Ha un seguito, a Camucia, la partecipazione al Family Day: un gruppo di persone ha deciso di non lasciar morire il seme gettato il 12 maggio a Roma. In una riunione, svoltasi nella sala parrocchiale di piazza Cristo Re, si è voluto dare concretezza ad un Centro di aiuto alla vita in collaborazione con il Movimento per la Vita già operante in Arezzo. Com’è noto, il Movimento, sorto come prima esperienza a Firenze nel 1975, per iniziativa di Carlo Casini, si propone di promuovere e di difendere il diritto alla vita e la dignità della persona dal concepimento alla morte naturale, favorendo una cultura dell’accoglienza nei confronti dei più deboli e indifesi, prima di tutti il bambino concepito e non ancora nato.Nel ricevere il premio Nobel per la pace, Madre Teresa di Calcutta dichiarò: «Se accettiamo che una madre possa sopprimere il frutto del suo seno, che cosa ci resta? Chi ci impedirà di ucciderci tra noi? L’aborto è il principio che mette in pericolo la pace nel mondo». Alla base dell’impegno del Movimento c’è la contemplazione dell’uomo nella fase più povera e piccola della sua esistenza, quando non è ancora nato ed è fragile, invisibile, senza voce, interamente affidato all’amore della madre. Di chi gli è vicino e di tutta la società. Il concepito non ha voce, né forza, né potere: è l’immagine plastica dell’uomo che «non conta», come la Madre lo è dell’amore che dona la vita.Il Movimento per la vita esprime concretamente il suo carisma nei centri e nei servizi di aiuto alla vita: oltre 70mila sono i bambini aiutati a nascere in poco più di trent’anni di attività e migliaia le donne accolte, assistite, ascoltate, aiutate. Quante storie drammatiche, di speranze perdute e ritrovate, di fiducia smarrita e restituita potrebbero raccontare i 288 centri di aiuto alla vita operanti oggi in Italia attraverso una sessantina di case di accoglienza aperte a donne minori, nubili o coniugate, italiane o straniere.In attesa che il neonato Centro di Camucia si faccia le ossa e diventi operativo, è stato presentato: il progetto Gemma. Consiste in un’adozione prenatale a distanza, grazie alla quale l’adottante (singolarmente o in gruppo) versa un contributo di 160 euro al mese per 18 mesi a favore di una mamma in attesa o in difficoltà per cause economiche. Non è una grande cifra, ma soprattutto un segno di solidarietà e di sostegno che viene offerta ad una donna. Come dire: dalle parole passiamo ai fatti. Un lungo cammino si apre dinanzi a ciascuno di noi su questa prospettiva.