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Don Felice Francioni cinquanta anni da sacerdote

Grande festa a La Penna di Terranuova Bracciolini per i cinquanta anni di sacerdozio di don Felice Francioni. La gente si è stretta attorno al sacerdote che ha guidato per anni la parrocchia e il Vescovo ha presieduto la S.Messa. Durante la celebrazione monsignor Giancarlo Rapaccini ha letto un saluto a don Felice di cui Toscana Oggi ne pubblica un ampio stralcio.

Carissimo Don Felice, sono venuto molto volentieri al tuo 50° di sacerdozio: avevo da dirti un grazie grande quanto il cielo. Tu sei stato molto importante per la mia vita. Ricordo il giorno in cui sei venuto parroco al Tasso. Avevo appena10 anni, eppure ricordo la festa che ti fu fatta per accoglierti e la strada illuminata dalle fiaccole che dal «Madonnino dello Stagi» portava fino alla chiesa. Eri molto giovane. Mi colpì la tua figura di prete, un po’ fuori dagli schemi. Noi eravamo abituati alla figura di prete impersonata da Don Oscar, il priore, molto autoritario, ma dal cuore grande, amante del canto e della liturgia. Dalle chiacchiere che si facevano in giro, sembrava che fosse stato destinato a chissà quale incarico: era diventato arciprete di Monte San Savino. Quella parola «arciprete» nella mia mente di fanciullo suonava come qualcosa di grande. Oggi viviamo in tempi dove la secolarizzazione spietata sta ridimensionando tutto ciò che concerne il sacro e la religione, per cui tutto sarebbe passato inosservato, ma allora non era così.Quella sera di ottobre, non ricordo la data, ero curioso di vederti. In mezzo a tanta gente ti vidi. Mi sembrasti molto disinvolto e abbastanza disincantato. Ricordo i tuoi primi passi, la tua voce grossa, e un po’ stonata, quando cantavi eri un disastro,la tua voglia di lavorare nei campi, che ci aveva un po’ scandalizzato. In poco tempo comunque ti sapesti conquistare la simpatia di tanta popolazione, perché eri un giovane sincero, dicevi quello che pensavi ed eri pieno di vita, facile alla battuta con il volto sempre sorridente. Confesso che mi conquistasti subito. Ti seguivo volentieri: credo di non essere mai mancato alla Messa. Mi piaceva fare il chierichetto. Ricordo che dopo la messa ci invitavi a fare colazione in casa tua. E questa fu una novità per me. Don Oscar ci dava cinquanta lire, tu ci davi la colazione, perché volevi stare con noi. Eri scherzoso, ma anche molto determinato e severo e quando intervenivi lasciavi un segno. Ricordo quando un giorno, solo per divertirci, ci mettemmo a suonare le campane fuori orario. Non ti avevo mai visto così inferocito.Ma soprattutto ricordo quella mattina che venisti a scuola alla fine dell’anno scolastico e a noi della quinta ci facesti l’invito ad entrare in Seminario. Io non sapevo esattamente di che cosa si trattasse, ma siccome me lo avevi chiesto tu, non esitai a dirti subito di sì. Quando ci si sente accolti ed amati ci fidiamo ad occhi chiusi. Poi tornai a casa, ne parlai con alcuni, mi prese paura e rimandai il mio ingresso, ma solo di pochi mesi. E ricordo con commozione con quanta comprensione e delicatezza tu mi fosti vicino in quel momento di ripensamento. E quando riuscii a vincere la paura e ti confidai la mia decisione, subito mi accompagnasti di gennaio ad un colloquio dall’allora vicerettore del Seminario don Urbano Paoli per fissare il giorno del mio ingresso. Mi piace ricordare questo fatto, perché è stato decisivo per tutta la mia vita. E te ne sono tanto grato, perché aiutandomi a diventare prete, mi hai aiutato a trovare la strada che mi ha fatto tanto, tanto felice.Don Felice sono venuto, mosso dal cuore, per dirti grazie per quello che sei stato per me. Grazie per gli esempi di serietà e di coerenza evangelica che mi hai dato. Grazie per la discrezione e il rispetto che hai avuto nei miei confronti. Grazie per il silenzio con cui mi hai accompagnato in questi anni: un parroco vero come sei stato tu non si può dimenticare dei suoi parrocchiani. Grazie per le lunghe conversazioni, dopo i vespri della domenica, lungo l’unica strada del Tasso, quando ancora giovani seminaristi eravamo in vacanza: ci vedevi un po’ spaesati, appena quattordicenni vestiti da preti, e volevi rassicurarci che la vita del prete non era una vita buttata. Grazie per i consigli saggi che mi hai dato, ne ricordo in particolare uno: vivevo un momento di terribile solitudine e tu mi dicesti: «Quando ti senti solo, vai a trovare qualcuno che è più solo di te e vincerai la tua solitudine». Sapessi quanto mi ha fatto bene. Don Felice, la vita mi ha portato lontano e ci siamo rivisti poche volte in questi ultimi anni, ma con il pensiero ti ricordo sempre volentieri e il ricordo di te mi dà conforto, mi rende felice come Felice è il tuo nome.don Giancarlo