di Torino, si affida a questa frase per fotografare la realtà di un sacramento che finisce presto nel dimenticatoio. Di fronte a sé ha la platea dell’assemblea diocesana che per il quarto anno si ritrova nella basilica di San Domenico ad Arezzo per tirare le somme di un anno di attività. Un anno che, secondo le indicazioni del piano pastorale diocesano, è stato dedicato alla riscoperta dell’identità battesimale e ai nuovi percorsi di preparazione al sacramento per le famiglie che chiedono il battesimo del figlio ma anche per ragazzi e adulti.Chiamata a «vivere il battesimo per rendere visibile il “sì” della fede» (come indicava il filo conduttore dell’assemblea 2007), la Chiesa aretina, cortonese e biturgense ha scelto di confrontarsi per una giornata sul sacramento che apre alla vita nuova. Con un relatore di prim’ordine: don Fontana. «Molti celebrano i sacramenti dell’iniziazione cristiana – spiega il direttore dell’ufficio catechistico torinese – ma ci sfuggono i veri motivi per cui li celebrano». Nella maggior parte dei casi sembra che il battesimo abbia solo una valenza sociale. «Si mette il fiocco alla porta di casa per prendere pubblica la nascita del figlio – sostiene don Fontana – E anche il battesimo ha la stessa funzione».Ecco perché è più che mai urgente un salto di qualità. «Occorre fare i cristiani», afferma il relatore lanciando la sfida che attende la pastorale dei prossimi anni. «Il battesimo – spiega don Fontana – può essere un ottimo punto di partenza ed è una possibilità enorme per la pastorale». La scommessa è quella di coinvolgere la famiglia. «Se il battesimo è il sacramento con cui si risponde al vangelo di Cristo, nel caso dei bambini la risposta arriva dai genitori». Da qui l’invito a mettere le famiglie nelle condizioni di accogliere il Risorto. «C’è più che mai bisogno di dare una risposta cristiana all’uomo di oggi col suo carico di fragilità, sofferenze e speranze». Magari trovando nelle parrocchie spazi per chi è alla ricerca. «Si tratta di punti di incontro per coloro che vogliono interrogarsi senza fretta e diventano essenziali per il risveglio della fede».Il battesimo di un figlio è un’opportunità da non lasciare cadere. «Servono proposte significative per i genitori», avverte don Fontana. «Non può essere concentrato in un paio di incontri il cammino di catecumenato che in origine durava anche quattro anni – spiega il relatore dell’assemblea – Alle famiglie di oggi va proposto un itinerario di almeno un anno». Con la convinzione che il battesimo è l’inizio di un cammino e non un atto fine a se stesso. «E’ la partenza di un percorso che deve abbracciare la famiglia e che deve aiutare i genitori a trasmettere la fede ai bambini», afferma don Fontana. Di fatto, dice il direttore dell’ufficio catechistico di Torino, «serve prendersi carico della famiglia». Un ruolo fondamentale lo gioca la comunità parrocchiale che, sottolinea don Fontana, «deve sentirsi corresponsabile nell’educazione alla fede». E poi occorre uscire dagli schemi. «Non si deve più guardare soltanto alla catechesi pre-battesimale – suggerisce il relatore – ma occorre puntare soprattutto su quella post-battesimale». E’ essenziale accompagnare i genitori quando hanno figli da zero a sei anni. «Però non è sufficiente fare una festa dei battezzati o mandare un biglietto di auguri – sostiene don Fontana – Il cammino che va messo a punto è lungo e quotidiano». In prima linea ci saranno i laici che «devono seguire le giovani coppie».E anche la parrocchia è chiamata a riscoprire il battesimo che «deve tornare ad essere il fondamento della vita e della pastorale cristiana», dichiara don Fontana. Alcuni suggerimenti vengono lanciati all’assemblea: «Per dare visibilità al battesimo si può utilizzare la collocazione del fonte battesimale – afferma il relatore – Oppure possono essere sfruttate le occasioni dell’anno liturgico per prendere coscienza di essere stati battezzati». Già, perché, sottolinea don Fontana, «ogni sacramento è sempre incompiuto se non viene declinato nella vita di tutti i giorni». di Giacomo Gambassi