Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Il commosso addio a Silvio Quieti

La redazione di ToscanaOggi di Sansepolcro è vicina alla famiglia Quieti, alla quale formula le più sentite condoglianze per la perdita del caro Silvio. Nelle parole del Vescovo monsignor Giacomo Babini che riportiamo di seguito sentiamo come sia vivificante la «pietas» cristiana che unica riesce a dare un senso alle impescrutabili vie di Dio, quelle che mettono in evidenza tutto il nostro limite, le stesse che ci danno la spinta a rispondere, come rispose Pietro, alla domanda di Gesù fatta agli Apostoli in uno dei momenti cruciali: «Volete andarvene anche voi?». «Dove andremo Signore? Tu solo hai parole di vita eterna».

Nel ricordo della morte di Silvio Quieti. La nostra quotidiana normalità è fatta di abitudini, di rapporti, di lavoro e di una vita interiore che però, quest’ultima a differenza delle prime componenti, abitualmente rimarrebbe nascosta a questo mondo, a meno che qualche avvenimento particolare non la metta in evidenza e ci costringa a vederla e farne oggetto delle nostre riflessioni. In questa normalità, felice nel cuore di una famiglia unita e premurosa, è vissuto fino a circa 40 anni Silvio Quieti. Aveva un lavoro gratificante anche perchè proprio nel lavoro erano fiorite le ultime amicizie e le iniziative per il tempo libero. Ormai tutto era apposto per formarsi la propria famiglia, anche se proprio non c’era urgenza di lasciare quella famiglia dove non ci si accorge che il tempo scorre perché i genitori rimangono una protezione ed un tesoro impareggiabile. All’improvviso, come nella parabola evangelica del ladro notturno, arriva il fatto inaspettato che sconvolge tutto e ci fa capire quanto siano incerti i nostri equilibri terreni. Un male improvviso, impensato, che in un primo tempo sembra curabile per la speranza e la preghiera della famiglia e degli amici, che poi invece si prolunga in una Via Crucis dolorosa di Silvio il quale per due anni rimane immobile nel suo letto, con gli occhi aperti su questo mondo che probabilmente percepisce solo in parte, e per i familiari i quali non lo abbandoneranno un istante anche quando verrà trasferito in ospedali distanti, pazientemente intenti a cogliere qualche segno di miglioramento che alimenti la speranza di vederlo riprendere il solito cammino.La Via Crucis ha l’epilogo del Calvario e la liberazione dal male si compie lasciando assieme alla serenità della fede anche le lacrime dell’Addolorata. E’ per noi più comprensibile vedere le lacrime di un figlio che piange la scomparsa dei genitori, che non il contrario. Rimangono tanti ricordi lontani e recenti. Quelli che più incidono nell’anima sono quelli recenti: la scena quotidiana dei familiari, degli amici tutti attorno all’ammalato, con la più logica delle disponibilità a qualsiasi possibile bisogno, e l’ammalato che come un bambino sembra avvertire questo amore e conserva un aspetto che ci piace interpretare non di smarrimento ma di contemplazione. Quale è la fonte di questa visione certamente dolorosa, ma non tragica della malattia? Penso che un ammalato grave non abbia la possibilità di fare molti distinzioni e sentendosi amato dagli uomini si senta nello stesso tempo amato da Dio. In altri momenti della vita, quando la libertà, la responsabilità, il servizio ci rendono più autonomi, non è così: allora è solo la nostra appartenenza a Dio che ci può fare permanere nella bontà. Caro Silvio siamo in tanti a pensarti e crediamo che il ricordo della tua seria vicenda umana ci renda più disponibili alla Grazia.Giacomo BabiniVescovo emerito di Grosseto